di Edoardo Bianchini
Un 2
Giugno ma in nome di che cosa? Le tappe di una distruzione della democrazia in
Italia
SI FESTEGGIA la Repubblica. Una repubblica nata male,
con un referendum che turbò l’anima e il cuore degli italiani; e finita male
grazie ai campioni della democrazia e della questione morale: gli ex-Pci, in
testa ai quali si trovò, per materia grave, piena
avvertenza edeliberato consenso, un uomo di cui è difficile
avere stima, sia per i suoi applausi ai fatti di Budapest, sia per aver
travalicato i poteri concèssigli e averci dato in pasto tre
governi-massacratori illeciti perché non votati da nessuno di noi
elettori-spennati dalla politica, dalla sua corruzione e dalle sue spese che
continuano, ancor oggi, senza freno.
Monti,
Letta, il pupàttolo sono qui e hanno combinato il dissesto a
cui stiamo assistendo, pur se i lacchè di regime – dalla stampa asservita, ai
neo-politici eletti e rieletti anche dispetto e spregio delle leggi e della
loro correttezza morale – ci stanno bombardando con i falsi spot sulla ripresa
economica: che non ci sarà. Mai. Finché non usciremo dall’€uropa della Merkel e
dei tedeschi che hanno sempre provocato dissesti, danni e guerre senza
riceverne mai altro che (almeno alla fine) elogi. Perché piacciono alla finanza
e a chi ha quattrini a danno di tutto e di tutti.
Una scheda del referendum |
Potevo
dire, anche, Lettera a una Repubblica mai nata. Ma sarebbe stata
una mancanza di precisione: nata, la fu, questa Repubblica – almeno fino a
Monti. Pur se stentatamente.
Poi
defunse sotto la mannaia della Corte Costituzionale che ci avvertì: «Il
Parlamento? Illecito». Ma qualcuno ha fatto qualcosa, forse? Nemmeno per sogno.
Siamo in Italia.
Poi
arrivarono i tre presidenti del consiglio (tutto minuscolo… e che premier?
I premier sono quelli inglesi, non i presidenti del consiglio
– minuscoli – degliitaliani, brava gente…).
Poi salì
al Colle uno che, pur avendo definito illecito il nostro parlamento, da quel
parlamento e non solo si fece eleggere e se ne andò a dirigere l’ambaradàn.
Rendiamo grazie al Signore!
Devo far
finta di credere a una sostanziale buffonata che nemmeno i ragazzini
metterebbero in ponte quando, giocando alla guerra, cercano di imitare i
grandi?
C’era una
volta una legge elettorale proporzionale che aveva un sacco di mende e di
pecche, ma che costringeva la gente a pensare col cervello, a prendersi
responsabilità di crisi o di retta dei governi, ma che – soprattutto – non
permetteva a certi bastardi di fare come vogliono senza ascoltare nessuno e
andando in tasca a tutti.
Venne
l’idea, al fine di rendere stabili i governi, di cambiare
quella locomotiva a vapore, ma sicura e indistruttibile: si chiese, però, al
popolo – primo inganno – di darne piena delega al governo di allora.
Quando i russi invasero l’Ungheria... |
Ricordo
che lavoravo al Tirreno e avevo la responsabilità della pagina
di Quarrata-Agliana-Montale. Il capo redattore, Giuliano Fontani, parlando con
me, mi chiese come avrei votato: gli risposi che io, di deleghe, non ero
disposto a darne. A nessuno, tantomeno a un governo.
Giuliano mi disse che stavo
sbagliano.
Nacque la
prima riforma elettorale con lo scorporo-correttivo da vomito per non dire,
pistoiesemente, daonco. E iniziarono i guai. Ve lo siete scordato? Era
appena vent’anni fa.
Sono
durati i governi nel frattempo dopo quella brillante riforma? O si sono
sfasciati in tutti i modi, perfino con il primo inciucio incostituzional-casino
Prodi-D’Alema? anche baffino non era stato votato. E quanti ne
abbiamo visti cadere prima, durante e dopo? E poi… porcelli, maiali, suini
elettorali: tutto è diventato una norcineria istituzionale. Fino
alle abnormità di oggi. Impresentabili: accettabili solo al Partito Dominante
o Democristiano – macché democratico…!
Il francobollo russo di Palmiro Togliatti |
Tre anni
dopo la delega al governo per la riforma della legge elettorale, Giuliano
Fontani venne da me e mi disse: “Credo che tu avessi ragione… La legge è stata
un troiaio”.
So di
avere un pessimo carattere. So di non essere bravo come tanti compagni – anche
quelli che, pur tenendo la foto di Palmiro sulla scrivania dell’ufficio, quando
furono chiamati al mio processo del lavoro contro Il Tirreno,
vennero a dire che non mi avevano mai visto, per 43 mesi di fila, a fare la
pagina di Quarrata-Montale-Agliana come redattore ordinario: cosa, invece,
accertata in pieno dal dott. Amato, oggi presidente del Tribunale di Pistoia,
ma allora giudice del lavoro.
Ma so
anche di non essere demente, né cretino né senza cervello. Non ho fatto il 68 e
me ne vanto. Non sono un compagno di oggi e non mi vergogno a dire di essere
stato un craxiano convinto e di rimpiangere ancora Bettino. Mandatemi pure al
confino!
Per questo
non posso festeggiare una repubblica che è defunta. Una repubblica che lascio a
Google e agli italiani che vivono di Facebook e di calcio.
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