di LUIGI SCARDIGLI
PISTOIA. Viaggia contromano, soprattutto controtempo, Enrico Bini.
Lo dico perché dopo aver ascoltato, ore ed ore, il suo Cd, Una rosa rosa, che presenterà ufficialmente domenica 3 marzo al
piccolo Teatro Bolognini, a Pistoia, ho ricevuto, via mail, la copertina del
cofanetto, con grafiche e nomi dei sessionisti.
Ha anche provato a spiegarmelo, il suo
lavoro, Enrico, concludendo le poche righe con l’annuncio che nel giro di
qualche anno uscirà il suo terzo lavoro (il primo è Fine pena mai) che si intitolerà Io mi chiamo Enrico.
Sono partito da questo dato, che
parrebbe irrisorio, per cercare di capire e addirittura comunicarvi quali
sensazioni possa lasciare l’ascolto del nuovo lavoro di Enrico Bini. Gli curerei
volentieri un video, di questo Cd, scegliendo, a caso, una delle 11 tracce che
sono presenti all’interno e lo ambienterei con una location minimale e
minimalista. Quattro poltrone in paglia, sfilacciate, rese piacevoli e
addomesticabili da morbidi cuscini sulle quali siedono, come nel quarto di
copertina, Enrico Bini (chitarra e voce), Daniele Nesi (basso e contrabbasso),
Carlos Alberto Perez (percussioni) e Giacomo Lauria (tastiere), che sono gli
artefici, insieme ad altri musicisti, della registrazione.
Le quattro poltrone le disporrei, a
mezza luna, attorno ad un tavolino basso di legno, sul quale giacciono, vivi,
ma in pace e senza alcuna propensione alla belligeranza, quattro calici nei
quali è già stato ripetutamente versato del Sassicaia; il tavolino lo disporrei
asimmetricamente rispetto alle poltrone e lo porrei a debita distanza da un
camino nel quale bruciano, scoppiettando, legni di quercia e faggio. Le
telecamere sarebbero cinque e l’intero video giocherebbe su alcuni piani fissi
dall’alto e su alcuni giochi incrociati di primi piani, dai quali si
evincerebbe il gusto ameno della conversazione, ma non il suo significato.
Bene, Una rosa rosa è davvero una piacevole degustazione musicale dove la
poesia non conduce in alcun posto se non in quello dove si vorrebbe andare
prima di iniziare ad ascoltarlo. La copertura musicale è una serena e
paradossale colonna sonora sorretta, con la grazia e il disincanto, oltre che
dai musicisti citati nel video che non si farà mai, anche da Janko al basso, Paolo
Scali ai fiati, Mario Marmugi alla batteria, Silvano Borsi alla fisarmonica e
Silvia Nerozzi alle voci.
Non vi aspettate nulla di nuovo, dall’ascolto
di questo lavoro, ma dopo averlo sentito questo Cd sarete propensi a metterlo
al suo posto nella raccolta che custodite in sala, tra i libri e i Dvd. E se no
avrete seguito, nel vostro puzzle mnemonico, ordini alfabetici o cronologici,
vi consiglierei di mettere Una rosa rosa
tra Fabrizio De André e Jimmi Fontana. Così, quando vorrete ascoltare qualcosa
che esula da metriche discografiche senza avere la presunzione di voler
insegnare qualcosa a qualcuno, tirate fuori ancora una volta Una rosa rosa: fatelo con una certa
solerzia, però, perché conoscendo Enrico non è da escludere che il terzo
conosca la luce molto prima di quanto lui stesso abbia pronosticato.
No, non soffre ansie prestazionali,
Enrico Bini, ha solo uno splendido rapporto con se stesso e con la gente che
gli gravita attorno ed è per questo che raccoglie, sistematicamente, piccoli e
confortanti incoraggiamenti, quelli che fanno sì che la sua musica e le sue
poesie, care e delicate, affatto uniche, men che mai provvidenziali, non si
facciano dimenticare.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Lunedì 4 febbraio 2013 | 10:37 - © Quarrata/news]
ci hai fatto vedere un bel video.
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