Una mail di Valentina Lenzi alla
Presidente Fratoni – «Ci hanno tagliato
tutto perché gli italiani sono troppo arrendevoli dinanzi ai guai della
politica»
PISTOIA. Giro la mail che mi è arrivata con preghiera di
pubblicazione perché la ritengo emblematica di una situazione di grave disagio
di molti di giovani che abitano in queste zone montane e periferiche.
Cordiali saluti
Samuele Pesce
Legambiente Pistoia
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From: Valentina Lenzi [mailto:lenzi.valentina3@***]
Sent: lunedì 4 febbraio 2013 12.03
Cc: Prof. L Baldi; Marcello; Samuele Pesce; Lucia Baldi
personale
Subject: 118, UNIVERSITÀ E PORRETTANA
Buongiorno,
mi chiamo Valentina Lenzi, ho 23
[anni] e vivo a Gaggio Montano, un piccolo paese in provincia di Bologna
situato nell’Appennino Tosco-Emiliano.
Ho avuto occasione di conoscerLa
già 3 anni fa ad un incontro a Pracchia riguardo la chiusura della ferrovia
Porrettana per poi rincontrarla al Convegno “Mordi la mela della salute: H4
lavori in corso” tenutosi a Montecatini lo scorso 24 gennaio.
Sono ormai trascorsi 4 anni e mezzo
da quando decisi di iscrivermi all’Università degli Studi di Firenze per
frequentare il CdL di Infermieristica a Pistoia.
Di certo non fu una scelta così
scontata abitando in provincia di Bologna e in una zona un po’ isolata, ma alla
fine ha prevalso la scelta “toscana” essendo tutto sommato più vicina (Pistoia
dista da Gaggio 40 km a differenza di Bologna 65 km). Poi, a quel tempo, da
Porretta partiva un treno per Pistoia a tutte le ore (o quasi) e questo rendeva
più facile la mia vita da pendolare, comunque intensa considerato il percorso
di studi (frequenza obbligatoria, tirocinio ecc.) e la stagione invernale
(quando si mette a nevicare diventa difficile partire di casa alle 5.30 del
mattino per essere in tirocinio alle 7!).
A studi terminati posso comunque
dire che, se tornassi indietro, lo rifarei!
Certo, le cose stavano
diversamente: come già detto c’erano 24 treni e non 12 come ora, il primo
partiva alle 5.40 da Porretta ed era con quello che riuscivo ad essere in
ospedale per le 7.
La mia vita da studentessa è stato parecchio “travagliata”:
La mia vita da studentessa è stato parecchio “travagliata”:
– il primo anno non fu facile perché
il corso si svolgeva ancora alle Sbertoli e, ci tengo a ricordarlo, non erano
raggiungibili in autobus, sicché bisognava organizzarsi con qualcuno per un
passaggio in macchina (alla fine l’unione fa sempre la forza!).
– il trasferimento della sede
presso l’Uniser semplificò la mia vita da studentessa, alla fine dovevo solo
attraversare il passaggio pedonale della stazione ed ero in università! Ma,
come tutte le cose belle, anche questa è durata davvero poco: dopo il
provvedimento della regione di DIMEZZARE i treni della Porrettana, ho dovuto
riorganizzare la mia quotidianità per ben 3 volte visto che questo “peggioramento”
del servizio è stato studiato in modo così repentino da convincere la gente che
“alla fine non cambia nulla”... E così da 24 treni siamo prima passati a 12
treni e 12 bus, poi a 12 treni e 10 bus ed infine 12 treni con orari “rivisitati”
e 8 bus con servizio Copit integrato.
Morale della favola: ho girato gli
ultimi 6 mesi in macchina avendo in tasca un abbonamento Trenitalia di cui non
potevo usufruire causa “forze maggiori”.
Laureata, mi giunge voce che pare
prossima la chiusura della sede universitaria di Pistoia e al Convegno imparo
anche che si vuole chiudere il 118 di Pistoia.
Ora, della Porrettana si dà la
colpa alla “scarsa utenza” che accede al servizio, alla chiusura dell’università
“no money”... e per il 118?
Che tra l’altro, voglio
ricordare, è il secondo in Italia per la tempestività e la buona riuscita degli
interventi attivati su arresti cardiaci (e questo non l’ho detto io, bensì
Fabio Pronti, direttore del 118 di Pt e mio professore).
I cittadini pagano le tasse per
avere dei SERVIZI.
Si possono (Porrettana prima,
Università e 118 dopo) chiamare “SERVIZI”?
Sono amareggiata, e molto anche,
per questa situazione che ormai si protrae da tempo.
E la colpa è, prima di tutto, di
noi italiani che viviamo una situazione di rassegnazione totale, vivendo giorno
dopo giorno con la filosofia che “bisogna accontentarsi, di grazia che il treno
passa ancora, che all’Uniser c’è ancora la corrente elettrica e che in ospedale
c’è ancora chi ci cura anche se senza siringhe”, invece di PRETENDERE ed
ESIGERE di più, perché ci spetta.
Poi è colpa anche delle
istituzioni che si dimenticano facilmente che prima di essere “uomini politici”
sono anche loro “cittadini”, come me e come Lei.
Non riesco e NON VOGLIO
rassegnarmi all’idea di dover dire ai miei figli (se mai ne avrò) passando un
giorno da Pistoia “ecco vedi, qui a sinistra c’era l’Università dove sono
diventata infermiera e a destra arrivava il mio piccolo, ma sempre bel trenino
che tutte le mattine prendevo per venire a studiare”.
Valentina Lenzi
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Lunedì 4 febbraio 2013 | 20:51 - © Quarrata/news]
molto bella la testimonianza.
RispondiEliminaha colto il problema centrale della nostra crisi, che non è lo spread ma la rassegnazione.
su la testa !