venerdì 2 settembre 2011

NO BREDA, NO PARTY(TO)





PISTOIA. Ieri tutti in strada per difendere la Breda: ma soprattutto per fare scudo alla sua natura pubblicistica.
Tutti scandalizzati se l’azienda pistoiese andrà in mano ai privati.
Tutti meno uno, Alessio Barolomei, che stamattina occupa lo spazio della voce fuoricampo e contraria dinanzi al coro dell’unanimismo salvazionista.
Ecco cosa scrive La Nazione:

La voce contro. Alessio Bartolomei (Fli)
«Vendere a un privato? Io non vedo problemi»


A sfilare per le vie della città, ieri mattina lui non c’era. Perché pur essendo convinto «che lo stabilimento di Pistoia vada difeso con i denti, anche incatenandosi ai cancelli», la proprietà di AnsaldoBreda possa tranquillamente passare di mano.
«Un privato al posto del pubblico? E quale sarebbe il problema? Secondo me nessuno, anzi. Si può dire che tanti mali della Breda derivino proprio da un eccesso di gestione politica e di scarsità di gestione industriale», dice Alessio Bartolomei, consigliere comunale Fli. «L’importante è che il presidio pistoiese rimanga e venga anzi rafforzato — continua l’esponente di Futuro e libertà, che spesso in passato aveva preso la stessa posizione che conferma anche di fronte alla manifestazione per le vie della città —. Un eventuale passaggio in mano privata non mi spaventa di certo. Certo, è meglio se AnsaldoBreda rimane in mano italiana, ma non credo vada demonizzato nemmeno l’ingresso di un eventuale socio straniero». Naturalmente a patto che lo straniero in questione dia le dovute garanzie ai dipendenti di via Ciliegiole e allo sviluppo della fabbrica.
Rincara Bartolomei: «Soltanto nei Paesi comunisti ci sono aziende pubbliche che producono treni. Siamo forse ai tempi dell’Iri? si chiede retoricamente . Visto che la risposta non può che essere negativa, credo non si debba aver paura della cessione, che anzi potrebbe rappresentare una svolta per un’azienda che finora, proprio perché gestita dalla politica, non ha certo raggiunto grandi risultati economici».

E al di là di qualsiasi altra considerazione, Bartolomei ripropone, in proprio, quello che anche noi stiamo dicendo da diverso tempo.
BredaPistoia ha incarnato, troppo a lungo, il ruolo di Pd/Pistoia.
È per questo che l’azienda ha sofferto e ora sconta i mali di una gestione che, scavalcando Bartolomei, non esiteremmo a definire di partito, più che politica.
Se ci sarà la vendita, il Pd perderà base e fondamenta; o, come si direbbe, No Breda, no party(to).

E questo il Pd lo sa bene.
e.b. blogger
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[Venerdì 2 settembre 2011– © Quarrata/news, 2011]

1 commento:

  1. Se a Pistoia può rimanere un nome di rilievo nel settore delle costruzioni ferroviarie allora deve cambiare anche qualcosa nella mentalità della sua gente e di quelli che in BREDA lavorano da molti anni o da pochi e, aggiungerei anche in memoria di quelli che vi hanno perso la vita dentro o a conseguenza degli anni li trascorsi in compagnia dell'amianto.
    Il sistema politico di gestire un'azienda dove: se le cose vanno ci sono dividendi mentre, se le cose vanno male va bene lo stesso (paga lo Stato) certo non favorisce il rendimento positivo di salariati e stipendiati.
    Se la BREDA degli ultimi anni è divenuta da "fabbrica dei treni" a "fabbrica dei posti di lavoro" per tenere alto il consenso politico in città, non è difficile notare come adesso i nodi siano venuti al pettine.
    Belli gli anni di quelli che potevano fare il barbecue nel capannone o semplicemente dormire nei vagoni e negli uffici godere dell'aria condizionata mentre si gioca a carte, senza dimenticare il club di quelli col secondo lavoro da fare nel pomeriggio al nero. Non tutti ovviamente, ma un bel numero di persone (senza contare quelli che con omertà non hanno mai denunciato certe usanze dei colleghi meno diligenti).
    Sono certo che alcuni di questi "non lavoratori" sono nel presidio a difesa del proprio diritto alla pacchia.
    Auguro che gli onesti possano continuare a lavorare sotto Siemens o Bombardier mentre i "furbetti del trenino" impiegati o operai che siano rimangano con il cerino in mano (così ci bruciano la tessera di partito una volta per tutte).
    Essere di sinistra significa avere etica per il lavoro e rispetto per le conquiste sindacali dei nostri genitori e nonni, sembra oggi si vogliano difendere come privilegi i posti ottenuti in modo nepotistico e con raccomandazioni di partito.
    I diritti di un lavoratore vanno saputi meritare e non vanno visti come privilegiate rendite di posizione.

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