domenica 5 dicembre 2010

VIAGGIO NEL COMUNE DELLA LEGALITÀ


La legge è uguale per tutti - 1

Mentre il sindaco dal 4 dicembre lamenta sul suo blog che il centrodestra quarratino non è sensibile ai valori della legalità, e lo accusa di essere responsabile, con la sua non condivisione della linea di condotta dell’amministrazione, di quanto di male e di illegale ci sarà domani a Quarrata, con questa prima puntata Quarrata/news dà inizio a un viaggio all’interno della casa della trasparenza e della buona amministrazione: un viaggio da cui, forse, si potrà meglio vedere quali profondi valori di legalità animino il primo cittadino di Quarrata, a cui è dedicato questo incipit consacrato al dovere che abbiamo di parlare e raccontare ciò che vediamo.

Cu è orbu, surdu e taci
campa cent’anni in paci

Nella zona situata tra via Nuova e la strada che conduce a La Querciola, lungo il Fosso Quadrelli, fra  Casini e Caserana, chiunque fosse passato tempo addietro avrebbe visto dei capannoni costruiti a ridosso del corso d’acqua, proprio sull’argine.
Queste costruzioni erano state segnalate più volte come abusive e inammissibili da vari commenti sul blog di Mario Niccolai: eppure, nonostante che il blog della Casa delle libertà sia sempre stato una lettura ben frequentata anche dagli uffici comunali, nessuno aveva mai mosso un dito né visto nulla.
Oggi questo spettacolo non c’è più e alla luce di questo fatto, è forse più facile comprendere il motivo per il quale l’assessore Gaggioli, che in un primo momento si era dichiarato favorevole a fare una ricognizione degli abusi lungo i fiumi, avesse fatto dietrofront sùbito dopo: se si fosse mosso insieme a Massimo Bianchi (An-Fli), sarebbe dovuto necessariamente arrivare anche a questa situazione che non presentava – come si direbbe in gergo medico – una prognosi favorevole per il comune della legalità, dato che, a quanto si dice, le costruzioni sarebbero appartenute a quei proprietari terrieri che, quasi venti anni fa, avevano donato La Querciola al sindaco Marini: con la Casa di Zela che poi sarebbe diventata quello che è oggi, vale a dire un onere per il comune – pur se propagandato museo – e una pompata oasi faunistica.
Per togliere di mezzo le costruzioni c’è voluto, pensate un po’, un esposto bell’e buono: perché il comune della legalità, casa del sindaco della legalità incompreso dal centrodestra, da sé sembrava incapace di muovere un qualsiasi dito: di levarselo dall’orecchio, come dicono gli inglesi puritani che non vogliono rammentare il culo.
L’esposto, inoltrato il 12 aprile 2010, con foto e molto altro, fu indirizzato all’architetto Nadia Bellomo, responsabile del servizio lavori pubblici, funzionaria che – nonostante fosse stata responsabile del procedimento per la realizzazione del museo della civiltà contadina alla casa di Zela e, quindi, fosse necessariamente transitata dinanzi alle costruzioni abusive, si pensa, almeno qualche volta – niente aveva mai visto o sospettato.
Se pensate che siamo troppo cattivi, mettiamola da un altro punto di vista: cosa si può pensare di un funzionario che passa dinanzi a un abuso macroscopico e non lo rileva, se non che è sovranamente incompetente nel lavoro di cui è stato reso responsabile e per il quale riscuote un profumato stipendio pubblico? Ma vogliamo essere avvocati del diavolo anche contro il nostro stesso interesse: l’architetto Bellomo non si è accorta di niente perché non è mai stata di persona alla Casa di Zela. E allora, scusate, c’è da chiedersi che razza di responsabile sia di un procedimento, in cui si spendono vari miliardi, senza averlo mai seguìto neppure una sola volta. In altre parole, comunque, non si esce da una negligenza di gravità assoluta e imperdonabile.
Sì, è vero che il comune è intervenuto: ma lo ha fatto solo da dopo il 12 aprile 2010, da ultimo e per forza. Mentre fino da quando sono iniziati i lavori alla Casa di Zela – anche se di lì, comunque, sono passati tecnici comunali, amministratori, vigili urbani ogni volta che c’erano le Querciola in festa – ha sempre funzionato il proverbio siculo cu è orbu surdu e taci campa cent’anni in paci, proverbio che non siamo convinti che sia la prima regola della legalità di cui si professa portinsegna il sindaco Sabrina.
La quale, dinanzi a tutto questo, se davvero fosse legalitaria qual vuol fare credere di essere, in primis chiamerebbe o farebbe chiamare in commissione di disciplina la signora Bellomo con una serie di addebiti della più varia natura e caratura, e che non suggeriremo certo noi, anche se ne saremmo assolutamente capaci.
Lo farà? Su questo noi siamo molto scettici. E allora la legge è uguale per tutti o per gli amici si interpreta e per i nemici si applica?

Ce lo metta per iscritto il sindaco della legalità.

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.

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