lunedì 4 febbraio 2013

DA GAGGIO MONTANO A PISTOIA: L’AVVENTURA DI UNA POVERA ‘CRISTA’


Una mail di Valentina Lenzi alla Presidente Fratoni  – «Ci hanno tagliato tutto perché gli italiani sono troppo arrendevoli dinanzi ai guai della politica»

PISTOIA. Giro la mail che mi è arrivata con preghiera di pubblicazione perché la ritengo emblematica di una situazione di grave disagio di molti di giovani che abitano in queste zone montane e periferiche.
Cordiali saluti
Samuele Pesce
Legambiente Pistoia
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From: Valentina Lenzi [mailto:lenzi.valentina3@***]
Sent: lunedì 4 febbraio 2013 12.03
Cc: Prof. L Baldi; Marcello; Samuele Pesce; Lucia Baldi personale
Subject: 118, UNIVERSITÀ E PORRETTANA

Buongiorno,
mi chiamo Valentina Lenzi, ho 23 [anni] e vivo a Gaggio Montano, un piccolo paese in provincia di Bologna situato nell’Appennino Tosco-Emiliano.

Ho avuto occasione di conoscerLa già 3 anni fa ad un incontro a Pracchia riguardo la chiusura della ferrovia Porrettana per poi rincontrarla al Convegno “Mordi la mela della salute: H4 lavori in corso” tenutosi a Montecatini lo scorso 24 gennaio.
Sono ormai trascorsi 4 anni e mezzo da quando decisi di iscrivermi all’Università degli Studi di Firenze per frequentare il CdL di Infermieristica a Pistoia.
Di certo non fu una scelta così scontata abitando in provincia di Bologna e in una zona un po’ isolata, ma alla fine ha prevalso la scelta “toscana” essendo tutto sommato più vicina (Pistoia dista da Gaggio 40 km a differenza di Bologna 65 km). Poi, a quel tempo, da Porretta partiva un treno per Pistoia a tutte le ore (o quasi) e questo rendeva più facile la mia vita da pendolare, comunque intensa considerato il percorso di studi (frequenza obbligatoria, tirocinio ecc.) e la stagione invernale (quando si mette a nevicare diventa difficile partire di casa alle 5.30 del mattino per essere in tirocinio alle 7!).
A studi terminati posso comunque dire che, se tornassi indietro, lo rifarei!
Certo, le cose stavano diversamente: come già detto c’erano 24 treni e non 12 come ora, il primo partiva alle 5.40 da Porretta ed era con quello che riuscivo ad essere in ospedale per le 7.
La mia vita da studentessa è stato parecchio “travagliata”:
– il primo anno non fu facile perché il corso si svolgeva ancora alle Sbertoli e, ci tengo a ricordarlo, non erano raggiungibili in autobus, sicché bisognava organizzarsi con qualcuno per un passaggio in macchina (alla fine l’unione fa sempre la forza!).
– il trasferimento della sede presso l’Uniser semplificò la mia vita da studentessa, alla fine dovevo solo attraversare il passaggio pedonale della stazione ed ero in università! Ma, come tutte le cose belle, anche questa è durata davvero poco: dopo il provvedimento della regione di DIMEZZARE i treni della Porrettana, ho dovuto riorganizzare la mia quotidianità per ben 3 volte visto che questo “peggioramento” del servizio è stato studiato in modo così repentino da convincere la gente che “alla fine non cambia nulla”... E così da 24 treni siamo prima passati a 12 treni e 12 bus, poi a 12 treni e 10 bus ed infine 12 treni con orari “rivisitati” e 8 bus con servizio Copit integrato.
Morale della favola: ho girato gli ultimi 6 mesi in macchina avendo in tasca un abbonamento Trenitalia di cui non potevo usufruire causa “forze maggiori”.
Laureata, mi giunge voce che pare prossima la chiusura della sede universitaria di Pistoia e al Convegno imparo anche che si vuole chiudere il 118 di Pistoia.
Ora, della Porrettana si dà la colpa alla “scarsa utenza” che accede al servizio, alla chiusura dell’università “no money”... e per il 118?
Che tra l’altro, voglio ricordare, è il secondo in Italia per la tempestività e la buona riuscita degli interventi attivati su arresti cardiaci (e questo non l’ho detto io, bensì Fabio Pronti, direttore del 118 di Pt e mio professore).
I cittadini pagano le tasse per avere dei SERVIZI.
Si possono (Porrettana prima, Università e 118 dopo) chiamare “SERVIZI”?
Sono amareggiata, e molto anche, per questa situazione che ormai si protrae da tempo.
E la colpa è, prima di tutto, di noi italiani che viviamo una situazione di rassegnazione totale, vivendo giorno dopo giorno con la filosofia che “bisogna accontentarsi, di grazia che il treno passa ancora, che all’Uniser c’è ancora la corrente elettrica e che in ospedale c’è ancora chi ci cura anche se senza siringhe”, invece di PRETENDERE ed ESIGERE di più, perché ci spetta.
Poi è colpa anche delle istituzioni che si dimenticano facilmente che prima di essere “uomini politici” sono anche loro “cittadini”, come me e come Lei.
Non riesco e NON VOGLIO rassegnarmi all’idea di dover dire ai miei figli (se mai ne avrò) passando un giorno da Pistoia “ecco vedi, qui a sinistra c’era l’Università dove sono diventata infermiera e a destra arrivava il mio piccolo, ma sempre bel trenino che tutte le mattine prendevo per venire a studiare”.
Valentina Lenzi

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[Lunedì 4 febbraio 2013 | 20:51 - © Quarrata/news]

1 commento:

  1. molto bella la testimonianza.
    ha colto il problema centrale della nostra crisi, che non è lo spread ma la rassegnazione.

    su la testa !

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