PISTOIA. Stamattina la collega Cristina Privitera scrive sulla Nazione:
BUONA DOMENICA. MAXI-AMMANCO. INDIGNAZIONE
E AVVILIMENTO
NON SI SA se dirsi più indignati o più avviliti di fronte ai
particolari del mega ammanco della Comunità montana. Al di là della sorte
giudiziaria che toccherà all’ex economo Giuliano Sichi, accusato di peculato e
in parte reo confesso, due elementi lasciano sbigottiti. Uno riguarda quanti
sono stati accanto a lui — perché avevano compiti di controllo, o lavoravano
insieme o ancora proprio a lui pagavano, ad esempio, la legna — nel decennio
oggetto dell’indagine per peculato. Solo due anni fa quattro impiegati lo hanno
denunciato.
E prima? Tutti gli altri? Eppure le voci sul conto dell’operato non
proprio limpido dell’ex responsabile, così come sul suo tenore di vita ben
oltre le disponibilità ufficiali, circolavano eccome. Lo scenario dove si è
svolta la vicenda non è una metropoli, ma un pugno di paesi che non raggiungono
i diecimila abitanti, dove tutti si conoscono e spesso hanno anche legami di
parentela... Come non definirlo un clima di omertà?
Secondo fatto, ancora più avvilente.
Secondo l’accusa, gli accertamenti della Finanza hanno calcolato la somma di
denaro pubblico finito nelle tasche di Sichi in quasi un milione e 200mila euro
in dieci anni, ovvero 120mila all’anno esentasse. Quasi 500mila euro vengono
indicati come proventi della vendita della legna. In proporzione, con tutti
quei soldi pubblici spariti, avremmo potuto pagarci venti stipendi a medici
ospedalieri o quaranta mesi di lavoro di insegnanti.
E oggi che siamo tutti a tirare la
cinghia, perché di soldi pubblici non ce n’è, sarebbe il caso di indignarci
tutti un po’ di più. E chi deve controllare, d’ora in poi, per favore,
controlli meglio.
APPREZZO MOLTO quanto dice la collega, perché cerca di far capire
chiaramente – a chi di dovere – che i giornalisti non sono stupidi e
vedono. Vedono anche quello che sembra (almeno fino a questo momento) che chi
di dovere non abbia mai visto o ancora visto… a dovere.
Il problema che la collega solleva è,
però, anche un altro: quello dell’omertà. Solo che qui non si tratta, credo, unicamente
di omertà di un gruppo di paesi montani: troppo riduttivo e semplificante.
Qui, in questa città e in questa
Provincia, c’è un silenzio ermetico da tutte le parti e a tutti i livelli, indistintamente
e da sempre.
Che le cose non andassero affatto in
Comunità – spiace dirlo, ma siamo in uno strapaese e ne siamo coscienti
tutti – lo sapevamo tutti e fin dall’epoca della storia squallida dei rimborsi-spese
Gualtierotti-Giandonati: se non erro denunciati e lasciati cadere nel vuoto del
silenzio, tanto che, se non ci fosse stata l’opera della Corte dei Conti,
neppure qualche migliaio di euro si sarebbe potuto ripigliare «oggi che siamo tutti a tirare la cinghia», come scrive il caposervizio della Nazione.
Se poi si ripassano, dalla A alla Z,
tutte le vicende ammnistrative poco chiare di questa città e di questa
provincia – e, con l’occasione, potremmo anche farne una dettagliata storia
infinita –, vedremo che, se di silenzi e omertà ce ne sono stati, tutto ha
trovato buona accoglienza in primo luogo proprio nelle case pubbliche del
potere.
Anche Pistoia è stata l’Italia del
post-Tangentopoli, che piaccia o no. In linea con questo ventennio dissoluto.
Non sarebbe l’ora di farla finita con
un bel colpo di spugna, chi di dovere?
Edoardo Bianchini
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[Domenica 5 maggio 2013 | 10:15 - © Quarrata/news]
Boh!
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