sabato 2 marzo 2013

“L’IMPRESARIO DELLE SMIRNE”, LEGGERO E TOCCANTE


di LUIGI SCARDIGLI

PISTOIA. Leggero e toccante, come si addice alle cose senza tempo, che non tramontano mai, perché chi le ha pensate aveva il gusto, tragicomico, dell’infinito. A questo, che è L’impresario delle Smirne, scritto quasi 300 anni fa da Carlo Goldoni, aggiungeteci il saperlo spogliare e rivestire di Roberto Valerio ed ecco servito il penultimo appuntamento stagionale del teatro Manzoni, che ieri sera ha consumato la prima delle tre rappresentazioni in programma.

Certo, con un cast del genere, il riadattamento non è stato epico: troppo facile, insomma, lavorare con Valentina Sperlì, tanto per intenderci, e il suo falsettare in si bemolle, così come non bisogna certo sforzarsi molto per render cinico e viscido Roberto Iuorio. Ma anche sceglierli e assemblarli è stata un’altra forbitissima miscela di successo, che applaudo con doppio piacere, anzi triplo: il primo perché ieri sera, la commedia, debuttava; il secondo perché al di là di ogni ragionevole incoraggiamento, è davvero una commedia easy, di mezza stagione, profonda e gradevole, semiseria, come si addice alla primavera; e terzo, ma non certo ultimo, perché L’impresario delle Smirne è una produzione dell’Associazione teatrale pistoiese e il fiuto è valso un tartufo.
Senza dimenticare la reciproca contaminazione semantica e scenica della rappresentazione, una continua sovrastrutturazione dell’impianto, dai dialoghi alle stanze, dalle confessioni alle invidie, dai ricatti ai timori. Sussurrato, con profonda ironia e spietato cinismo, che per non farsi odiare diventa surreale, ma non incredibile, cattivo quanto basta per far sorridere ed indignare, ma non sadico, da suscitare la misericordia. E poi loro, gli attori, un’ondulazione sismica senza soluzione di continuità, con donne che sprigionano tutta la loro commovente femminilità e uomini che si lasciano divorare dalla loro adolescenziale e proverbiale stoltizia, in un quadro generazionale che ancora oggi, anzi, oggi più che mai, riscuote un preoccupante successo di attualità, come se in questi ultimi circa tre secoli le cose non fossero cambiate. Per nulla.
In questa locanda soggiornano degli attorucoli di provincia ai quali, un improbabile impresario ventila la possibilità di un’imminente spedizione artistica in Oriente, sovvenzionata da un fantomatico turco-napoletano; ci si scanna per il ruolo di prima donna, si rivendica la necessaria indispensabilità di un comico, di un poeta sceneggiatore. Ognuno si crede indispensabile ed ognuno crede di avere un peso specifico maggiore rispetto a quello di ogni altro interprete.
Il magnate orientale, dopo aver palpeggiato le attrici ed aver umiliato gli attori, esilaranti piani sequenza da cinema anni ’80, decide di ripartire alla volta della sua Turchia senza farne di nulla, del suo progetto, che riprende quota, speranza e vita grazie alla soluzione alternativa lanciata dall’impresario, che intravede comunque la possibilità di guadagnare confidando nella pietistica proposta che rivolge alla ciurma teatrale: la costituzione di un cast di azionariato popolare, dove non esistono protagonisti e comparse, ma solo un unico complesso artistico che si sovvenzionerà equamente in relazione agli incassi. La voglia di riscatto e la paura di essere dimenticati suggerisce ad ognuno di loro di accettare, in una storta di resurrezione artistica che potrebbe anche esser letta come una vera e propria panacea rivoluzionaria. Ho usato il condizionale perché è quello che mi auguro, ma è quello che non succederà. Mai.
Oggi pomeriggio, alle 17:30, parte del cast teatrale sarà alla libreria Lo Spazio, in via dell’Ospizio, per raccogliere, come succede sempre, i bravi di chi ha visto la prima e per sciogliere le curiosità di chi andrà a vederli in serata o domani pomeriggio.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 2 marzo 2013 | 09:09 - © Quarrata/news]

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