di MARCO FERRARI
Contrariamente a quanto si possa
pensare, il monumento venne ultimato nel 1912 mentre l’inaugurazione avvenne
solo sette anni più tardi, nel 1920
GAVINANA. Il monumento equestre a Francesco Ferrucci (1489-1530) è un
imponente statua bronzea collocata nella piazza di Gavinana, intitolata anch’essa
al condottiero fiorentino. Il cavaliere è chiuso in un’armatura a piastre con
la visiera dell’elmo piumato alzata. La spada, impugnata con la mano destra, è
protesa verso l’alto, mentre con l’altra tiene le redini del destriero. Il
condottiero monta un cavallo finemente bardato che poggia a terra la zampa
anteriore destra e la posteriore sinistra.
L’opera, del senese Emilio Gallori
(Scultore, 1846-1924), è collocata su di un basamento di marmo bianco,
disegnato dallo stesso scultore, con incisa la dedica: “A Francesco Ferrucci /
Gli italiani / 1913”.
Contrariamente a quanto si possa
pensare, il monumento venne ultimato nel 1912, mentre l’inaugurazione avvenne
solo sette anni più tardi, nel 1920. La data riportata in epigrafe su di un
lato del monumento indica l’anno in cui era prevista la sua inaugurazione,
rimandata causa gli eventi bellici che sarebbero scoppiati poco dopo.
Il primo a manifestare la volontà per
dare un segno tangibile di riconoscimento all’eroe, fu lo scrittore e uomo
politico Massimo D’Azeglio (Torino, 24 ottobre 1798 – 15 gennaio 1866) che,
recatosi in visita a Gavinana nel 1840, volle almeno “porre una lapide sulla
sua tomba, onde non rimanesse così inonorata” [1].
Nel 1858 l’ing. Gaetano Niccoli di San
Marcello scrive al parroco di Gavinana, don Antonio Palmerini, ipotizzando la
costruzione di un pantheon in cui raccogliere tutte le memorie del condottiero
fiorentino [2]. Ma l’idea compiuta del monumento e il primo atto fattivo per la
sua costruzione vengono fatti nientemeno che da Giuseppe Garibaldi, recatosi in
visita a Gavinana il 15 giugno 1867, per onorare la memoria dello sfortunato
condottiero.
Garibaldi fu ospitato dal cav.
Cerimboli ed aprì una sottoscrizione pubblica con le seguenti parole in
epigrafe: “In questo termopile della libertà fiorentina noi sottoscriviamo per
un monumento al Leonida italiano Ferruccio adempiendo così ad un obbligo di
ogni uomo nato su questa terra d’innalzare un ricordo ad una delle più belle
glorie.”
La somma raccolta venne messa a
disposizione del Municipio di San Marcello.
Tempo neanche due giorni, la proposta
di Garibaldi venne approvata per acclamazione, ma in modo altrettanto rapido le
buone intenzioni caddero nel nulla e la somma sparì misteriosamente [3].
Successivamente furono costituiti, con
cadenza decennale, altri comitati mossi tutti dallo stesso intento dei
precedenti: erigere un monumento a Francesco Ferrucci. Nel giugno 1876 si
costituì in Firenze un comitato con presidente proprio Giuseppe Garibaldi; nell’estate
del 1888 si costituì a Gavinana il quarto comitato promosso da Giuseppe
Palmerini e Castruccio Chelucci.
Passano cinque anni e nel febbraio del
1893 Giuseppe Palmerini si fa nuovamente promotore dell’iniziativa costituendo
un nuovo comitato a cui partecipa anche il Sindaco di Cutigliano, anche questo
come i precedenti non porterà a nulla.
Si arriva al 1901. Per iniziativa di
Antonio Petrocchi si costituisce in Pescia il Comitato Nazionale, presieduto
dall’onorevole Gismondo Gualtierotti. Dopo cinque anni di quasi inattività del
comitato, il presidente scrive un accorato “appello a tutti gl’italiani per
avere il loro contributo all’attuazione del patriotico disegno” [4].
Grande fu il suo interessamento,
arrivarono molte sottoscrizioni, furono raccolti i fondi necessari per la
realizzare l’opera, il Regio Governo fornì a prezzo di favore il bronzo,
proveniente dai cannoni dell’Esercito e della Marina, necessario alla fusione
della statua, la Ditta Lombarda di Rezzato “offrì per il basamento la pietra di
botticino delle cave medesime da cui fu tratto il materiale per il monumento a
Vittorio Emanuele II a Roma”. La statua venne successivamente fusa presso le
fonderie Lippi di Pistoia e, causa le vicende della
Grande Guerra, fu collocata
nella piazza di Gavinana solo nel 1920. Per l’occasione dell’imminente
inaugurazione si costituì in Gavinana l’ultimo comitato, quello dei
festeggiamenti.
Per il valore simbolico e a causa del
campanilismo tra gli abitanti dei paesi della montagna, il monumento è stato
sovente oggetto di atti goliardici che ne hanno causato anche il
danneggiamento. Il primo episodio della metà degli anni 20 è raccontato in rima
dal poeta di Gavinana Giuseppe Geri, con un componimento dal titolo Gli
Sfregiatori di Monumenti:
GLI SFREGIATORI DI MONUMENTI
Successe l’altra notte a Gavinana:
hanno fatto uno sfregio al monumento
non per voler fare un complimento
l’han tinto di colore porcellana.
In quest’epoca poi repubblicana
nel secolo mille e novecento
si sente quasi un senso di sgomento
che vi sia la gente così insana
Non si può dire che sono ragazzate:
c’era gente coi baffi e con le ghette
e già maturi per le stupidate.
Ma se vogliono fare i mascalzoni
e sfogarsi con tinte e pennellate
se le diano per sé sopra i co...
Giuseppe Geri
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A FRANCESCO FERRUCCI
Regna la gloria tua ora e perenne
in tutto il mondo che di te parlò,
prode Ferruccio: e con gioia solenne
l’Italia questo bronzo consacrò.
Muto nel cuore il tuo dolore tenne
Secoli interi: e al fine si svegliò,
e del martirio tuo pianse e convenne
che per la libertà si consumò.
Tra questi monti, tra queste valli e
rupi
si disfece l’idea repubblicana
dal tradimento: e ritornaron cupi
pochi soldati, per la via montana,
e tra gli artigli come in preda ai
lupi
cadde il prode Ferruccio a Gavinana.
Giuseppe Geri
|
Il 4 agosto 1957, le cronache ci
raccontano che, alla vigilia delle imponenti celebrazioni ferrucciane, il
cavallo del Ferrucci venne dipinto a strisce bianche. Gli improvvisati
imbianchini, nella fretta, abbandonarono alla base del monumento, il barattolo
della vernice, il pennello e un cartello rimasto incompiuto con su scritto “attenzione,
tinge”.
Le rapide indagini svolte dai
carabinieri di San Marcello Pistoiese, portarono all’identificazione di cinque
giovani di Campotizzoro. La zebratura fu rapidamente tolta e le celebrazioni
non risentirono dell’inopportuno scherzo.
Un fatto simile si è ripetuto nel
giugno del 2005, quando, nottetempo, mani sconosciute dipinsero di rosso, con vernice
al minio, i testicoli del cavallo.
L’operazione condotta in modo maldestro
causò il distacco della staffa sinistra del cavaliere. La
statua nel 2011 in occasione delle celebrazioni del 150° dell’Unità d’Italia
e su iniziativa dell’associazione dei Lions Club della provincia di Pistoia, è
stata completamente restaurata ed ora è possibile ammirarla nel suo rinnovato
splendore.
Nessun dubbio
su come posizionare la
statua
La tradizione orale fornisce una
curiosa quanto gustosa ricostruzione relativa alla collocazione del monumento,
fornendo la “vera” motivazione del perché il cavallo fu orientato verso San
Marcello.
Siamo nel 1920, i trasporti da e
verso la montagna avvengono ancora utilizzando carri e carrozze,
trainati da cavalli.
Lungo i percorsi del tempo erano
diffuse le così dette stazioni di posta, luoghi dove dar ristoro agli
animali o dove effettuare, quando il percorso era particolarmente irto e
difficoltoso, il così detto trapelo. L’operazione consisteva nell’affiancare
ai cavalli stanchi altrettanti freschi, in modo da non dover interrompere il viaggio
per far riposare gli animali, ma aiutandoli nel traino.
Il trasporto dell’imponente statua di
bronzo, fusa nelle fonderie Lippi di Pistoia, fu lungo e difficile dato il
carico da portare a destinazione. Il convoglio arrivato a Bardalone sostò brevemente
alla stazione di posta, ubicata all’inizio dell’ultima salita che conduce al
passo dell’Oppio.
Qui venne chiesto il trapelo.
Inspiegabilmente fu però negato e le povere bestie dovettero affrontare da
sole, contando solo sulle residue forze, anche l’ultimo tratto di salita.
Arrivati finalmente a destinazione, in piazza a Gavinana, non vi furono dubbi
su come posizionare la statua: il muso venne orientato verso San Marcello, e… il
culo verso Bardalone.
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– – –
[1] La tradizione narra che Francesco
Ferrucci venisse sepolto sotto la gronda della chiesa. M. D’Azeglio, I Miei
Ricordi, Rizzoli Editore, Milano, 1956, pp. 428-429.
[2] Milziade Ricci, Per la Gloria di
Francesco Ferrucci, Alberto Pacinotti, Pistoia, 1920, pp.67-76.
[3] Ibidem
[4] Ibidem
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[Sabato 26 ottobre 2013 | 17:43 - © Quarrata/news]
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