venerdì 22 marzo 2013

OLTRE DUE SECOLI DI STORIA DELLA MONTAGNA PISTOIESE IN UN VOLUME DI ROBERTO PRIORESCHI CON INTRODUZIONE DI ANTONIO NARDI


La presentazione domani a Pracchia nel salone della Misericordia

SAN MARCELLO-MONTAGNA. Domani, sabato 23 marzo, alle 16, a Pracchia, presso il Salone della Misericordia, si presenterà il libro Campo Tizzoro, antologia dei 100 anni. Dalle origini ad oggi. Parte prima, un lavoro pazientemente realizzato da Roberto Prioreschi. Analoga presentazione – ma in grande, a Pistoia – ci sarà il 5 aprile prossimo, alle 17, presso la Biblioteca San Giorgio.
Si tratta di un lavoro che parte dalle origini e descrive la parabola – oggi, purtroppo discendente – della Montagna Pistoiese, in cui l’autore affronta le glorie e l’ingiusto degrado di una delle aree più belle e importanti dell’Appennino centrosettentrionale.
L’opera, che è un immenso repertorio di foto e di immagini, è introdotta da uno scritto che qui riproduciamo integralmente, perché – come ci suggerisce lo stesso Roberto Prioreschi – è l’ultimo scritto di Antonio Nardi, l’amico e giornalista addetto al Consiglio Comunale di Pistoia, studioso di filosofia, uomo di cultura, scomparso inaspettatamente qualche mese fa e da tutti compianto e ricordato con profondo affetto.

È PURTROPPO IL NOSTRO PASSATO

di Antonio Nardi

Sono un pistoiese, uno dei tanti, che ha cominciato a discernere il mondo negli anni 1960.
È il periodo in cui sono passato dalla bambineria all’âge de raison, o qualcosa di simile.
Verso la fine di quel decennio era normale dirsi fra compagni “domenica prossima andiamo a sciare all’Abetone”. Partivamo in quattro su una 500 Fiat, gli sci allineati sull’imperiale, come allora si diceva. La strada non era breve, la macchina era lenta. C’era tempo e modo di guardare e di vedere. Il viaggio non era ancora un cellulare spostato, con orecchio attaccato, dal punto A al punto B.

Le Piastre, la valle del Reno, Campo Tizzoro, la Smi e un pezzo di carreggiata con resistenze termoelettriche. Era un mondo in quota, ma vivo, con gente indaffarata, con speranze che ancora potevi coronare sul posto.
Oggi, Roberto Prioreschi, architetto e amico e quinquennale compagno di liceo, ci racconta con il suo stile appassionato e fededegno che, lassù, in quota, la montagna langue, che il declino ha fatto il suo corso. Sono d’accordo.
Questo bel volume, il secondo di una impegnativa storia della montagna pistoiese, lo dimostra. Purtroppo la dimostrazione ha bisogno di un confronto. Ed ecco i tempi floridi, oggi perduti, forse per sempre.
La montagna era viva e vitale: ferriere, ghiaccio, carta, pastorizia di grandi greggi, sfruttamento dei boschi e del legname. E, a partire dall’ottocento fino alla Società Metallurgica Italiana, famiglie operose e lungimiranti: i Cini, i Turri, gli Orlando.
Il volume prende le mosse da lontano, quando, nel XV secolo, il ferro dell’Elba arrivava alle ferriere di Orsigna, Pracchia, Campo Tizzoro e Maresca. Un viaggio lento e faticoso, via fiume e via carro. L’estrazione e il commercio del minerale avvenivano in regime di monopolio, grazie al signore di Piombino che ne dichiarava unici titolari i Medici, regnanti in Toscana, e la magistratura che ne dipendeva, la potente Magona.
Più tardi, con Pietro Leopoldo, la privativa finì per essere abolita. Era il periodo in cui, grazie ai teorici illuministi dell’attività economica, si cominciava a capire che dazi ed esclusive mortificavano i commerci e l’iniziativa imprenditoriale. Proprio per aggirare gli infiniti balzelli di transito negli Stati della Chiesa, lo stesso Pietro Leopoldo dette inizio alla strada di valico fra Pistoia, l’Abetone, Modena. Vi lavorò, per la Toscana, l’ingegnere e matematico Leonardo Ximenes.
Il Padre gesuita fece un’opera egregia e solida, con ponti, stazioni di sosta e fontanili. Ximenes coltivava le discipline matematiche, dalla fisica alla matematica, all’ottica, all’arte di costruire. Il catalogo topografico della sua biblioteca, tuttora consultabile, è quello di uno studioso aggiornato ed aperto alle novità, soprattutto di provenienza francese. Sapeva anche semplificare la materia e ridurre all’essenziale, per scopi pratici, le nozioni.
In una sua edizione dei primi sei libri degli Elementi di Euclide, più volte ristampata, Ximenes, con una operazione didattica innovativa, abbina alcune proposizioni astratte alle proposizioni di fisica, di ingegneria, di misurazione dei terreni che la geometria permette di dimostrare. Una fra le tante riguarda la “livellazione dei luoghi terrestri”, ed è significativa di un interesse spiccato dell’autore per la topografia, che giocò un ruolo primario nel tracciamento della strada verso Modena.
Quella via maestosa aprì una nuova stagione, se non subito di prosperità, sicuramente di molteplici opportunità.
L’autore del volume insiste molto sulla svolta data dalla nuova arteria alla vita della montagna: “Il futuro della montagna, che è purtroppo il nostro passato degli ultimi 225 anni, si deve necessariamente a questa strada (…). Anche se non si può dire che la Montagna sia passata repentinamente dal buio alla luce, progresso e miglioramento delle condizioni di vita ci furono, come ci furono nuove occasioni di lavoro ed uno sviluppo continuo e durevole, quello stesso che porterà nel 1940 il comune di San Marcello Pistoiese ad essere il comune montano più industrializzato d’Italia”.
Su su, con i decenni, l’attività imprenditoriale si allargò, si aggiornò, si attrezzò con mezzi moderni di sfruttamento dell’energia. I Cini di San Marcello aprono una cartiera fra le più produttive d’Italia ed hanno l’idea, dopo un viaggio in Inghilterra, di promuovere la costruzione di una ferrovia che colleghi Pistoia con il bolognese, passando per Pracchia. Nasce l’idea della Porrettana, aperta nella sua interezza nel 1864. Le attività produttive non tardarono a trarne vantaggio. Fra queste, la fabbricazione del ghiaccio, che ora poteva essere rapidamente consegnato alla città. Prende campo il turismo. Si aprono alberghi e pensioni. Arriva la Società Metallurgica Italiana e gli Orlando. Un impianto strategico della produzione bellica, ma anche civile, si acquatta e cresce sulla montagna pistoiese.
Il volume documenta, con immagini accuratamente scelte e spesso rare, i capisaldi della crescita e le tappe intermedie. I fatti locali sono messi in relazione con i maggiori eventi nazionali, storici e di costume. Ne esce un quadro vivido, un testo articolato e incalzante, sia nel documentare lo sviluppo sia nel dolersi per la decadenza.
Con un altro volume, Roberto darà volto alla gente, alle persone, della montagna, raggruppandone le foto per capitoli emblematici della vita di ognuno, dalla nascita alla morte, passando per il matrimonio, il lavoro, lo svago. Ma già in questo volume si avverte la partecipazione alla vicenda di quel popolo in quota, che pur nel progresso non era indenne dalle asprezze del vivere quotidiano.
A lungo uomini e donne sono partiti per la “maremma”, che voleva dire non solo il grossetano e contermini, ma anche la Corsica e la Sardegna. Hanno continuato ad andarci anche quando la grande via e i binari già incidevano il paesaggio. Chiusa l’epoca del carbone, arrivò la meccanica. Nel dopoguerra, quando la Smi ridimensionò il personale, si aprì la stagione dell’emigrazione nelle fabbriche svizzere. Ogni aspetto concorre al grande quadro della vita su questo Appennino pistoiese: i disegni di lungo respiro e l’affanno quotidiano dei singoli, il cui lavoro, in definitiva, è il cuore di tutto.

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Venerdì 22 marzo 2013 | 08:40 - © Quarrata/news]

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