di Luigi Scardigli
Non è affatto magra, come consolazione,
avere la certezza di andarsene, per sempre, sapendo che nessuno di quelli che
ti hanno conosciuto abbiano mai serbato, per te, il benché minimo rancore.
È la sorte, benevola, ma meritata,
perché costruita nel tempo, con rispetto, tolleranza e amore, toccata in dote a
Mauro Mazzanti, deceduto stanotte, nella propria abitazione.
Avrebbe compiuto 71 anni alla fine di
gennaio, l’ex storico operatore cinematografico del Verdi, ma anche di tutte le
sale estive d’essai.
Scrivo con piacevole dolore, della sua
morte, perché sono uno di quei tanti fortunati che hanno avuto l’onore e la
leggerezza di trascorrere del tempo in sua compagnia, a parlare, con garbo e
tenerezza, delle cose della vita, dal cinema allo sport, dalla politica alle
donne, fino all’amore e perché no, anche della morte, attorno ad un tavolo
apparecchiato alla bene e meglio, anche, dove però è corso del buon rosso ad
inumidir palati intrisi di tagliata.
Gli amici di sempre, di tutti i giorni,
con i quali è gentilmente invecchiato decidendo di partire prima di tutti e
lasciandoli sicuramente alla sprovvista, non verseranno lacrime, scommetto,
perché il suo ricordo si coniuga solo e soltanto ad un sorriso, intriso di
tristezza, probabilmente, perché solo con la morte, Mazzanti, non è riuscito a
discutere civilmente.
Sarà così per Francesco Corsini, Franco
Lucchi, Gianluca e Sandra Mariani, Paolo Ricci, Donald Tronci, Luciano Lucchi,
gli amici della generazione successiva, Marcello Bugiani, Andrea Gori e Andrea
Fusari e tutti quelli che hanno trascorso almeno un pomeriggio al bar Mazzini e
che si saranno sicuramente confrontati, con Maurino, almeno una volta, in un
filotto: tresette, briscola e scopa; chi perde, paga il caffè.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Domenica 8 gennaio 2012 – ©
Quarrata/news 2011]
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