di EDOARDO BIANCHINI
Necessario cambiare mentalità o il
rischio che si corre è quello di una delocalizzazione verso città e aree più
vive e in linea con le necessità del tempo difficile che stiamo vivendo
PISTOIA. O si capisce che occorre cambiare assolutamente rotta,
oppure per la città e l’intera provincia non c’è speranza.
È questo, in sintesi il tragico messaggio
lanciato stamattina all’Assoindustria di Pistoia, dove è stato presentato il
rapporto «Le costruzioni a Pistoia. Aggiornamenti di congiuntura».
Il quadro è drammatico: il settore, che
maggiormente ha trascinato e di solito trascina l’economia, sta scendendo ai
minimi storici con una rotta di inversione in picco di caduta libero verso i
livelli di quasi venti anni fa.
Ma chi è che deve cambiare rotta e
mentalità? Per Andrea Gualtierotti i soggetti sono due: da una parte i politici,
con la loro politica che non sa programmare né tantomeno decidere per soluzioni
adatte a una vera ripresa; e dall’altra le banche, che non sanno sostenere il
settore trainante, quello dal cui benessere dipendono anche i benesseri di
molti altri settori, compreso quello del mobile quarratino, ad esempio.
A Pistoia, per citare, le banche hanno
fatto registrare un calo di interventi del 40% nel settore degli investimenti,
mentre a livello nazionale il medesimo dato si è limitato a un –9%: e già
questo è un quasi da suicidio.
I politici, dal canto loro, non hanno
capito che per mantenere in vita un settore che a sua volta mantiene in vita
l’economia locale, non è più il caso di ragionare in termini di nuove
costruzioni (l’invenduto è raccapricciante – ed è,
per esempio, notizia odierna che in Spagna si è presa la decisione di abbattere
l’invenduto per non avere dinanzi agli occhi città fantasma, piene di case e
vuote di uomini), solo per fare cassa con gli oneri di urbanizzazione, ma è il
momento di puntare su altro, su interventi, cioè, di ristrutturazione e di
manutenzioni infrastrutturali, spostando l’operatività del settore dalla
nevrosi delle cattedrali fiammanti a un regime più serio e concreto in
direzione pubblica di riqualificazioni e miglioramenti dei servizi. Opere
pubbliche, quindi, non nuove costruzioni che nessuno andrà ad abitare. E se i
politici non capiscono questo – è stato detto – è l’ora di ‘mandarli a casa’.
Anche Daniele Pacini, Presidente dell’associazione E-Cultura, ha insistito sul
tema dell’inadeguatezza di politica e banche: le quali – ha sottolineato –
devono aprirsi alla prospettiva secondo cui non stanno lì solo a finanziare le
garanzie offerte da chi chiede liquidità, ma, piuttosto, a sostenere la
validità dei progetti. Perché o si ragiona in questi termini e con questi
parametri – ha detto – o la partita è persa in partenza, e non solo per il
territorio, ma, in seconda battuta, per le banche stesse, che, è ovvio, vivono
e prosperano solo se anche l’economia può vivere e prosperare.
Ornella Vannucci (Cassa Edile) ha sinteticamente
accennato alla spaventosa flessione dell’occupazione (da 3200 iscritti a 1700
nel medio periodo) come dato sconvolgente dell’intero sistema in disfacimento. Ma
la situazione più analiticamente tragica è venuta da Renzo Vettori, che ha
commentato, passo passo, la débâcle del settore dal 1997, anno
dell’espansione del mercato, fino ad oggi, in cui si nota una sorta di stallo
(anche nelle vendite) che però si sta assestando sui limiti di circa 15 anni fa
– e non è certo una situazione rosea.
A livello regionale, tra l’altro,
Pistoia si presenta come la provincia peggio conciata sotto ogni profilo.
Anche perché, è stato detto a chiare
note, il Comune non è in buona sostanza capace di presentare progetti per poter
attingere ai finanziamenti regionali (Piuss, ad esempio) mentre altre città
(Lucca, Pisa…) procedono speditamente e con grande vitalità nella direzione di
una consistente movimentazione grazie alla quale riescono ad inserirsi su
posizioni e scalini estremamente più avvantaggianti rispetto alla piccola e
neghittosa Pistoia.
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[Giovedì 31 ottobre 2013 | 18:55 - © Quarrata/news]
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