di FELICE DE MATTEIS
Dieci
milioni di euro sono circa 20 miliardi delle vecchie lire: è mai possibile che
tutto debba passare sotto un colpo di spugna di una salviettina detergente?
PISTOIA. Non essendo dentro “le
segrete cose” della Fondazione Caripit, possiamo solo provare ad intuire quale
dovrebbe essere il comune senso di responsabilità dei componenti il Consiglio
medesimo davanti alla notizia, non ufficialmente smentita, di dieci milioni (10.000.000
) di Fresh che la Fondazione Caripit ha acquistato dal Monte dei Paschi.
La
prima domanda dovrebbe essere spontanea e cioè: chi ha consigliato tale
acquisto?
È
il primo e più importante passaggio per eliminare un lecito sospetto di intrecci
fra finanza, parentele e sostegni amicali da convertire, a breve termine,
questo sì, in bonus socio/politico spendibile sul territorio.
Un’altra
considerazione viene spontanea e non è quella letta sui giornali “allineati”
secondo i quali il vulnus di dieci milioni di Fresh è compensato
dagli accantonamenti previsti per legge e quant’altro; un quant’altro che non
possono essere dieci milioni di carta riciclata quali i Fresh.
Se
non si possiede la competenza specifica – e chi scrive non l’ha – di conoscere i meccanismi
che stanno alla base delle operazioni borsistiche con tutti i loro annessi e
connessi, si può però avere l’intelligenza di comprendere che una certa
operazione è stata fatta e che questa si è dimostrata “sballata” e fallimentare.
Essendo
stata una operazione sballata, ci saranno pure coloro o colui che l’ha pensata,
proposta, fatta accettare e posta in essere: ci sembra un discorso terra
terra, ma chiaro chiaro.
Chiaro
al punto da doversi porre una ulteriore domanda; meglio, porla al Consiglio
della Fondazione Caripit: se mai qualche componente abbia sentito il dovere di
chiedere ufficialmente conto dell’operazione strampalata, e pretendere, dagli
artefici di questa indubbia mala gestione, un atto necessario e conseguente.
È
stato chiesto al Monte? È stato chiesto alla Fondazione?
Ci
rivolgiamo al Consiglio affinché qualche Uomo con la U maiuscola e che
si professi tale, abbia il coraggio di chiedere conto di ciò che è stato architettato
e realizzato male.
Sicuramente
l’Uomo perderà la benevolenza di rais-Ivano, ma ne acquisterà in decoro
personale verso se stesso e verso la collettività pistoiese turlupinata. E lo
faccia o lo facciano pubblicamente, per sgangherare – una volta per tutte –
quella muraglia cinese murogommosa di silenzio che caratterizza e domina
la vita economica, politica e sociale di questa assurda città rimasta alle
fazioni (trasversali) del Medioevo.
Se
anche questa “schifezza” dovesse cadere nell’oblio forzato e gattesco di chi fa
la cacca e la ricopre tanto ha da passà ’a nuttata, allora vorrebbe dire che
il business prevale sull’etica, il personale tornaconto sopravanza e sommerge
le cattive azioni e la melma che sta soffocando Pistoia prende ancora più
consistenza, con una passata di fazzolettino detergente.
Alla
faccia di tanti bei discorsi su politica e Vangelo, di tanti inchini, e di
tante inginocchiate e segni della croce con le punte delle dita intinte
nella pilla dell’acqua santa del Duomo di San Zeno (di silenzio, sin qui, fin
troppo pieno).
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Domenica 3 febbraio 2013 | 11:30 - © Quarrata/news]
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