di LUIGI SCARDIGLI
MONSUMMANO. Mi sono sentito un po’ frastornato, ieri sera, al termine
del monologo di Sabrina Impacciatore sul palco del teatro Montand di Monsummano
alle prese con la straziante rivisitazione del romanzo di Natalia Ginzburg, È stato così. Anzi, ad essere onesto, il
senso di totale smarrimento l’ho percepito dopo le prime battute della sua
interpretazione, perché lo abbiamo capito tutti, quelli che non si sono persi
lo spettacolo, che la 44enne romana tutto è fuorché una raccomandata, un’intrusa,
un’ex velina, tanto per intenderci; e poi non è nemmeno bellissima, né alta,
formosa, accattivante.
Una donna per nulla fatale: a patto che non la si metta
su un palcoscenico e la si lasci sola con la sua vita; perché allora diventa
letale!
Quando è terminato il monologo,
ambientato con una scenografia volutamente, debitamente e strategicamente povera,
sono corso nei camerini e sono andato a chiedere scusa, prima che
complimentarmi, con la mattatrice: era spossata! Quel trucco rovinato da un
pianto artificiale con il quale si è presentata in scena si era del tutto impadronito
delle pieghe del suo viso, prostrato da uno sforzo di immedesimazione di rara
bellezza e profondità. Un’ora di incalcolabile tenerezza, inchiodata su quello
scranno regale e tombale dal quale ha permesso solo alle urla strazianti,
isteriche, illuse, derise di questa povera donna di liberarsi in volo e
arrivare, come tempesta, nelle orecchie, nei cuori e nell’ammirazione dei
presenti, ai quali saranno venute in mente le rime dolcissime e tragiche della
canzone di Fiorella Mannoia, Quello che
le donne non dicono.
Il resto, tutto il resto, le mani, i
piedi, la testa, le gambe, sono restati impietriti, come crocifissi alla
passione, alla storia secolare delle distrazioni, quelle che sovente, troppo
sovente, le compagne di viaggio soffrono nei confronti dei loro nocchieri,
falsi cavalieri e pessimi amanti. Solo gli addominali hanno continuato a
flettersi, regalando al diaframma la dovuta elasticità con la quale ha modulato
il dolore della sofferenza patita e di quella inferta: il disgusto dei primi
amplessi e la rinata tenerezza, mista ad erotismo, degli incontri amorosi dopo
la morte della bambina; e solo un fermacapelli, a forma di rosa, che non è
riuscito a contenere le vibrazioni emotive che han pervaso il corpo della
protagonista e quello degli spettatori rovinando a terra nel bel mezzo della
rappresentazione. Ma lì è restato, stordito, forse, anch’esso.
Lo uccide, il marito, la giovane
insegnante, lo uccide dopo 4 anni di matrimonio con quella pistola che lui
custodisce, gelosamente, nel cassetto della scrivania dello studio che chiude a
chiave ogni volta che deve uscire per trascorrere il suo tempo migliore in
compagnia di Giovanna, l’amante irraggiungibile, sadica, disumana, che riesce
comunque a distoglierlo dagli affetti più cari e sinceri della moglie anche al
cospetto della nascita della loro figlia.
E sarà proprio la morte della neonata,
avvenuta in una stanza d’albergo di Sanremo, dove la madre è andata in
compagnia dell’amica di sempre, Francesca, a metabolizzare il tradimento e l’abbandono
del marito, a scatenare, nella madre, il senso di rivincita.
Un’altalena di emozioni, colori, suoni,
frequenze, stati d’animo che si sono liberati del tutto dal fardello della
rappresentazione solo quando i riflettori hanno iniziato a ridurre la loro
efficacia luminosa e il pubblico, che non stava più nella pelle spazientito dal
volersi ad ogni costo sdebitare per tanto calore, ha potuto finalmente alzarsi
in piedi ed applaudirla con un senso di appagamento e riconoscenza tangibili,
tradotti in pratica da una raffica di brava
che l’hanno del tutto tramortita, fino a farla caracollare.
Grazie, Sabrina Impacciatore, grazie
per una serata che dimenticherò difficilmente e ti prego di accettare, con l’umiltà
che contraddistingue un prevenuto pentito, le mie scuse: sei bravissima!
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 16 febbraio 2013 | 09:10 - © Quarrata/news]
Come vedi Luigi avevo ragione... il mitico Buoncompagni non ne sbaglia mai una!
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