sabato 16 marzo 2013

“SCELGONO LE DONNE”, MA CON QUALCHE PROTESTA

di ALESSANDRO ROMITI

L’incontro con Carlo Flamigni e Maria Cangioli a ‘Lo Spazio’ di via dell’Ospizio

PISTOIA. Promosso dal movimento “Rete 13 febbraio – Pistoia” si è svolto un incontro sul tema dello scarso numero di medici abortisti “non obiettori”: tra il pubblico solo tre uomini, un giornalista, un antiabortista e un ginecologo pistoiese, ben distinguibili in una sala stracolma di donne di diverse classi sociali ed età (vedi).
Il Prof. Carlo Flamigni, membro della Consulta di Bioetica ha tratteggiato – con la sua ampia conoscenza tecnica della materia – il quadro attuale relativo all’asserita incongruenza sofferta dalle donne per la mancanza di medici non obiettori, denunciando che la legge 194 vede di fatto una faticosa applicazione pratica e ricordando come l’Italia si distingua da altri Paesi (in senso retrogrado), lamentando gli effetti di anomalie legate a reticenze e retaggi culturali soprattutto indotti dall’influenza della Chiesa.
Nessuna possibile considerazione per il naturale e assai comprensibile diritto di chi ha esercitato la facoltà di fare l’obiezione di coscienza sulla pratica medica dell’interruzione della gravidanza.
I due relatori hanno più volte stigmatizzato che la figura dello specialista è spesso incompleta: manca infatti di quel quid – di preminente natura culturale – per il quale è necessario che il medico specialista assuma consapevolezza di volersi davvero “occupare della salute delle donne”.
La Dr.ssa Maria Cangioli, ginecologa, è intervenuta presentando la praticità delle nuove tecniche d’interruzione della gravidanza, ritenute assai vantaggiose perché prevedono sistemi di carattere farmacologico, non invasivi.
L’argomento si è dimostrato davvero di quegli difficili da trattare, aprendo a considerazioni che impegnano le persone a immediate valutazioni etiche e scontrandosi con la più drammatica delle scelte dicotomiche: vita sì/vita no. Questa incide, irrimediabilmente, sull’esperienza umana investendo la coscienza, che è più di una funzione cerebrale.
Flamigni ha dunque evocato la necessità d’indignarsi di fronte alla sistematica ipocrisia e reticenza che incombe sulle pratiche mediche d’interruzione della gravidanza che, a suo parere, è sistematicamente bistrattata dalle strutture sanitarie pubbliche.
Chi scrive ha bruscamente interrotto il clima d’approvazione – sancito fino ad allora dalle partecipanti con ferventi applausi – e ha espresso il suo punto di vista con questa domanda: «Vista la ripetuta critica e stigmatizzazione dei medici “obiettori” che non si vogliono occupare della salute delle donne, la gravidanza è forse una condizione patologica che limita la loro salute?».
Le repliche di protesta e disapprovazione non sono mancate da larga parte delle donne presenti. Emanuele Giacomelli, antiabortista, a sua volta, è eroicamente intervenuto a ruota testimoniando la sua esperienza di padre affidatario che, con la moglie Barbara ha curato con gioia la crescita di ben nove ragazzi. In Firenze – ha ricordato Giacomelli – presso il “Centro affidi” ci sono ben una ventina di famiglie disponibili, senza però bambini da affidare loro. Il vero problema, non è la presenza di medici obiettori, ma la mancanza di “case-famiglia” e operatori sociali posti al servizio delle donne, sempre sole e non sufficientemente seguite dagli organismi disposti alla tutela dell’infanzia. Nessuno si è lamentato mai per il diritto alla vita dei bambini soppressi.
La serata ha preso così una piega di tipo non previsto, con l’innesco di una vivace polemica nella platea e lo sdoganamento del dibattito su vicende personali paradigmatiche per la testimonianza delle più valide repliche in contrapposizione alle tèsi degli abortisti.
La moderatrice ha inevitabilmente visto cadere la trattazione del tema dalla figura tecnica del medico “non obiettore” al più ampio e profondo argomento etico del dramma dell’aborto: una piaga per l’umanità intera che comunque venga considerata, resta un’irremovibile “ferita psicologica” per la donna.
Giacomelli, a fine serata, ha contestato le molteplici considerazioni tecniche di un egoistico interesse utile a promuovere l’aborto, ricordando che è a tutti disponibile una risorsa diversa, indolore e di sicuro rispetto per la dignità umana: l’amore per la vita. È così che si potrà salvare la madre e il bambino – autentico protagonista della serata, anche se mai nominato.

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[Sabato 16 marzo 2013 | 08:49 - © Quarrata/news]

6 commenti:

  1. ADELE ESPOSITO SCRIVE

    Il rispetto per l’essere umano è fondamentale, e alla base di ogni relazione, questo acquisisce un senso lì dove c’è un confronto, un’elaborazione di ciò che è stato detto e nella lettura delle proprie esperienze di vita. Le nostre opinioni e le nostre esortazioni si fermano davanti alla scelta di una donna che in quel momento decide di abortire e anche ci si ferma davanti a un ginecologo che pur se ha a cuore la salute della donna in maternità decide di non intervenire, questo sempre perché l’altro non sono io con il mio pensiero e i miei trascorsi. Ciò non vieta che il percorso della donna che decide di abortire debba essere ascoltato e accompagnato da un iter sanitario, una mobilità che dia equilibrio ancora a tutti quegli ostacoli burocratici, culturali che non permettono un cammino – riservato – e rispettoso della scelta.
    Certamente il percorso di speranza, che il signor Giacomelli ha espresso durante la serata è il dono più bello che noi donne abbiamo ricevuto in un contesto dove è giusto anche parlare di donne che hanno fatto una scelta diversa, quella di non abortire e di affidare la loro creatura alla provvidenza dell’affidamento e dell’adozione.
    Credo infine, che una donna dal momento che rimane incinta sia la creatura più fragile che ci sia, nel suo equilibrio psicologico fisico e storico e che ancora ci sia troppa estraneità, nel proposito di alienare questa condizione a semplice e naturale percorso della vita.
    Ma la storia insegna nei secoli, lo sviluppo di pratiche argomentative e sanitarie che accompagnano questo meraviglioso mistero di “pienezza della vita” nel suo processo naturale, spirituale e idoneo in merito a chi sceglie.
    La chiesa dovrebbe far fronte alle nuove donne e ai nuovi uomini che la società promuove in un percorso decisamente moderno.
    L’ascolto, l’accompagnamento e il rispetto dovrebbero essere lo sguardo attento nostro verso l’altro nella misura in cui noi siamo infinitamente amati e provvidenzialmente protetti da Dio.
    Adele

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  2. SILVIA CAPPELLINI SCRIVE

    Scrivo in merito all’articolo di cui a questo link:
    http://quarratanews.blogspot.it/2013/03/scelgono-le-donne-ma-con-qualche.html#more
    Fino ad un certo punto ho partecipato alla serata e vorrei dare il mio punto di vista.
    Il Prof. Flamigni ha spiegato in modo chiaro e sintetico perché il buon medico non obietta alla legge 194. Faccio notare che ha portato dati e percentuali a sostegno della sua tesi e la cosa che ha lasciato i presenti (sì, perché di uomini ce ne erano circa una decina – uno dei quali è caduto – ricorda sig. Romiti?) a bocca aperta è che i motivi dell’obiezione di coscienza dei medici non sono di carattere etico o morale: la realtà è che nella maggior parte dei casi se vuoi fare carriera nel servizio sanitario pubblico devi dichiararti obiettore (come dimostravano i dati e come hanno confermato medici e ostetriche presenti in sala), la realtà è che l’interruzione di gravidanza non essendo una pratica medica complicata o particolarmente innovativa (infatti sono stati affrontati i metodi di interruzione di gravidanza dall’inizio del secolo scorso) è piuttosto ripetitiva e, dato il basso numero di medici che rispondono pienamente alle richieste del servizio sanitario nazionale, il buon medico rischia di dover fare con una frequenza elevata tali pratiche mediche (peraltro entrambi i medici presenti hanno confermato che per lo stesso medico non è quello che si definisce un divertimento procedere con una interruzione di gravidanza ma il buon medico partecipa con compassione – condivisione del peso della scelta della donna e della pratica medica).
    Questa serata è stata utile per comprendere il valore del servizio sanitario nazionale: i livelli minimi di prestazione di cui abbiamo diritto noi donne e uomini italiani, cosa ha significato storicamente la creazione di consultori che hanno dato informazione e sostegno a ragazzi e ragazze.
    Quando lei è intervenuto stavo pensando a cosa potrà succedere se a 16 anni mia figlia si trovasse per qualsiasi motivo lontana da me: dove posso consigliare di andare? Al Centro Donna di Pistoia probabilmente consiglierei di andare.
    Poi lei è intervenuto, sig. Romiti. Ho ascoltato veramente poco di quello che ha detto perché, mi dispiace dirlo, ma stava andando fuori tema. Il tema dell’incontro non era un mero tecnicismo, era un argomento fondamentale: cosa succederebbe se per pratiche fondamentali attualmente offerte dal servizio sanitario nazionale i medici potessero obiettare? E se la loro obiezione venisse addirittura premiata?
    Infine mi permetto di dire che l’unico grande assente dalla conversazione non era il bambino (non ricorda gli esempi che sono stati presentati sulle pratiche di uccisione e abbandono dei figli fino a… non moltissimi anni fa?) bensì il padre. Ma del padre biologico se ne sono dimenticati tutti: i ginecologi e le ostetriche probabilmente sono giustificati (il loro lavoro è necessariamente legato alle donne) meno le donne e gli uomini presenti.
    Sono veramente in totale disaccordo con quello che ha scritto e detto ma il tema dell’incontro non era quello che lei ha scritto e detto e quindi mi premeva, con queste poche righe, fare, in parte, chiarezza.
    Grazie
    Silvia Cappellini

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  3. Gentile Sig. Romiti,
    ero presente a quella serata ma non sono intervenuta. Non perché non avessi nessuna considerazione da fare, ma soprattutto perché ho sperato fino alla fine che la discussione tornasse sull’argomento proposto e cioè l’obiezione di coscienza da parte dei medici e del personale sanitario sulla questione dell’interruzione volontaria di gravidanza, partendo infatti dall’assunto che la legge c’è, da 35 anni, a prescindere dal nostro esserne d’accordo o meno. Il prof . Flamigni e l’ostetrica Cangioli, un uomo e una donna che hanno dedicato la loro vita professionale a cercare di risolvere ogni problema o aspetto ginecologico delle donne, ci hanno esposto la situazione odierna dentro gli ospedali che a causa di una crescente obiezione di coscienza rende ancora più difficile e pesante la scelta di chi (qualsiasi sia la sua motivazione) decide di interrompere una gravidanza. Anche in questo caso la drammatica “beffa”, consiste nel fatto che per un numero cospicuo di medici si tratta di un’obiezione di “comodo” dove la salvaguardia della “vita” diventa il pretesto per tutelare interessi di altro tipo sicuramente molto meno “etici”.
    Quindi sono rientrata a casa con l’amarezza di non aver potuto dibattere fino in fondo tale argomento essendoci stata offerta l’opportunità di incontrare due persone esperte come i relatori in questione.
    Comunque i veri grandi assenti della serata erano i ginecologi (tranne uno che ha tutto il mio apprezzamento per essere stato presente e attivo nella discussione) e a maggior ragione i medici (o il personale medico) che si dichiarano obiettori e che sarebbero dovuti accorrere alla serata anche solo richiamati dal titolo dell’incontro (Il buon medico non obietta) per difendere il loro operato e la loro scelta….nessuno di loro era presente (nonostante nella nostra USL siano 16 i medici obiettori dichiarati come ci è stato riferito quella sera). Se si è convinti della propria scelta etica, profonda, personale come può essere possibile tollerare che sia messa in dubbio la propria professionalità? Il proprio operato? Come si può sopportare di essere tacciati di opportunisti? Eppure non uno è venuto a confrontarsi con chi invece apertamente ha espresso le proprie opinioni.
    Infine, mi scusi signor Romiti ma che cosa intende quando dice riferendosi al signor Giacomelli che a fine serata “ha contestato le molteplici considerazioni tecniche di un egoistico interesse utile a promuovere l’aborto”?. Ho bisogno di capire….chi avrebbe avuto in quella serata l’egoistico interesse a promuovere l’aborto?
    Forse il prof. Flamigni o l’ostetrica Cangioli?
    Un egoistico interesse vuol dire che si “promuove” qualcosa in cambio qualcosa, o mi sbaglio?
    O forse si riferiva alle donne presenti che per tutelarsi da una possibile egoistica personale scelta di ricorrere ad un’interruzione di gravidanza ne “promuovono” la pratica?
    Spero di aver interpretato male, perché ciò che quella frase può lasciar sottintendere è veramente inquietante, perché, o l’”eroico” signor Giacomelli ha tacciato i nostri relatori di essere dei lucratori sulla pelle della gente (donne o embrioni che siano) cioè di trarre un guadagno diretto o indiretto dalle interruzioni di gravidanza oppure ha offeso tutte le donne presenti e non solo. Comunque, mi creda, preferisco non avere risposte in merito, né da lei né dal signor Giacomelli, e che mi rimanga la flebile speranza di non aver capito bene.

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  4. MIRELLA BRESCI SCRIVE

    RIFLESSIONI SULL’INCONTRO-DIBATTITO “IL BUON MEDICO NON OBIETTA”

    L’incontro con il prof. Carlo Flamigni riguardava un problema ben preciso legato all’attuazione della legge 194/78. Le domande che venivano poste ai relatori erano le seguenti:
    – quali sono gli effetti sulla salute delle donne e sui medici non obiettori della crescente presenza nelle strutture ospedaliere di medici e operatori sanitari obiettori?
    – quali misure specifiche devono essere prese per garantire, alle donne che ne fanno richiesta, l’attuazione della legge 194?
    L’incontro non intendeva riprendere il dibattito fra favorevoli e contrari alla libera scelta delle donne, ma verificare – a partire dal nostro territorio – “lo stato delle cose” e la possibilità reale di attuare la legge senza accrescere i rischi per la donna.
    Le relazioni del prof. Flamigni e della ostetrica Maria Cangioli sono state puntuali e documentate e naturalmente hanno fatto anche riferimento ad un dibattito che non si è mai spento, in questi 35 anni, sulla disciplina dell’obiezione di coscienza nell’ambito della sanità.
    Una delle domande che si ponevano era: se fino al ’78 chi sceglieva di fare il-la ginecologo/a sapeva che tra i diritti della paziente non c’era quello dell’aborto, dopo quella data è ancora ammissibile che il diritto all’obiezione del medico vanifichi od ostacoli il diritto alla salute della paziente?
    E trattandosi comunque di un’obiezione della persona e non della struttura, la scelta della donna deve trovare una risposta adeguata.
    La nobile storia dell’obiezione di coscienza, a partire da quella alla leva militare obbligatoria, viene usata in maniera surrettizia, dimenticando che in quel caso si trattava di una lotta contro una misura costrittiva, il che non vale per la scelta di una specializzazione medica.
    Questo era il tema della serata e non quello di entrare nel merito delle singole scelte delle donne. Né una legge né la mancanza di una legge hanno mai condizionato le decisioni delle donne riguardo alla scelta di essere o non essere madre. Ma è della salute delle donne che si sta parlando.
    Le donne abortivano nei modi crudeli che tutte/i conosciamo e gli uomini lo sapevano, ma ciò che oggi è insostenibile è la presa di parola femminile nel dichiarare che sempre e comunque la decisione finale è sua: la donna ascolterà, chiederà aiuto, farà tutto quello che si sente di fare, ma infine sarà lei a dire sì o no a quella nascita.
    Il discorso era politico e dietro c’era il trentennale dibattito sull’esperienza intima della maternità e su come le donne hanno ripensato se stesse in relazione appunto alla maternità.
    All’incontro erano presenti anche alcuni uomini, due dei quali hanno spostato il piano del discorso sul perché, secondo loro, le donne arrivano all’aborto senza tener conto che quei figli non desiderati potrebbero trovare accoglienza in altre famiglie, quelle sì generose e non egoiste; sopprimendo secondo loro bambini, sì bambini, così dicevano, che potrebbero invece trovare accoglienza in famiglie affidatarie. A Firenze, ha detto uno degli uomini, ci sono circa 20 famiglie disponibili, ma non ci sono bambini che possano essere loro affidati!
    Si è così assistito alla semplificazione e contemporanea radicalizzazione di temi, quali la gravidanza e la nascita, il rapporto tra salute della donna e medicina-medicalizzazione (legge 194, RU486, legge 40), la relazione tra la vita e il sì della madre: temi sulla cui complessità le donne hanno accumulato una sapienza ed una competenza da cui difficilmente – le donne – possono prescindere.
    Comunque la serata è stata interessante anche perché è servita per ribadire che la scelta della donna va sempre rispettata e non imposta, sia per il sì che per il no, come del resto la legge 194 prevede.
    Mirella Bresci

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  5. EMANUELE GIACOMELLI SCRIVE

    Care Donne, vi ricordo che ogni piccolo gesto di amore, oltre a produrre grandi effetti, può capovolgere completamente le brutte situazioni.
    La sera della riunione, ho lanciato la soluzione per debellare il dolore che provoca la pratica di quella che chiamate “interruzione di gravidanza”.
    La donna che diviene normalmente madre, può scegliere di tenersi il bambino, oppure di ricevere un aiuto da una famiglia affidataria per poche ore al giorno, per settimane o più, oppure di dare in adozione il bambino e conoscere le tappe della crescita, oppure darlo in adozione nascondendo le origini, come la madre sceglie una di queste possibilità compie sempre un gesto nobile perché dice Sì alla Vita.
    Potete incominciare subito a pensarci ed a invertire la tendenza, fatto questo avvertirete già un senso di pace nel vostro cuore. Del passato nessuno vi rimprovererà ed anzi sarete le benvenute a darmi una mano nella “cittadella delle madri” che stiamo fortemente idealizzando io e altri miei amici.
    Vedete, io non potrei mai andare a lavorare nella clinica del Flamigni, in quanto sono convinto che là non si fanno cose buone; mentre lui potrebbe aiutarci a far nascere i nostri figli perché queste sono opere sante.
    La sera della riunione ho cercato di guardarvi in volto una ad una, siete belle, ma una cosa vi accomuna: la mancanza del sorriso, provate a darmi un pochino retta e vedrete un pezzo di paradiso. Ed ora infamatemi ed insultatemi ma ditemi, con semplicità in quanto ingenuo, dove sto sbagliando.
    Comunque vi amo lo stesso.

    Emanuele Giacomelli

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  6. che dire... ci sono anche i padri. Ci sono anche loro. Vedere l'altra faccia della medaglia rincuora e fa sperare in un mondo migliore dove al centro ci sia l'accoglienza della vita.
    Grazie Emanuele, tante donne ringraziano. Un sorriso.
    Renata

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