martedì 14 maggio 2013

“LIBERTÀ AL TEMPO DELLA CRISI”, OVVERO DISCUTERE DI UN PAESE AL NAUFRAGIO

di PAOLA FORTUNATI

VENERDÌ 3 maggio, si è svolto un bell’incontro dal titolo “Libertà al tempo della crisi” organizzato dall’associazione culturale “Sur les murs” e dal movimento liberale dei “Tea Party”, il cui coordinatore in Toscana è Luca Benesperi. Il confronto è stato mediato da Francesco Cipriani dell’associazione “Sur les Murs”.
Le posizioni messe a confronto erano sostenute da una parte dal Prof. Marco Tarchi, docente universitario presso la facoltà di Scienze Politiche di Firenze e ideologo della Nuova Destra italiana, dall’altra da Davide Giacalone, editorialista, pubblicista e direttore di Rtl 102,5.
La serata, molto partecipata in particolare da giovani, si è sviluppata intorno ai temi della genesi della crisi quindi del ruolo di banche e finanza, del rapporto tra crisi e la “ventata” di antipolitica nell’Europa odierna e del rapporto sussistente tra politica e sistema bancario. Per finire con quali avrebbero potuto essere le possibili vie d’uscita.
Gli oratori, dalle posizioni a tratti diametralmente opposte, hanno fornito ottimi spunti di riflessione sulla questione della globalizzazione e in che termini questa, nell’attuale momento di crisi economica, sociale e culturale, incide sulle libertà di ciascuna persona e agente di mercato.
Marco Tarchi è ricordato come l’ideologo della Nuova Destra italiana, che si avvicina alla Nuovelle Droite francese di Alain Benoist, che aveva tentato di svecchiare il dibattito politico e culturale all’interno della destra sociale italiana; fu il creatore della rivista la Voce della Fogna ed esponente del Fronte della Gioventù.
Lo scenario politico su cui Tarchi fa il punto della situazione vede i partiti tradizionali sgretolarsi lentamente, in Italia e non solo, a vantaggio di nuovi soggetti politici lontani eredi del fascismo “meno di destra” ma soprattutto dei “populismi” demagogici che non si riconoscono nelle dinamiche della democrazia liberale e rappresentativa che oggi traballa un po’ in tutta Europa.
Finisce per dichiarare che non sa se usciremo dalla crisi da destra da sinistra o dal centro perché essenzialmente non sa se ne usciremo... essenzialmente a causa del debito pubblico che malgrado i tagli cresce di mese in mese. Tuttavia, sostiene, il meccanismo di opposizione bipolare funziona come fascia di contenimento contro sbilanciamenti eccessivi. Da questo ne guadagna il centro e così è per le istituzioni sovranazionali per cui a meno di ulteriori fattori di avvitamento della crisi è proprio dal centro che possiamo attenderci la salvezza.
Dal canto dei Tea Party, Davide Giacalone, liberale e liberista convinto quanto più è dato oggi in Italia, è distinto e distante dallo Stato che avvelena di tasse, che inceppa i meccanismi della produzione ostruendo ogni possibile fuoriuscita di sana creatività tipica di quello che è il più bello ed il più libero paese del mondo. Giacalone ci richiama a dove ci troviamo: stiamo facendo l’aperitivo sotto il fregio robbiano dell’Ospedale del Ceppo ed è per noi del tutto normale, quante piazze belle di storia e di opere d’arte immortali abbiamo, c’è l’imbarazzo della scelta in questa nostra Italia e quindi facciamola girare facciamola produrre e riconosciamo come cittadini tutti quelli che lo desiderano perché il mondo è senza confini, la globalizzazione non è di là da venire, è del tutto realizzata e sfidante.

Davide Giacalone non ha fiducia nel fatto che lo Stato sia in grado di risolvere la crisi

Anzi ritiene “che la violenza potrebbe crescere, spinta dalla crisi. Più di una sirena suona questo allarme, mentre c’è chi giustifica (Boldrini), chi prevede (Grillo) e chi ammonisce (Alfano). C’è un nesso, un filo di continuità, fra la violenza di ieri e quella di oggi? Fra gli anni di piombo e quelli di odio? È possibile che torni il passato? Nel ricordare, oggi, le vittime del terrorismo sarà bene non dimenticare che c’è chi sta lottando fra la vita e la morte, colpito dalla terrificante nullità di un criminale, salutato dalla presidente della Camera come una “vittima”. Gli ipocriti compatitori odierni sono come i cattivi maestri d’un tempo?
Il passato non torna. Gli anni di piombo furono il pezzo di una storia più grande, quella della guerra fredda. I terroristi di allora ebbero istruzione e appoggi logistici dai servizi dell’est. Alcuni di loro, come Mario Moretti, erano agenti dell’est. Tanti altri erano dei cretini ideologizzati soggetti d’imbarazzante ottusità, davvero convinti di star completando l’opera dei partigiani. Eppure, tanto vuoto culturale fece gran moda nei salotti, nelle redazioni, nelle case editrici. Non ebbe mai seguito di massa, anche se si sosteneva il contrario.”...
“Oggi è tutto diverso. Nelle redazioni ci sono ancora i raccomandati dall’estremismo di ieri, sicché sono come i reduci che credono sia unica nella storia la loro (farlocca e profittatrice) guerra. Nelle case editrici hanno le pezze al sedere, e comunque non producono roba leggibile. Eppure non c’è da prendere la cosa sottogamba, perché, a naso, direi che il potenziale seguito odierno e maggiore di quello che fu”.
Ma dal punto di vista della tenuta sociale la crisi farà da detonatore? Questo è il punto più importante: non la crisi, ma l’impossibilità di usare la spesa pubblica. Oggi quello strumento è inceppato.
Ci si è impegnati, per anni e anni, a ripetere e dimostrare che i guai dei molti derivano dalle colpe di pochi. S’è soffiato sull’odio politico, sociale, fiscale, ora anche sessuale. Il linguaggio pubblico s’è sempre più involgarito, riflettendo pensieri a loro volta zotici. Quindi è arrivato Giuseppe Grillo, che ha dato proiezione parlamentare a questa minestra, aggiungendo la condanna della violenza, però, e ritraendosi quando ha rischiato d’innescarla. Ora vedo che c’è chi gli fa concorrenza, scavalcandolo nel giustificare, tollerare, sollecitare.

E così sull’imposizione fiscale, ormai intollerabile, Giacalone parla dell’Imu e della lotta ingaggiata dai governanti per conquistare consensi su questo argomento

L’Imu è diventato un totem, una palo simbolico cui si danza intorno. Chi per trovare la propria identità e chi per far cadere il governo. A forza di danzare si perde anche l’orientamento, oltre che la memoria. Il che induce lo sciamano democristiano, il grande capo Letta Enrico, a esser fiducioso nel supporre di potere cucinare i danzatori uno a uno, nel lento fuoco della perdita di tempo.
La cosa grottesca, però, è che in un gioco politico normale noi dovremmo avere la destra che propone di gravare il meno possibile sulle imprese e la sinistra che prova a difendere i consumatori, invece abbiamo la destra che reclama la detassazione della prima casa. Non ne faccio una questione morale, che del moralismo fiscale ho piene (anzi: vuote) le tasche, ma segnalo quanto il caos confonda le idee. Nella sostanza, comunque, il gettito Imu è pari a 24 miliardi l’anno, di cui 4 vengono dalle prime case. Non vedo perché sarebbe risolutivo cancellare i 4 (che non lo saranno) e lasciare i 20, posto che in alcuni settori, come quello agricolo, sono più che sufficienti per portare fuori mercato non pochi produttori.
Dice la sinistra: lasciamo l’Imu ma esentiamo i redditi bassi. Una bella gara: la destra che propone di cancellare l’imposta e la sinistra gli imposti, ma intente ad azzuffarsi. Segnalo, però, che in Italia sono tutti redditi bassi, tranne uno sparuto drappello di masochisti fiscali. Segnalo, inoltre, che le patrimoniali si commisurano al patrimonio, non al reddito. Insomma, ballano attorno al totem ma non sanno più, da una parte e dall’altra, che cavolo di danza stanno facendo.
Da qui il sorriso sornione dello sciamano: rimandiamo tutto, approfondiamo, non cancelliamo, ma ripensiamo. Semmai mancassero soldi li prendiamo da un’altra parte. Così saranno contenti le capre e i cavoli (scelga ciascuno come distribuire le parti), salvo il fatto che a pagare saranno, più o meno, le medesime tasche.

Come andrà a finire? E chi vi dice che andrà a finire? Andrà nel calderone del sistema fiscale da rimodellare...
Nessuno dei due interlocutori si azzarda a fare previsioni meno che vaghe sulla possibilità di uscire dalla crisi ma nell’argomentare, nel trascorrere della serata, si è capito bene che ad ogni ragazzo che lascia l’Italia, l’Italia perde forza, perde ricchezza e del resto in Italia oggi i giovani non possono immaginare di comprarsi una casa e anzi devono fare un grande sforzo per pagare l’Imu su quella che gli hanno lasciato i nonni. Dobbiamo uscirne, bisogna solo capire se lo Stato è la soluzione o se non lo sia il mercato...

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[Martedì 14 maggio 2013 | 08:10 - © Quarrata/news]

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