mercoledì 17 luglio 2013

PAOLO RUFFINI, CONDUTTORE DI … SANGUE


di LUIGI SCARDIGLI

Serata di beneficenza a favore dell’Avis con l’onemanshow livornese

PISTOIA. È arrivato in piazza del Duomo poco dopo le 21, proveniente da Roma, a bordo della vettura guidata dalla moglie-collega-socia Claudia, Paolo Ruffini e in compagnia del giovane trombettista della band dei loro spettacoli, di Acilia. Il tempo di farsi fare qualche foto con qualche suo piccolo fan in braccio, firmare autografi, mangiare un boccone veloce e poi, via sul palco, a presentare Do re mi fa sol la ‘Si Dona’, uno spettacolo multifunzione ideato e realizzato con il chiaro intento di non smettere di pensare e fare qualcosa, molto, possibilmente, in favore dell’Avis.

Dalla capitale, la Ruffini and Co. tornava per ragioni di lavoro, quelli che ormai stritolano l’ex monello labronico di Io doppio, che si è guadagnato la stima dei produttori delle stanze dei bottoni in virtù di un’intelligenza studiata a tavolino e una simpatia ereditata per dna che gli ha permesso il lusso di essere assoldato a condurre uno dei rotocalchi televisivi più seguiti – anche se non proprio esilaranti come il mercato del piccolo schermo vorrebbe –, Colorado cafè, diventare uno dei pezzi insostituibili dei cine-panettone, fino a permettersi il lusso di diventare regista.
È proprio in questi giorni che Paolo Ruffini regista ha terminato le riprese della sua prima pellicola, Fuga di cervelli, un simpatico – mi ha detto nel back stage di piazza del Duomo poco prima di andare ad incominciare – remake, una via di mezzo tra la comicità un po’ sguaiata statunitense e quella più cerebrale del Vecchio Continente, dove si ride molto, almeno mi auguro, ma con un velato e pudico senso della misura. Arma imprescindibile dell’ironia.
A vederlo così stanco, Paolo Ruffini, mi son venute in mente le profetiche dichiarazioni di Pino Scotto, il rocker napoletano intransigente e maleducato, ma efficace, intervistato giorni fa a Cascina, all’interno della manifestazione Lunatica: “La musica non può essere un lavoro, ma una passione; se si suona per far soldi, si smette di suonare”.
Non vorrei che anche Paolo, comico doc, con l’ironia nel sangue, abbia dovuto iniziare a far ridere per contratto, senza divertirsi più.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Mercoledì 17 luglio 2013 | 08:02 - © Quarrata/news]

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