lunedì 11 luglio 2011

BLUES. FORZA AL NOSTRO SPIRITO CRITICO!

di Luigi Scardigli



Dopo la scorpacciata di contrattempi di ieri, pensavo proprio che per il gran finale della 32esima edizione del Festival Blues di Pistoia gli scoop fossero finiti. E invece ci ha pensato l’ex profeta della dissoluzione, Lou Reed ad offrirci, su un vassoio prelibato, una chicca degna di nota.
Alle 14 di ieri infatti, dal suo entourage, pluricomposto da fisioterapisti, dietologi e buddhisti, è partita una telefonata al ristorante Santopalato al quale si chiedeva se per le ore 16, nel back stage della manifestazione, potessero far trovare una porzione – d’assaggio – di Sashimi, piatto a base di pesce che non contenesse però, rigorosamente, tonno, salmone e pesce spada.
I titolari del noto, frequentato e stimato salone di ristorazione pistoiese devono aver declinato l’invito, lasciando a bocca esotica asciutta uno dei precursori della pop art ed entrando, automaticamente, nella lista nera dell’anziano Lou Reed. Che ha chiuso, come noto, il sipario sulla 32esima rassegna, in un tripudio orgiastico di ricordi, rimpianti e un saggio, alla non certo tenera età di 69 anni e con un passato non proprio integerrimo, di un’ora abbondante di adorabili interpretazioni di uno dei più controversi e affascinanti crooner della musica internazionale al quale, la vita, tutto sommato, ha riservato una valanga di meriti e fortune, se si esclude, naturalmente, la scarsa disponibilità culinaria del Santopalato.
Prima di Lou Reed, autentico mattatore della terza ed ultima serata del Festival, così come lo è stata Skin e i suoi Skunk Anansie per la prima e due orfani dei Doors per la seconda (di blues, in parole povere, nemmeno l’ombra), sul palco di piazza del Duomo, a partire dalla 19,30 circa, orario in cui si sono aperti i cancelli, si sono alternati alcuni gruppi spalla. E per la foga emotiva ci siamo scordati di annotare il nome della band che, prima di lasciare il palco a giovani colleghi come loro in cerca di fortuna, ha intonato, sotto il cielo caldo di Pistoia, il più famoso brano della discografia di Shalpi, Rock and rolling, un motivo che avrebbe fatto impallidire anche lo scorbutico Steve Ray Vaughan.
Già, dimenticavo. Le sedie numerate, in piazza, c’erano anche ieri, le transenne no, in compenso. Al loro posto i nastri elastici bianchi e rossi, quelli che bastano a segnalare che oltre non si possa andare. Peccato però che le seggioline più laterali fossero posizionate in modo tale che Lou Reed non si vedesse.
Claudio era felice lo stesso: si sarebbe accontentato di sentirlo e basta uno dei suoi miti adolescenziali (dopo Sandrino Mazzola, naturalmente), ma ad un certo momento, due persone che gli sedevano accanto si sono alzate e sono andate via. E lui, fregandosi le mani e coinvolgendo la moglie Francesca nella sua gioia incontrollabile, ha scalato due postazioni e seppur sempre lontano e in diagonale, ha potuto assistere a tutto il concerto fissando negli occhi Lou Reed. Che non ama i flash dei fotografi perpendicolarmente: detesta vedersi le rughe, pare essere il motivo e “Ace” e tutti gli altri accreditati hanno fatto comunque del loro meglio, accontentandosi però di poterlo immortalare solo di tre quarti.
Insomma, questo 32esimo Festival Blues di Pistoia – applaudito da circa 15.000 spettatori (posso sbagliare, ma non di moltissimo, credo) – va negli archivi come uno dei meno blues di questi oltre sei lustri con l’eccezione, semplicemente straordinaria, della mezz’ora abbondante che ci ha regalato, sabato, Robben Ford, suo fratello (alla batteria) e un bassista particolarmente ispirato, un saggio meraviglioso di blues, rock blues, funky blues e world blues, una sapiente e soprattutto elegante e raffinata offerta timbrica, una cascata di immortalità, preceduta da un prologo, avaro nei tempi d’esecuzione, non certo nel groove, di Michele Beneforti, Valentina Bartoli e Mirko Taglianetti, che ci auguriamo di poter applaudire presto altrove, casomai in compagnia di quel nutrito stuolo di bluesman pistoiesi che in piazza del Duomo stentano, da sempre, a trovare il loro giusto e consono spazio.
Arrivederci al 2012, nella speranza che la salute ci consenta di poter ancora apprezzare la buona musica e che dia la forza al nostro spirito critico di non accontentarsi. Di un accredito.

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[Lunedì 11 luglio 2011]

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