domenica 27 ottobre 2013

SCENOGRAFICA LEZIONE DI SOLIDARIETÀ


di LUIGI SCARDIGLI

Tutto il teatro in piedi a applaudire Pennac e ‘L’occhio del lupo’ ieri in prima nazionale

PISTOIA. È vero, era pieno soprattutto di studenti, ieri sera, il Manzoni di Pistoia, ad assistere alla prima nazionale del riadattamento teatrale de L’occhio del lupo, di Daniel Pennac. Ma al termine della rappresentazione, un’articolata, simpatica, originale e profondamente morale messinscena, anche i più grandi non si sono sottratti dalla necessità di alzarsi in piedi ed applaudire, calorosamente, tutti i protagonisti.

Ad iniziare da quelli del Funaro, il Centro culturale dell’omonima via pistoiese, che dopo anni di sottotraccia, seppur sontuosa e qualificata, è uscito allo scoperto firmando questa importante collaborazione che non può che segnar l’inizio di un sodalizio che vivrà altri momenti artistici di rilievo.
C’era anche lui, addirittura, Daniele Pennacchioni, un po’ troppo prima donna, ad esser sinceri, ma l’occasione straordinaria glielo ha consentito, quasi imposto. Il protagonismo dell’autore della favola però è stato perfettamente bilanciato dalla bravura, straordinaria, mista ad una dose di eccessiva umiltà, forse, dei due mattatori, Vincent Berger e Habib Dembelè, Africa e il lupo azzurro, ma anche il mercante, il ghepardo, il dromedario, la iena, il leone e tutti i personaggi, molti dei quali appartenenti al mondo animale, che popolano il racconto. Una storia piccola, elementare, frutto della semplice osservazione e della straordinaria immaginazione dell’autore, che trent’anni fa, in qualità di professore liceale, passava, per recarsi a scuola, tutti i giorni davanti alle gabbie dei lupi di un giardino zoologico.
Fu lui, Pennac, ad essere sollecitato dal fatto che uno di loro, un siberian asky, trascorresse tutto il proprio tempo a fare avanti e indietro all’interno della gabbia. Era rimasto solo, dopo la morte della propria compagna e l’allora professore credette opportuno raccontarla, quella storia. Affidò il tutto ad un osservatore d’eccezione, un bambino africano. E da qui, il passo ai giorni nostri, ai migranti di Scicli, agli osservatori di colore, è breve, brevissimo, naturale.
Parrebbe facile, giustappunto adolescenziale, mettere in scena una sequenza di fertili e modificabili immaginazioni, ma senza l’audace camaleontismo dei due attori, facilitati dalla mobilità dei piani di scena, l’operazione L’occhio del lupo non sarebbe riuscita tanto felicemente. Alla difficoltà oggettiva, aggiungeteci poi che si recitava in francese e che nonostante la storia fosse nota a tutti quelli che han popolato la sala, il teatro si sa, è ricco ed inimitabile per le espressioni, le movenze, le scene, i respiri.
Sospeso, tra il palco e il tetto, un pannello, sul quale sono apparse le conversazioni tradotte in italiano, ad un’altezza dove è stato possibile leggere le traduzioni simultanee della recita senza distogliere lo sguardo dalle movenze degli artisti, un piccolo e gradito esercizio visivo: tenere un occhio sul palco e inviare l’altro un po’ più in su, a seguire il testo.
Chissà quale dei due fosse quello del lupo.

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Domenica 27 ottobre 2013 | 11:50 - © Quarrata/news]

Nessun commento:

Posta un commento

MODERAZIONE DEI COMMENTI

Per evitare l’inserimento di spam e improprie intromissioni, siamo costretti, da oggi 14 febbraio 2013, a introdurre la moderazione dei commenti.
Siamo dispiaciuti per i nostri lettori, ma tutto ciò che scriveranno sarà pubblicato solo dopo una verifica che escluda qualsiasi implicazione di carattere offensivo e penale nei loro interventi.
Grazie.