sabato 14 aprile 2012

RUFFINI E I SUOI «TRE CUORI IN AFFITTO»


di Luigi Scardigli

La cosa che gli riesce meglio è smeleggiare il suo pubblico, che si lascia maltrattare oltre ogni ragionevole masochismo.
Ma gli si perdona tutto, a Paolo Ruffini, perché è giusto così, perché è simpatico, perché non si prende sul serio, perché ha un rapporto incantevole con i colleghi con i quali divide palco e sudore. E perché è bravo. Ma assai, eh!
Conferma, ennesima, l’ho avuta ieri sera, al teatro Verdi di Montecatini, dove ho avuto il piacere di assistere a Tre cuori in affitto, la riesumazione, contestualizzata all’umorismo labronico che lo perseguita, del serial televisivo statunitense che bloccò, sul divano in sala da pranzo davanti al piccolo schermo, milioni di adolescenti a cavallo degli anni ’80.

Claudia Campolongo
Certo l’operazione-sorrisi, perfettamente disimpegnati, è stata facilitata – e non poco – dal cast dal quale si è fatto circondare per questo traslato teatrale, con il supporto, indispensabile, più che utile, di Mara Mazzei, una vocalist ingrifata che indossa i panni della moglie del padrone di casa dove sembra essere rigorosamente vietato l’affitto maschile.
Ed è per questo che Jack Ruffini dovrà fingersi omosessuale per riuscire a entrare nell’appartamento nel quale vivono già, da alcune ore, Justine Mattera, la bionda svampita – ma laureata in letteratura italiana ed inglese a Stanford – e Ariana, la futura farmacista che riuscirà a liberarsi, prima della chiusura del sipario, dai propri complessi. Senza dimenticare Andrea Spina, l’anziano padrone di casa, marito di una donna decisamente troppo caliente e Emiliano Geppetti, il gaio che riuscirà ad alfabetizzare l’aspirante artista nel mondo easy dell’omosessualità. E Claudia Campolongo, la Giamburrasca intimidita del terzo millennio, una pianista ubriaca diplomata al Conservatorio Mascagni di Livorno, una donna di scorta, straordinaria, affabile, discreta, importante, decisa: dolcissima.
Ruffini con Francesca Guerrini
È questo il vagone sul quale viaggiano i sette improvvisati passeggeri che stanno girando l’Italia per proporre, al loro pubblico, trasversale, la sit-musical, animata alla perfezione da ritmi serratissimi, da gag di puro avanspettacolo, da intermezzi di poesia e saudade e dalla forza, tenera e demenziale, del suo macchinista, Paolo Ruffini, capace, con mirabile disinvoltura, di non lasciare nulla al caso, riuscendo, senza soffrire di forzature alcune, di mettere nel nuovo cilindro tutto quello che lo ha portato fin qui, dagli esordi cinematografici come pseudo-comparsa del suo conterraneo Virzì, fino agli ultimi esilaranti esperimenti di anfetaminico doppiaggio cinematografico, senza fare a meno di sfoggiare, amore e passione pura, del cinema.
Un saggio di resistenza teatrale (lo show dura oltre due ore e mezza), una delicatissima offerta di intrattenimento, un discreto sfoderare di voci e diaframmi, un’irriverenza contenuta che non si lascia sfuggire la benché minima provocazione.
Per fortuna è stonato, lo Stan Lauren di piazza Attias, altrimenti, questo genio semiserio dello spettacolo, avrebbe già spopolato. Anzi, questo è già successo, ma è un’impressione che sfugge dalle percezioni, perché quando lo si incontra e lo si abbraccia si ha l’impressione di salutare un amico.
E non è un’impressione, veramente!
Mara Mazzei

Ruffini, Justine Mattera e Arianna 

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Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 14 aprile 2012 - © Quarrata/news 2012]

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