sabato 9 luglio 2011

DA ALLORA SONO PASSATI 31 ANNI

di Luigi Scardigli



Il 15 luglio del 1980, per la seconda serata della prima edizione del Blues’In, presi il treno da Roma, dove abitavo, e venni a Pistoia: in programma, oltre a tanti bluesman, Roberto Ciotti (conosciuto personalmente qualche anno prima al Centro Jazz Saint Louis), Pino Daniele, praticamente un mito adolescenziale e B.B. King, una divinità del Mississipi. Da allora, di Festival, non me ne sono perso uno: primo perché tre anni dopo quella indimenticabile volta, venni a vivere a Pistoia (l’attrazione del Blues’In non fu elemento decisivo per il mio trasferimento); secondo, ma soprattutto, perché di blues ho continuato a cibarmene, anche degli ultimi scampoli, dei piatti riadattati, spesso accontentandomi addirittura solo di assaporare i brividi della memoria.
Premessa indispensabile per raccontarvi le emozioni provate ieri sera, in piazza del Duomo, per la mia e loro 32esima volta. Sul palco, dopo due gruppi che se ne sarebbe potuto fare piacevolmente a meno, sono saliti gli Skunk Anansie, una forza della natura e del rock and roll, con Skin, la cantante, l’idolo, la pantera, una vera e propria ammaliatrice, una potenza esplosiva, una oneshowgirl da far rabbrividire, con presenza e diaframma stratosferici, qualsiasi altra femmina armata dai più combattivi presupposti. E mentre Skin e i suoi strumentisti spaccavano l’aria e le atmosfere con la più intransigente forza del rock, mi sono guardato un attimo intorno e ho provato a riconoscere, tra le migliaia delle persone che stavano con le mani osannanti verso il cielo, qualche vecchia conoscenza che come me, quel 15 luglio del 1980, non si volle perdere quella prima indimenticabile kermesse.
Ma a parte gli imperituri e longevi consiglieri comunali, solidali e no al Palazzo di Giano, un paio di vigili urbani, tre o quattro volontari della Misericordia e della Croce Verde e qualche agente dell’ordine della Polizia di Stato e della Benemerita, non ho incontrato nessuno. Anzi, ho visto qualche schianto rimodellato dal chirurgo plastico e ho pensato, immediatamente ai tempi che son cambiati e a me, che sto invecchiando. Infatti, da allora, sono passati trentuno anni: qualcuno probabilmente deve essersi ricreduto, quanto a gusti musicali; altri invece, alle prese con problemi legati all’età, inesorabilmente avanzante, deve aver preferito andarsi a gustare un po’ di refrigerio in collina, per riuscire a compensare il torrido che ha avvolto ieri la città durante il giorno. Molti però, nostalgicamente affezionati agli esordi di questa manifestazione alla quale auguro lo stesso destino di Misery (che non deve morire), devono aver pensato che Skin e la sua band, al Pistoia Blues, fossero ospiti e non protagonisti.
Il blues non sta benissimo, è vero, ma qualche scampato è ancora in circolazione e soprattutto, sulle rive del Mississipi e in qualche metropoli statunitense, si vocifera che qualche giovanotto abbia speso una fortuna per acquistare una delle sei corde in dotazione a Muddy Waters e abbia iniziato a riformularne l’epica, rileggendo con sapienza, umiltà e architettura la sua base sonora. Senza dimenticare che in città, di bluesman che si rispettino, ce n’è più d’uno, invitato, come star, ad impreziosire rassegne musicali che hanno meno afflato, ma non certo spessore, del nostro irriconoscibile Blues’In.
Carissimo Giovanni Tafuro, è forse arrivato il tempo di cambiare almeno il nome della cosa, come han già fatto quelli del Pci: se dovessi condividere e dunque accettare i nostri suggerimenti, cogli però l’occasione di non gettare alle ortiche tutto il buono che in queste trentadue edizioni sei riuscito ad organizzare. È vero, Steve Ray Vaughan è morto, proprio come Enrico Berlinguer, ma fai attenzione tra le nuove leve: non basta imbracciare una chitarra per suonare in piazza del Duomo.

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Skin, in primo piano, con alle sue spalle il batterista. Foto di Alagia Scardigli.
[Sabato 9 luglio 2011]

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