sabato 29 settembre 2012

MARCO VETTORI: « VIVO DA TEMPO ALLA GIORNATA…»


di Luigi Scardigli

PISTOIA. È ancora profondamente marxista, ma da quando gli hanno diagnosticato un tumore alle vie biliari, inoperabile, dalla politica attiva si è dovuto necessariamente allontanare un po’; è tempo di chemio, dal luglio dello scorso anno, di speranze, di nuove visioni, di diverse percezioni, con la solita identica convinzione: «Voglio essere cremato e le mie ceneri desidero che vengano sparse sul Montalbano, dove mio padre combatté da partigiano».

È ancora vivo, comunque, Marco Vettori, ex operaio Breda, sindacalista convinto che l’amianto fosse cacca e che lo sapessero tutti, i dirigenti, in fabbrica, quanto male facesse.
Appena appesa la tuta al chiodo ha iniziato la sua lunga sorda battaglia politica: sempre dalla stessa parte, fino al prestigioso ruolo della Presidenza del Consiglio comunale di Pistoia. Poi, da quando gli hanno diagnosticato questa malattia, troppo avanzata per essere operata e sconfitta, Marco ha dovuto per forza di cose cambiare le sue abitudini. Il mercoledì, giovedì e venerdì sta a Carrara, dove gli stanno sperimentando una cura innovativa; oltre alla chemio, quando il dolore si fa irresistibile, gli somministrano anche morfina e rinasco.
«Mi sono fatto una lista di appuntamenti a breve scadenza – mi racconta Vettori in piazza del Duomo, dove ci siamo incontrati nel pomeriggio, e ne ho approfittato subito per scambiare due chiacchiere –. La prima è a dicembre, quando nostra figlia Valentina discuterà la tesi di laurea in Scienze della comunicazione».

Quanta paura ti fa, la morte?

«Abbastanza. Ma ho deciso di non pensarci e ho comunque deciso di non farmi condizionare. Vivo da tempo alla giornata, ringraziando non so chi, tutte le sere, che posso coricarmi, con le mie forze e con la mia coscienza».

Non sarai uno di quelli che scopre Dio quando la morte inizia a soffiargli sul collo?

«Sono sempre stato un cattocomunista e sono ancora del tutto convinto che ogni momento storico abbia bisogno dei suoi accadimenti: dalla rivoluzione d’ottobre alla presa della Bastiglia, compresa la ricerca, spasmodica e alcune volte timorata, che ogni singolo essere fa del soprannaturale».

Hai imparato qualcosa da questa letale precarietà?

«No, a onor del vero. Ho sempre privilegiato i sentimenti più genuini, autentici: gli amici che non mi hanno mai abbandonato, mia moglie Saveria che non è mai scesa in corsa, mia figlia che da quando mi è stata diagnosticata la malattia è diventata impeccabile, ineccepibile, imbattibile».

E i medici che ti dicono?

«È un ambiente straordinario, quello di Carrara, anche perché primario e vice primario sono due grandi musicisti e hanno deciso di mettere a disposizione dei loro pazienti, molti dei quali nelle mie stese tragiche condizioni, la loro vena artistica. Non solo, perché spesso, nel reparto, arrivano musicisti di spessore internazionale a deliziare noi pazienti».

Non mi hai risposto, però, Marco…

«Non mi dicono nulla: chemio per cercare di circoscrivere le cellule malate e morfina quando il dolore si fa insopportabile. Se dovessi essere fortunato potrei vivere ancora sei, sette anni e chissà, in questo lasso di tempo potrebbero trovare quella pillolina che la medicina cerca da anni capace di trasformare il tumore in un’influenza. Non mi faccio illusioni, per natura, per ideologia, e vivo con tutta la dignità possibile ed immaginabile».

E tutto il resto?

«È un gran regalo, Luigi. Sì, sono cambiato anch’io, ma poco: sono dimagrito un po’ e sono decisamente più stanco di prima. È anche questione di età, lo so benissimo, ma questa malattia mi ha messo in ginocchio: non ne ho approfittato per pregare, ma per continuare a credere, questo sì».

Squilla il cellulare. È la moglie Saveria che lo cerca, per chiedergli come sta e se se la sente di rincasare, da solo, a piedi.

«Non sono solo. Sono con un vecchio amico, un vecchio amico di tante battaglie: passeggio ancora un po’ in sua compagnia e intanto mi avvicino a casa: se dovessi avvertire di non farcela, ti chiamo, altrimenti, aspettami a casa, non dovrei tardare».

Una risposta normalissima, che chiunque altro darebbe alla propria compagna.
Marco invece lo sa che una di queste volte potrebbe non riuscire a rispondere al telefono o a rientrare.
Ma chi ha paura muore tutti i giorni, chi non ne ha muore una volta sola.

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[Sabato 29 settembre 2012 - © Quarrata/news 2012]

1 commento:

  1. Caro Marco,
    hai vinto tante battaglie nella tua vita e oggi sei a lottare con la più difficile con il coraggio e la dignità di sempre. Forza Marco ti voglio bene sei un maestro di vita e generosità per me, ma non solo, Pistoia ti vuole bene.
    un bacio, Alessandro

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