sabato 14 luglio 2012

B.B. KING. INTITOLIAMOGLI PIAZZA DEL DUOMO

di Luigi Scardigli

Con un pizzico di follia…

Alla sua età, spesso, il nonno, ci si accontenta di saperlo autosufficiente. Lui invece, B. B. King, 87 anni il prossimo 16 settembre, si permette ancora il lusso di suonare – eccome – e cantare; ma non in casa, davanti allo specchio o al cospetto dei nipotini, al compleanno di uno di loro, ma in piazza del Duomo, come epilogo della prima serata della 33esima edizione del Festival Blues.

È storia della notte appena passata, quella che ci ha regalato il quasi novantenne di Itta Bena, Riley B. King, che con la sua fedelissima formazione – nessun veterano come lui, ma nessuno sotto i 70, forse – ha regalato, al nutrito pubblico accorso, con gentile avarizia, un altro piccolo grande saggio della sua immensa secolare classe, quella che lo ha contraddistinto, dal secondo dopoguerra ad oggi, come uno dei più grandi bluesman di tutti i tempi, e visto che di quelli del suo calibro, vivi, è rimasto solo lui, l’equazione chiudetela voi.
Certo, il peso degli anni, di una dieta, ferrea, che gli ha dimezzato stazza e chili, si fanno anche sentire, ma il suo peso specifico, che nessuna bilancia potrà mai registrare, non può che accrescere, in modo inversamente proporzionale, la sua leggenda.
Ieri sera, la sua custom, più nota con lo pseudonimo di Lucille, era nera, non rossa; il suono, però, il fascino e la passione sono rimaste quelle di sempre, per la precisione le stesse che seppe regalare, dal palco della stessa piazza, 32 anni fa: era il 14 luglio, per la precisione, sabato. Pistoia, per la prima volta, ospitava una manifestazione che avrebbe fatto una delle storie più belle di questa città e al battesimo di un Festival che ci traghetta ovunque, assieme ed accanto ad altri mostri sacri, c’era anche lui, B. B. King. Allora, però, suonò in piedi, caracollando per circa due ore, fintando svisate, facendone di imprevedibili, per poi terminare lo show distribuendo sorrisi, emozioni irripetibili e plettri.
Anche ieri sera, al termine dell’esibizione, eseguita seduto, bissando le antiche inimitabili movenze con parsimoniosi gesti miniaturizzati delle spalle, Bibbiching se ne è voluto andare, ringraziando, con la solita generosa distribuzione di plettri, i suoi inguaribili e giovanissimi – rispetto a lui – estimatori. Ha salutato tutto e tutti sulle note di I want say go machinin, una filastrocca che i nonni, spesso, canticchiano allegri ai propri nipoti. Beh, è successo all’incirca le stessa cosa, con la sola piccola, grande, differenza che noi tutti vorremmo che fosse nostro nonno, B. B. King, senza però sapere se anche a lui farebbe piacere di avere così tanti nipoti.
Sarebbe carino, insomma – lancio la proposta dalle note informatiche del nostro Blog –, che questa città, che alla sei corde statunitense ha regalato, da tempo, cittadinanza onoraria, rendesse il giusto tributo, trasformando, come hanno fatto a Porretta, una denominazione toponomastica: i nostri cugini limitrofi bolognesi hanno pensato a Rufus Thomas, per il nome del parco; potremmo barattare il nome di piazza del Duomo con quello di piazza B. B. King: sarebbe bello, originale e avrebbe senso. Un grande senso: storico, culturale, artistico.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 14 luglio 2012 - © Quarrata/news 2012]

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