di Luigi
Scardigli
La cosa che gli riesce meglio è smeleggiare il suo
pubblico, che si lascia maltrattare oltre
ogni ragionevole masochismo.
Ma gli si perdona tutto, a Paolo Ruffini, perché è giusto
così, perché è simpatico, perché non si prende sul serio, perché ha un rapporto
incantevole con i colleghi con i quali divide palco e sudore. E perché è bravo.
Ma assai, eh!
Conferma, ennesima, l’ho avuta ieri sera, al teatro Verdi di
Montecatini, dove ho avuto il piacere di assistere a Tre cuori in affitto, la riesumazione, contestualizzata all’umorismo
labronico che lo perseguita, del serial televisivo statunitense che bloccò, sul
divano in sala da pranzo davanti al piccolo schermo, milioni di adolescenti a
cavallo degli anni ’80.
Claudia Campolongo |
Certo l’operazione-sorrisi, perfettamente disimpegnati, è
stata facilitata – e non poco – dal cast dal quale si è fatto circondare per
questo traslato teatrale, con il supporto, indispensabile, più che utile, di
Mara Mazzei, una vocalist ingrifata
che indossa i panni della moglie del padrone di casa dove sembra essere
rigorosamente vietato l’affitto maschile.
Ed è per questo che Jack
Ruffini dovrà fingersi omosessuale per riuscire a entrare nell’appartamento
nel quale vivono già, da alcune ore, Justine Mattera, la bionda svampita – ma
laureata in letteratura italiana ed inglese a Stanford – e Ariana, la futura
farmacista che riuscirà a liberarsi, prima della chiusura del sipario, dai
propri complessi. Senza dimenticare Andrea Spina, l’anziano padrone di casa,
marito di una donna decisamente troppo caliente e Emiliano Geppetti, il gaio che riuscirà ad alfabetizzare l’aspirante
artista nel mondo easy dell’omosessualità. E Claudia Campolongo, la Giamburrasca intimidita del terzo
millennio, una pianista ubriaca diplomata al Conservatorio Mascagni di Livorno,
una donna di scorta, straordinaria,
affabile, discreta, importante, decisa: dolcissima.
Ruffini con Francesca Guerrini |
È questo il vagone sul quale viaggiano i sette improvvisati
passeggeri che stanno girando l’Italia per proporre, al loro pubblico,
trasversale, la sit-musical, animata alla perfezione da ritmi serratissimi, da gag
di puro avanspettacolo, da intermezzi di poesia e saudade e dalla forza,
tenera e demenziale, del suo macchinista, Paolo Ruffini, capace, con mirabile
disinvoltura, di non lasciare nulla al caso, riuscendo, senza soffrire di
forzature alcune, di mettere nel nuovo cilindro tutto quello che lo ha portato
fin qui, dagli esordi cinematografici come pseudo-comparsa del suo conterraneo
Virzì, fino agli ultimi esilaranti esperimenti di anfetaminico doppiaggio
cinematografico, senza fare a meno di sfoggiare, amore e passione pura, del cinema.
Un saggio di resistenza teatrale (lo show dura oltre due ore
e mezza), una delicatissima offerta di intrattenimento, un discreto sfoderare
di voci e diaframmi, un’irriverenza contenuta che non si lascia sfuggire la
benché minima provocazione.
Per fortuna è stonato, lo Stan Lauren di piazza Attias,
altrimenti, questo genio semiserio dello spettacolo, avrebbe già spopolato.
Anzi, questo è già successo, ma è un’impressione che sfugge dalle percezioni,
perché quando lo si incontra e lo si abbraccia si ha l’impressione di salutare
un amico.
E non è un’impressione, veramente!
Mara Mazzei |
Ruffini, Justine Mattera e Arianna |
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Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 14 aprile 2012 - © Quarrata/news 2012]
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