di Luigi
Scardigli
Vive immersa tra gli ultimi,
con i quali divide e condivide la sua vita.
Ed è questo a renderla felice. Non a caso, tutti i suoi
dodici fratelli, felicemente sistemati in giro per il mondo, continuano a
ripeterle, da 17 anni, da quando ha deciso di farsi suora, di togliersi l’abito,
sposarsi e fare come tutte le altre donne. Quasi tutte, è meglio dire, perché
lei, naturalmente, preferisce altro.
Suor Lorena ha 32 anni, è salvadoregna, ma da bambina, a 15
anni, ha imboccato una strada che per molti dei suoi conoscenti è un tunnel;
per lei, una strada piena di luce.
«Sono suora da 17 anni – mi racconta, dal Casale di Castel
Giorgio, dove è ospite della famiglia Calabrò, papà Antonio e mamma Elisabetta,
cattolici fin nel midollo, convinzione che sono riusciti a tramandare a i loro
cinque figli, tutti impegnati nel sociale – e dal
2000, da quando sono state istituite, vivo nelle casa-famiglia. Lavoro e vivo
in quella di Rocca di Papa, Casa-Chiara, dove mi chiamano terremoto, perché non sono proprio una suora come si può immaginare:
spesso arrivo in Comunità con il motorino e con gli abiti e questa cosa, ad
esempio, non è molto gradita dalle alte sfere. E poi non vedo l’ora di portarle
in discoteca: chissà come la prenderanno quando lo proporrò. Pazienza. Vivo 24
ore al giorno con ragazzi e ragazze giovanissimi che sono figli e figlie di
famiglie inesistenti, il più delle volte; altre, disastrose e lì, i problemi,
si moltiplicano. Pochi giorni fa, ci è stata portata una bambina, Anna (il nome
è di fantasia), di 4 anni, che non riesce a parlare: i suoi genitori sono due
tossicodipendenti che a tutto hanno pensato fuorché ad accudirla e ai quali, l’autorità
giudiziaria, ha tolto la potestà. Ora inizierà un lavoro con un logopedista e con
tutto il nostro amore siamo convinti che presto, la piccola Anna, potrà
crescere come tante altre bambine».
Questo amore
per i bambini avresti potuto soddisfarlo diventando mamma: perché hai scelto di
sottrarti a questa gioia?
«Questa cosa me l’hanno detta un sacco di persone in tutti
questi anni, ad iniziare dai miei fratelli, che continuano a suggerirmi di
raggiungerli, dove vivono, per poter fare una vita normale: ma io faccio, una vita normale, perché sono una mamma e lo
sono tutto il giorno e tutti i giorni. Tempo fa mi furono affidati due
gemellini di appena sette giorni: li ho cresciuti fino all’età di 4 anni e poi,
sono stati adottati. L’amore è dare, dare e basta, perché ricevere appartiene
al dare».
Ma era
proprio necessario indossare l’abito da suora per svolgere questa missione?
«Sì, sono convinta che tutta questa forza sia la forza che mi
offre il Signore e che io rendo ai miei prossimi: senza di Lui, non sarei in
grado di affrontare tante difficoltà».
Mai avuto un
dubbio, un ripensamento, un’esitazione?
«Sì, certo. È successo molte volte e molte altre capiterà
ancora, per fortuna. Nel 2008, in particolare, ebbi divergenze che reputai
insanabili con la mia comunità e decisi di mollare: sono stata via un anno, da
uno dei miei fratelli, per la precisione, a San Diego, in California. Ma poi
sono tornata: non pensare a un pentimento, ma credo che la mia strada sia
quella che mi ha tracciato il Signore e io è quella che devo seguire».
Potrebbe
succedere ancora, l’hai detto tu ora…
«Sì, è vero, ma è anche vero che per ora, ad esempio, in
comunità ci sono sei ragazze: la piccola Anna, di 4 anni e poi altre cinque
ragazze, di 13, 14, 15 e 17 anni: non ho molto tempo, né tanto meno energia per
pensare alla mia vita: sono a loro disposizione e loro hanno bisogno di me».
Una ruota
interminabile: poi viene qualcuno ad adottarle e sei costretta a fare la mamma
a qualcun altro.
«Sembra facile, da come la metti. È facile, per modo di dire,
adottare bambini molto piccoli: le cinque ragazze che vivono con noi, a Casa-Chiara,
ad esempio, sono molto desiderate e ambite, ma non da famiglie per adozione».
E il tempo
per pregare, riesci a trovarlo?
«Certo, è sempre il tempo di pregare. E di credere. E di
sperare».
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[Sabato 11 agosto 2012 - © Quarrata/news 2012]
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