martedì 18 dicembre 2012

PIANO INTERPROVINCIALE RIFIUTI. L’INTERVENTO INTEGRALE DI PATRIZIO LA PIETRA (PDL) AL CONSIGLIO DEL 17 DICEMBRE 2012

Inceneritore di Montale

PISTOIA. Per quanto esteso, siamo convinti che sia necessario riportare l’intervento di Patrizio La Pietra (Pdl) nella sua versione integrale.
Lo facciamo per due motivi: per documentazione e perché chi è interessato possa accedere a tutti i singoli passaggi di natura politica sviluppati da La Pietra e assolutamente non contestati dalla maggioranza in sede di votazione.

Con oggi siamo giunti alla conclusione dell’iter per l’approvazione del Piano interprovinciale dei rifiuti; iniziato con l’approvazione del testo da parte delle Giunte provinciali nel mese di novembre 2011, poi la successiva adozione del piano con delibere consiliari. In ultimo la presentazione delle osservazioni e il giudizio sulla loro ammissibilità da parte dell’organo competente.

Prima di entrare nel merito, vorrei sottolineare, come l’iter del provvedimento, così come appena descritto, sia stato un procedimento, permettetemi la definizione, blindato, direi bulgaro.
Nessuna possibilità di intervento da parte del consiglio, nessuna possibilità di emendamenti, nessuna possibilità di modifica, privando di fatto l’assemblea consigliare della sua prerogativa fondamentale: la possibilità di un confronto costruttivo per ricercare la sintesi politica di un provvedimento.
Il tutto condito da una parvenza di falsa partecipazione, perché non vi è stata partecipazione, ma volendo essere onesti, dobbiamo riconoscere che per lo meno l’informazione la si è fatta. Si, si è data informazione, ma nella sostanza: “questo è il piano e questo rimane”.
Mi si può dire, che c’era la possibilità di fare le osservazioni. Vero. Ma quale garanzia di imparzialità può dare un organo che doveva decidere su accettare o meno le osservazioni pervenute, se lo stesso organo è composto dai funzionari delle province che di fatto hanno redatto lo stesso piano?
Non è certamente nostra volontà dubitare della buona fede delle persone, ma in quanto ad opportunità non ci convince: “ve la siete suonata e cantata”.
Non c’è dubbio che questo provvedimento rappresenta uno degli atti più importanti del nostro ente, con un impatto rilevante sul territorio e sulla sua popolazione, questo deve indurre ognuno di noi ad una profonda analisi e quindi, con questo spirito, cercheremo con i nostri interventi di entrare nel merito del piano.
Permettetemi una breve nota sulle politiche regionali del settore.
Con l’entrata in vigore della legge 61, la regione ha ridotto a tre il numero degli ATO presenti sul territorio regionale. Mantenendo il principio di autosufficienza nell’ambito della pianificazione. A mio parere il primo errore nasce proprio in questa fase. Infatti se da una parte la pianificazione di tutte le politiche di raccolta e smaltimento devono essere svolte sul territorio di competenza, dall’altra le politiche di termovalorizzazione dovevano essere fatte a livello regionale, con la pianificazione di 2/3 grandi impianti. Questo avrebbe permesso, con molta probabilità di non appesantire il nostro territorio, già fortemente urbanizzato, antropizzato e fortemente inquinato con 4 impianti nel raggio di 30 kilometri.
In più avrebbe sicuramente permesso la realizzazione di impianti con una elevata ottimizzazione produttiva e di sicurezza.
Si nota anche in questo caso, come in tanti altri, la miopia strategica della regione, che si limita ad accorpare. Con operazione di sommatoria delle problematiche e non con la strategia di nuovi assetti per un maggior servizio ai cittadini e non ultimo un maggiore risparmio sui costi.
Mi si permetta di ritornare sul concetto che i piccoli impianti, oltre a essere poco sicuri, sono economicamente sconvenienti. Dobbiamo segnalare come l’esito della gara di affidamento dell’impianto di Montale, fatto alcuni giorni fa, e andato deserto, proprio per il poco interesse economico, a conferma di quanto detto.

DICHIARAZIONE DI VOTO

Come si è evidenziato dagli interventi il nostro giudizio non può che essere negativo.
Negativo nel metodo e nel merito.
Nel metodo, in quanto l’iter è stato quello di un documento blindato senza possibilità di un confronto serio per un eventuale approfondimento e modifica del testo.
Nel merito, perché, più in generale, esso rappresenta un piano nato da una sommatoria di piani, in cui ci si limita ad una scelta di indirizzo e conseguentemente a scelte impiantistiche che rispecchiano una visione obsoleta del problema rifiuti.
Una scelta mirata ad una soluzione di una emergenza, ma che non risolve, ma posticipa la soluzione del problema.
In particolare, in relazione al nostro territorio, riteniamo l’ampliamento dell’impianto di Montale, una scelta sbagliata e non necessaria. Non possiamo chiedere al territorio e alla popolazione ancora sacrifici in termini ambientali e sanitari.
Per questi motivi e per quanto detto in fase di discussione, ribadiamo il nostro voto contrario al provvedimento.
Prima di passare alla lettura di alcuni dati e alle considerazioni ad essi sottese, va sottolineato come sarebbe stata necessaria una revisione delle quantità di rifiuti al ribasso. I dati sono studiati prevedendo la ripresa dalla crisi nel 2010. Siamo nel 2012, siamo in piena recessione, e in crisi lo siamo stati negli ultimi due anni, mentre il piano veniva effettuato. Un aggiornamento dei dati ad oggi sarebbe ben stato più opportuno. Ci è stato detto che l’ultimo dato disponibile e certificato era quello relativo al 2010, il che ci porta a chiedersi come questo sia possibile. Ricordo a me stesso e all’assemblea che ogni gestore locale, possiede tutti i dati aggiornati sulla produzione dei rifiuti, poiché in base ai dati si costruiscono i piani finanziari e si definiscono le tariffe. A meno che non si voglia dire che i piani e le tariffe si fanno ad occhio e a meno che la crisi non sia considerata la vera politica di riduzione dei rifiuti che la programmazione interprovinciale si propone.
Altro elemento che appare dal piano è che le raccolte differenziate producono, di per se, materie prime seconde tranquillamente riassorbite dal mercato, questo perché mancano del tutto i dati e una compiuta analisi sul mercato del riciclo e non solo dei materiali recuperati da raccolta differenziata. Dati di cui il territorio Ato dovrebbe essere ben in possesso, perché sede di Revet, la quale opera in regime pressoché di monopolio sulla lavorazione dei materiali da raccolta differenziata, ed ha negli anni ricevuto più di un incentivo dalla Regione Toscana.
Cosa di non poco conto, anche alla luce delle direttive europee che parlano di riciclo e non di raccolta.
Mi si permetta, a questo punto di fare una considerazione, che esce apparentemente dal contesto della discussione, ma che si riallaccia a quanto appena detto, mettendo in luce le contraddizioni di questa amministrazione, dove la mano destra agisce senza sapere cosa fa la sinistra.
Da una parte abbiamo visto l’amministrazione attivarsi per dare una soluzione alla vicenda LG Plast di Agliana. Dall’altra si prevede una raccolta differenziata della plastica pari a circa 49.000 ton. a fronte di impianti di recupero plastica presenti sul territorio ATO Centro di circa 61.000 ton. al netto chiaramente della LG Plast di Agliana. Di fatto attestando l’impossibilità di inserimento sul mercato dell’azienda Aglianese.
Altro elemento importante sono le iniziative per la riduzione dei rifiuti, con politiche sostanziate da una serie di progetti, che sono le stesse introdotte dalla Provincia di Prato e Firenze e grossomodo oggetto del Protocollo di Intesa Energia e Rifiuti approvato da questo consiglio.
Su questo viene da fare un paio di considerazioni.
La prima – Sono obiettivi giusti, ma poiché rivolti alla generalità dei consumatori non può raggiungere i livelli che avrebbe raggiunto una progettualità di questo tipo riguardante le imprese e la filiera degli imballaggi. Mi spiego meglio. Non si fa che dire che la riduzione a monte può essere soltanto il frutto di politiche e leggi nazionali. Questo non è del tutto vero. Esiste la concreta possibilità di una politica incentivante per le imprese sullo smaltimento dei rifiuti industriali che potrebbe senz’altro essere proficua. Studiando le diverse filiere (partendo dai comparti industriali più importanti e corposi) si potrebbe chiedere, alle piccole imprese come alla grande distribuzione, l’uso di certi materiali a scapito di altri negli imballaggi, proponendo forti sconti sullo smaltimento o veri e propri incentivi sulla ricerca di materiali diversi da imballaggio (o addirittura sullo studio di materiali particolari all’interno dei cicli produttivi). Certo, è più facile spendere in un impianto che non studiare questo tipo di politiche, il tempo per elaborare politiche di questa natura non è mancato (si tratta di anni), né mancano esperienze da cui attingere in tutta Europa.
La seconda – Le iniziative elencate sono già partite in diversi comuni (si pensi ai progetti “Acqua del Sindaco”, che hanno avuto grande successo ovunque attuati) e sarebbe stato interessante, se non stimarne l’incidenza sui rifiuti da smaltire, azione forse prematura, almeno programmare uno studio di questo tipo nell’immediato, tanto per capire quanta influenza possono avere azioni come queste sul ciclo dei rifiuti e come migliorarle. Nulla di tutto ciò è stato fatto o previsto. Anche qui si dimostra la scarsa fiducia delle istituzioni sulle politiche di riduzione dei rifiuti.
Entrando ancora più nello specifico del piano, possiamo certamente dire che esso poggia su due pilastri fondamentali: la pressoché costante produzione dei rifiuti ed una raccolta differenziata che vede un obbiettivo del 65/70% nei prossimi anni. Da questo ne deriva tutta la pianificazione.
Uno degli elementi più significativi del piano riguarda il sistema impiantistico.
Alcuni impianti erano già previsti nelle precedenti pianificazioni e vengono confermati: nuovo impianto termico di case Passerini, ampliamento dell’impianto termico di Selvapiana-Rufina; ampliamento dell’impianto di Testi-Greve in Chianti, discarica Le Borra-Figline V.no, altri si inseriscono ex novo nella pianificazione: ampliamento inceneritore di Montale; ripristino ambientale e recupero volumetrie discarica Fossetto-Monsummano T. ; ampliamento discarica in località il Pago-Firenzuola ; nuovo impianto digestore anaerobico in località Calice-Prato. A nostro avviso ulteriore anomalia della programmazione.
Il Piano Biodegradabili (vol. 2) elenca gli impianti di trattamento, ma non conteggia le tonnellate annue smaltite dall’impianto del Calice, quindi fa i propri calcoli senza tenerne conto.
Case Passerini
In effetti, l’impianto di digestione anaerobica del Calice (i cui quantitativi, per stretta natura di questo tipo di impianto, ricevono un calcolo rigoroso, diversamente non regge il suo funzionamento), viene considerato “impianto di pretrattamento del materiale organico destinato alla biostabilizzazione-compostaggio” e non viene inserito tra gli impianti di trattamento della frazione organica.
Non ci si può che domandare il perché di questa aggiunta dell’impianto del Calice che appare abbastanza estemporanea, proprio perché messa fuori da ogni calcolo di incidenza sullo smaltimento della frazione organica dei rifiuti.
Certo, si vede la volontà di incoraggiare il fenomeno di piccoli impianti di questo tipo per il recupero di frazioni organiche a servizio di aziende alimentari o di depuratori, ma perché non creare un vero e proprio incentivo, piuttosto che lasciare questa opportunità nel terreno dell’auspicio? Non è un fatto trascurabile, se si pensa quanto impatto una più ampia diffusione di questi impianti possa avere.
Comunque il raggiungimento del 65% di differenziata ed il mancato aumento dei rifiuti come previsti dal piano consentirebbero di fare a meno di cinque impianti precedentemente pianificati: discarica di Toiano-Vicchio di Mugello; impianto di compostaggio di Pratoni-Scandicci; impianto di termovalorizzazione di Calice-Prato; discarica di Rio Torto-Gambassi Terme; impianto produzione CDR di Pistoia.
Già a prima vista, e senza dare lettura ai dati elencati successivamente sulle quantità di rifiuti, la dotazione impiantistica appare il frutto di un progetto poco ambizioso, poco rivolto verso il futuro, inutilmente costoso perché obsoleto, poco rivolto a iniziative che potrebbero portare anche al rilancio e allo sviluppo del territorio, e anche poco convinto sulle potenzialità di realizzazione effettiva di ciò che esso stesso si prefigge, per quanto riguarda la raccolta differenziata (questo lo si può agevolmente dimostrare, come si legge nel proseguo del presente documento, soltanto con l’analisi di poche delle cifre fornite).
Ciò senza rilevare che esso non tiene assolutamente conto, né delle osservazioni già svolte dagli organi di controllo sulla salute pubblica quali le Asl, né per quanto attiene nello specifico il Comune di Montale e l’ampliamento dell’impianto di incenerimento Cis, dei risultati dello studio epidemiologico presentati a settembre (e della conseguente mobilitazione dell’Ordine dei Medici pistoiese). Nulla di tutto questo viene lontanamente preso in considerazione nemmeno, e ciò ha dell’incredibile, nelle volume riguardante le valutazioni ambientali del piano.
In sostanza, ciò che emerge da subito, cioè il previsto ampliamento delle discariche, la chiusura di un impianto di compostaggio, la chiusura di due discariche (ma a partire dal 2015 esse andranno nuovamente potenziate, perciò nel complesso del piano, le discariche rimangono pressoché invariate anche dopo il 2014), e l’implementazione degli impianti di incenerimento, non fanno che confermare che questo piano si fonda sul conferimento in discarica e sull’incenerimento.
È proprio su questo elemento che si denota, come il piano, sia stato un elaborazione di una sommatoria, fatta in maniera tecnica, direi quasi con un automatismo burocratico, che non ha lasciato spazio alla politica. Che non ha lasciato spazio a vedute di più ampio respiro, dal punto dell’innovazione, della sperimentazione, di un nuovo approccio alle problematiche dei rifiuti.
Mi si può obbiettare che dobbiamo affrontare con responsabilità l’emergenza, si forse è vero, ma è altrettanto vero che se di emergenza dobbiamo parlare, perché di questo stiamo parlando, non si può che sottolineare il fallimento delle politiche regionali sul settore, che hanno creato di fatto questa emergenza. I tempi c’erano. È la volontà politica che è mancata.
Montale
Nel leggere il piano teniamo sempre conto di questo principio base: la maggiore raccolta differenziata ha un unico significato: diminuire la frazione secca e aumentare la quantità di rifiuto biodegradabile, che man mano viene intercettato e separato a monte, che finisce per diminuire in maniera drastica la quantità di materiale indifferenziato, che è quella frazione destinata alle operazioni di pre-trattamento, se non direttamente agli inceneritori.
È anche corretto il modo di procedere previsto nel piano, seppure non in prima battuta, per la raccolta, cioè la tariffazione puntuale che permetta di aumentare la tariffa proprio in proporzione alla quota di indifferenziato prodotta da ciascuna utenza.
Eppure il Piano sembra non tener conto nemmeno delle conseguenze dell’innescarsi di questo circolo virtuoso, la tariffazione puntuale come capacità persuasiva non ha pari e può essere sicuramente più incisiva di tante noiose campagne informative, e in molti luoghi d’Italia in esperienze straconosciute e partite ormai da anni, ha portato ad obiettivi che vanno ben oltre il 70% di raccolta differenziata. Non erano dunque le fonti di informazione che mancavano.
Ed invece il piano mette in evidenza un quadro impiantistico ben poco fiducioso e, se si può affermare, abbastanza inquietante:
Infatti, in base allo scenario 2015, sulla base dei dati di produzione di RSU la quota di frazione secca da avviare a termovalorizzazione sarà di 264.414 tonnellate all’anno a fronte di una capacità complessiva di circa 350.000 tonnellate all’anno, se si comprende l’impianto di Testi. (Montale: 74.925 t/a – Case Passerini: 136.760 t/a – Selvapiana: 68.640 t/a – Testi: 70.000 t/a).
Per quanto riguarda il sistema delle discariche, la quantità di rifiuto stimata al 2015, da conferire in discarica,ammonta a 159.564 t/a e gli impianti in esercizio saranno esauriti al 2014.
Entro tale data dovranno essere attivati nuovi impianti o previsti alcuni ampliamenti per complessivi 2.120.000 mc. (discarica Le Borra di Figline Val d’Arno: nuovo impianto ( In esercizio dall’1.1.2015) con volumetria di almeno 1.000.000 di mc – discarica Il Fossetto di Monsummano Terme: recupero di circa 220.000 mc – discarica Il Pago di Firenzuola: ampliamento per circa 900.000 mc.).
Tali discariche copriranno il fabbisogno di circa 10 anni.
Infine per quanto riguarda gli impianti di compostaggio, sempre sulla base dello scenario al 2015 la quota di rifiuti derivanti da recupero da avviare a impianti di compostaggio sarà di 179.930 t/a, per una capacità di trattamento di 244.000 t/a (Case Passerini: 54.000 t/a – Montespertoli: 100.000 t/a – Borgo San Lorenzo: 35.000 t/a – San Casciano: 10.000 t/a – Vaiano: 35.000 t/a – Piteglio: 10.000 t/a).
Cosa si ricava da questo? Si ricava che la quantità di materiale che viene previsto da conferire in discarica e a trattamento termico è, se si analizza lo scenario al 2015 con raccolta differenziata a 65% (pag. 167 del piano) di 420.098 tonnellate annue (al netto del conferimento delle 38.000 tonnellate di Terranova) pari al 42% della produzione totale di 991.095 tonnellate.
Quindi molto di più del 35% che dovrebbe rimanere dalla raccolta differenziata al 65%.
Se poi analizziamo, con lo stesso metodo lo scenario al 2018 sempre con la raccolta differenziata al 65%, si nota che il materiale inviato in discarica a trattamento termico è pari a 464.045 tonnellate (sempre al netto delle 38.000 tonnellate di Terranova). Pari al 46% del totale della produzione dei rifiuti.
Non si capisce poi, sempre analizzando i due scenari, come sia possibile che a fronte di un aumento di 2926 tonnellate della produzione totale dei rifiuti, infatti si passa da 991.095 ton. del 2015 a 994.021 ton. nel 2018, ci sia un aumento di materiale inviato a trattamento termico che passa da 260.534 ton. sempre del 2015, a 326.760 ton del 2018, con una differenza pari a 66.226 ton. Allora, o il piano è sovradimensionato, oppure, si tende a pensare che anche i materiali da raccolta differenziata finiranno in discarica o negli inceneritori.
Non è un rilievo da poco, se si considera quanto sono costosi gli inceneritori.
Oltremodo sospetto, dal punto di vista del nostro territorio, come spunti fuori il dato che vede le 70.000 tonnellate all’anno del termovalorizzatore di Montale, come essenziali per raggiungere l’obiettivo minimo di 280.000 tonnellate da smaltire, che invece, in base a quanto appena detto, cioè una sovrastima dei rifiuti inviati a trattamento termico, sommate alle 38.000 ton provenienti da un territorio esterno all’ATO Centro, rendono di fatto superfluo l’ampliamento di Montale, escludendo in una prima fase Testi, per il quale si è deciso di accettare una sorta di moratoria.
Comprendo che la parola “sospetto” sia un po’ da dietrologica, che non è una qualità che appartiene a chi scrive, ma viene da pensarlo principalmente perché Montale è l’unico territorio che sia stato realmente oggetto di una seria discussione sull’ambiente e di un inizio di studio, dato che l’impianto di incenerimento è sul suo territorio da oltre 30 anni e, più che un potenziamento, richiederebbe un serio e ponderato processo di dismissione.
I rilievi epidemiologici che in un primo momento la bozza di piano aveva preso in considerazione, sono del tutto scomparsi dai testi del piano, proprio quando lo studio aveva raggiunto il suo compimento, con la relazione presentata a Pistoia da Asl e Arpat il 2 dicembre 2011, e il loro esito e sottolineo il loro esito, manco a dirlo, nemmeno menzionato nel Rapporto Ambientale.
Non siamo tra coloro che sostengono che detti rilievi dovessero stabilire che l’inquinamento della zona era colpa o meno dell’inceneritore, il che sarebbe impossibile da stabilire per qualsiasi fonte di inquinamento. Conoscere il grado di inquinamento di una zona dovrebbe almeno essere un importante principio-guida per prendere decisioni che abbiano considerevole impatto ambientale come in questo caso. Però, sta di fatto che la zona è inquinata, ha avuto non pochi problemi anche con la centralina di rilevamento delle pm10, e la situazione rilevata con le relazioni sopra citate ha indotto l’Ordine dei Medici di Pistoia ha chiedere una moratoria.
Risultato. La moratoria c’è. Per l’impianto di Testi.
Non si pensa male, allora, se si afferma che il criterio di scelta è stato eminentemente politico e non certo tecnico.
Ma non finisce qui. Le considerazioni che rendono il presente piano tutt’altro che esente da critiche, non sono soltanto riferite all’ambiente, ma ad una visione che, nel complesso, appartiene al passato, e questo lo si può certamente affermare a proposito delle tecnologie utilizzate, e non guarda affatto al futuro. Anzi, le larghe vedute arrivano al 2015. Si confermano i piano elaborati dal 2003 in poi, in maniera prudenziale, quasi si temesse di assumersi la responsabilità di una scelta sbagliata nei prossimi 20 anni.
E questa considerazione non è facile critica, l’evoluzione della tecnologia negli ultimi 10 anni avrebbe meritato una ben maggiore attenzione, soprattutto perché la gestione dei rifiuti, la materia del recupero dei materiali, le tecnologie stesse di smaltimento, alternative all’incenerimento costituivano anche un’occasione per dare una spinta all’economia e rendere fruibili e incentivabili settori che altrove vengono tenuti in considerazione quali strategici. In sostanza, si tratta dell’ennesima occasione perduta.
Se mancano del tutto considerazioni squisitamente ambientali delle scelte compiute con il piano oggetto di discussione, ancor meno mancano le considerazioni economiche, perché, indipendentemente che l’impiantistica venga compresa nella gara per il gestore unico o meno, l’investimento finirà, gioco-forza, ad incidere considerevolmente sullo stato delle tasche dei cittadini, già assai disastrato. Ora, una visione più di lungo periodo sarebbe stata più rischiosa? (forse) con l’investimento in nuove tecnologie, oppure no, oppure i costi della pianificazione sono perfetti, non si poteva fare di meglio?
Sta di fatto che questo non ci è dato sapere, perché tanto cambiare, manca una qualunque analisi comparativa.
Non crediamo sia giusto e soprattutto corretto aggravare ancora il carico ambientale sul territorio di Montale, né fare ulteriori costosi investimenti a danno delle comunità della piana.
Anzi, la strada che si ritiene più congrua da percorrere, passa da un progetto di dismissione dell’impianto, da avviarsi non appena saranno recuperate le somme investite in precedenza, e se di investimento si dovrà parlare, sarà in un progetto di riconversione o comunque un cambio di tecnologia.
Vogliamo essere chiari non vogliamo l’ampliamento dell’impianto di Montale. Non lo vogliamo per le motivazione già dette, ma non lo vogliamo anche alla luce degli ultimi avvenimenti, che vedono una guerra politica fra i sindaci della piana fiorentina, tutti interni al PD, che hanno portato il comune di Sesto Fiorentino ad approvare una delibera consigliare in cui si decide, a titolo precauzionale, di sospendere qualsiasi procedura connessa alla realizzazione dell’impianto di Case Passerini. Non vogliamo che Montale diventi il capro espiatorio delle beghe interne del centro sinistra.
Non vogliamo essere campanilistici, ma la problematica dell’impianto di Montale e il suo ampliamento inserito nel piano, al di là delle intenzioni di verifica, e le considerazioni sopra esposte più in generale, non possono che generare un giudizio negativo.

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[Martedì 18 dicembre 2012 - © Quarrata/news 2012]

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