domenica 3 marzo 2013

“L’IMPRESARIO DELLE SMIRNE” FINISCE OGGI POMERIGGIO


di LUIGI SCARDIGLI

PISTOIA. Soddisfatti, visibilmente soddisfatti. Hanno ragione, quelli de L’impresario delle Smirne a gongolare di felicità, che ho potuto toccare con mano ieri, nel pomeriggio, quando tutto il cast e buona parte del teatro Manzoni – che può vantare l’onore di averlo prodotto, lo spettacolo –, si è presentato alla libreria Lo Spazio, in via dell’Ospizio, per parlare della rappresentazione che ha debuttato ieri l’altro sera nell’alcova pistoiese della cultura e che andrà in replica oggi pomeriggio alle 16.

Perché ognuno di loro ha davvero goldonianamente interpretato il proprio ruolo e ognuno di loro, grato a Roberto Valerio, regista e protagonista della rappresentazione, alla prima prossima buona occasione se ne andrà, probabilmente, per la propria strada, che è quella che gli artisti – quelli che si sbattezzano perché credono nel loro lavoro – devono per forza di cose asfaltarsi tutti i maledetti giorni per riuscire a mettere insieme il pranzo con la cena, come hanno detto, e ad arrivare in fondo, aggiungo io.
Il fondo degli artisti, inteso come conclusione di una parabola costellata da qualche successo e parecchie mortificazioni, è quello con il quale, ognuno di noi, ad un certo punto della vita, deve necessariamente fare i conti: e non importa essere vecchi, per guardarsi allo specchio. Lo avranno pensato tutti, quello che sto scrivendo, ma certe cose si tengono dormienti nel nostro Dna e si spolverano alla bisogna: meglio non parlarne; deontologicamente pericoloso, superstiziosamente controproducente.
Il dato di fatto di questa rappresentazione però resta quello, felicemente insindacabile, di una rilettura molto felice e giovane di un’opera nata nel 1759 e che, al di là della lungimiranza dell’autore, è stata delicatamente violentata dal regista, che ha saputo riproporla con fedele continuità, arricchendola con alcune indispensabili, ma non certo scontate, contestualizzazioni e spogliandola di fronzoli decisamente demodé, ma dei quali ci si sarebbe potuti anche tediosamente innamorare.
Anche le location fisiche sono una profonda personificazione dell’opera: a cominciare dall’impresario, che è un viscido e maldestramente disabile confabulatore, le attrici di mestiere, abili a farsi male fino all’estremo per poi sorreggersi vicendevolmente quando sulla scena appare la terza incomoda, una povera inurbana disposta a tutto, pur di riuscire di lasciarsi alle spalle paese, povertà e anonimato. Il poeta improbabile, il latin lover che si accontenta di semplici ammiccamenti, l’improponibile comico/danzatore/cantante e il turco, un turco napoletano alla Totò, uno pseudo magnate che pare vendere collanine sulla spiaggia e il locandiere, che non è il servitore universale, ma un maggiordomo, tedesco, che esige ordine, disciplina e rispetto in una bettola frequentata da falliti.
Bravi, bravissimi davvero, tutti, a recepire gli ordini, a vestirsene e a venderli alla migliore offerta, che è quella dei teatri pieni, di gente che applaude, delle pacche sulle spalle. Ma L’impresario delle Smirne finisce oggi pomeriggio; lunedì, ognuno per la sua strada, ognuno a caccia di un altro contratto, di un’altra parte con nella sacca delle esperienze vissute e delle dinamiche artistiche collaudate anche questo piccolo, piacevolissimo ricordo: il battesimo al Manzoni.
Davanti però, una canzone nuova e una città per cantare.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Domenica 3 marzo 2013 | 09:44 - © Quarrata/news]

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