di EDOARDO BIANCHINI
Quando resistere in giudizio ‘porta
male’ – E ora dovranno essere i cittadini a pagare di tasca propria 161.252,22
€ più interessi, rivalutazione, spese legali e quant’altro? – Qualche domanda
per Abati e Cei
PISTOIA. Stasera ci cade l’occhio su un documento (il provvedimento
2309/AGL del 28 ottobre 2013) destinato a non vedersi quasi, pur se pubblicato
sul sito dell’Asl 3 di Pistoia.
L’oggetto è infatti talmente
intrasparente (INPGI c/Usl – Liquidazione e pagamento a saldo studio legale
associato Ghelli-Biagioni di Pistoia) che rischia di passare inosservato: ma se
andiamo a leggere tutta la storia che è contenuta nell’atto stesso, si rizzano
i capelli perfino ai calvi, garantito.
Allora: cominciamo da capo e vediamo
come viene speso il denaro dei contribuenti pistoiesi dai vertici della nostra provvida
Usl.
Primo dato. Il 30 ottobre 2008 gli ispettori di vigilanza dell’Inpgi
(Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani) con verbale n.
79/2008 notificato il 21 novembre 2008, disposero, a carico di Asl 3 Pistoia,
il pagamento della somma di € 161.252,22 (di cui € 112.207,00 a titolo
di contributi; € 217,00 a titolo di interessi e € 48.328,00 a titolo di
sanzioni per non avvenuto pagamento) per l’omesso versamento, all’Istituto di
Previdenza Giornalisti, di contributi dovuti per due addetti dell’ufficio
stampa dell’Asl.
Secondo dato. L’Asl 3 decise di resistere in giudizio e dette mandato all’Avv.
Andrea Ghelli per proporre opposizione innanzi alla Direzione Generale del
Lavoro di Roma.
Terzo dato. La Direzione Generale respinse il ricorso con decisione del
10 marzo 2009.
Quarto dato. L’Asl 3, con deliberazione 171 del 10 aprile 2009, confermò
mandato al medesimo Avv. Ghelli per proporre opposizione innanzi al Tribunale
di Roma – Sezione Lavoro.
Quinto dato. Nel 2011, con sentenza 1134, Il Tribunale di Roma rigetta l’opposizione
dell’Asl: l’Asl 3 prende torto su tutta la linea e ora dovrà pagare la cifra
addossatagli di € 161.252,22 (ovviamente con interessi, rivalutazioni, spese di
giudizio e quant’altro) e con in più la cifra di 5.640 a saldo delle competenze
dello Studio Ghelli-Biagioni di Pistoia.
Abbiamo ricostruito correttamente la
vicenda? E se le cose stanno davvero così, a quanto ammonterà il tutto, al
centesimo? Dovrà dircelo, a questo punto, la Direzione Generale dell’Asl: a cui
ne facciamo espressa richiesta con questa nostra nota.
Quello che ci indigna e scandalizza è la
sostanziale incapacità di una azienda pubblica di arrivare a capire –
nonostante profumati stipendi a dirigenti e uffici legali – che i contributi
vanno pagati e che in questo Stato, sia pure scassato quanto ognuno vuole, in
cui tutti esaltano non solo i valori costituzionali, ma anche quelli del
rispetto della legalità, è inammissibile che a non pagarli sia proprio una
azienda di rossa sanità democratica e toscana.
Riflettendo: se un fatto come questo
succede in una azienda privata, si alzano mille scudi a favore del rispetto
delle regole e si spezzano mille lance a favore dei diritti del lavoratore
(vedi cosa accade con gli ispettori dell’Asl per la medicina del lavoro).
Se invece questo avviene in una azienda
pubblica, che ha obblighi cento volte più forti e cogenti di rispettare
strettamente tutte le regole (e diciamo tutte!) di legge, ecco che la faccenda,
se non arriva un caso fortuito a farcela cadere sotto gli occhi, finisce con il
passare sotto silenzio: e alla fine tutti questi quattrini è costretto a
pagarli quel popolo che non conta un cazzo (citazione dal “Marchese del
Grillo”, sorry…) a cui si disfà l’ospedale di San Marcello e chi s’è
visto s’è visto?
C’è da chiedersi: è giusto tutto
questo? È politicamente corretto? È morale? O non sarebbe piuttosto il caso di
farne oggetto di denuncia alla Corte dei Conti, chiedendo, al contempo, che a
pagare fossero, giustamente e secondo le regole di Dio, tutti quei dirigenti e quei
dipendenti che hanno sbagliato causando un danno di questa portata che non può
essere, come al solito, spalmato sempre e solo sul groppone già fin troppo
curvo del povero Pantalone?
È una domanda assoluta per il Dottor
Roberto Abati e l’Avvocato Luca Cei.
Ed è assoluta perché in un Paese
davvero civile, invece di far finta di niente, come di solito accade a casa
nostra, chi rompe paga e i cocci sono suoi.
[Questo intervento è pubblicato come
espressione di libera critica ex art. 21 Cost.]
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Mercoledì 30 ottobre 2013 | 18:39 - © Quarrata/news]
Queste pubbliche amministrazioni hanno qualche problemino a capire. E certe condanne sono giuste. Non sarebbe male se quei soldi li rimettesse il direttore generale del tempo, quello che si oppose in modo così bischero ...
RispondiEliminaEgregio professore,
RispondiEliminaD'Alema riferedosi a Renzi afferma che lui: "Con quella bocca può dire ciò che vuole". Io dico che loro (rossi - democratici - integerrimi moralisti - rispettosi maniacali della legalità) possono fare di tutto e di più. Perchè il male dell'Italia è stato ed è (grazie a Dio ancora per poco) solo ed esclusivamente il Caimano. E' d'accordo?