di EDOARDO BIANCHINI
Una vita stravolta in cui la
maleducazione fa parte della normalità
FIGURATEVI se io sono uno che si scandalizza.
Nasco, fortunatamente, da famiglie di
contadini, boscaioli e falegnami e sono abituato all’essenziale.
In casa mia il riscaldamento arrivò
dopo il 1965; la televisione nel 1966, l’anno in cui feci la maturità, quando
si portavano ancora non solo tutte le materie, ma anche i riferimenti (ed erano
tanti) delle materie dei primi due anni del triennio: non come volle la cultura
sessantottarda, solo quattro materie di cui due scelte dal candidato e altre
due scelte… sempre dal candidato grazie alla sapiente opera del membro interno,
se era bravo a politicare con le commissioni esterne, che venivano anche
al Forteguerri spendendo finanche 15 milioni di lire a testa perché i
commissari prendevano alloggio alla Locanda Maggiore di Montecatini (ma vi
sembrano cose serie…?).
Eppure tutti andavano a farsi esaminare
da commissari feroci, ma nessuno, la sera prima degli orali (che si facevano in
due passate: materie letterarie e materie scientifiche) si metteva a fare le
bizze dicendo domani non vo perché ho paura…
Imbecilli perché figli di una cultura oppressiva – così ci hanno
chiamato i rivoluzionari che oggi sono in Parlamento ai costi che
sappiamo e ai vertici della Dirigenza voluta da quella mente sopraffina di
Bassanini, Pd) – oggi assistiamo agli spettacoli più inammissibili senza
battere ciglio: dalla presenza di gente gnuda in biblioteca (vedi),
alla strolaghità dei dipendenti (pubblici o di aziende aperte al
pubblico) che vanno in ufficio, la mattina, vestiti come Rom, tatuati come la
gente di Rapa Nui, strambellati e in ciabatte e, come la Filippa, con la gomma
in bocca, pronti a masticare come somari in calore. E spesso e volentieri, con
avvenenti signore, anche ultracinquantenni, con il bellico all’aria e le
scigrigne di ciccia che straborda come l’arista da dietro le legature a spago.
Ho visto persone, dinanzi a una
giudicessa di conciliazione, presentarsi con dei rasta lezzi e non lavati da
mesi, senza che la giudicessa si sia minimamente indignata; è famoso il video della
giovane professoressa di matematica che, quasi spogliata, in classe, si faceva
infilare le mani dentro i pantaloni sul culo facendo finta di nulla; o del
prof. che entrò in classe vestito da donna e con le scarpe col tacco: e c’è chi
si scandalizza di una Minetti-monaca in un ambiente chiuso e privato.
Non sto facendo apologia di Berlusca:
anzi, la notizia del Pdl che grida «o grazia o salta il Governo», la considero
una disgrazia nazionale degna di questo Paese da cui scappare; una iattura che
mi scandalizza fino al midollo e che mi fa incazzare senza limiti perché, se
grazia ha da essere, grazia sia per tutti – anche per i reati molto meno gravi.
Ma ieri mattina, in un supermercato di Pistoia,
mentre stavo comprando il pane, ho notato – con altrettanta schifata indignazione
– un signor commesso che sistemava la merce sugli scaffali mentre urlava a
squarciagola: «Hanno condannato il maiale! Ora fo festa!», aggiungendo, più o
meno, che voleva far bisboccia. Niente di male se fosse stato a Santomato alla
Festa del Pd, di sera e fuori servizio: ma non lì, in un luogo dove la gente
che va – e che per me può essere come vuole di destra o di sinistra,
di alto o di basso – porta soldi che pagano anche lo stipendio a quel vivace
disprezzatore di maiali: che almeno dovrebbe rispettare perché gli offrono il
proprio corpo per permettergli di continuare a vivere grazie ai loro poveri
prosciutti squartati.
Dice bene Mario Bonesi nel suo commento
al post Bertinelli,
chiudila!, quando sostiene che la San Giorgio non va chiusa: il nostro
titolo era unicamente provocatorio.
Solo che ci dobbiamo dare una mossa. Subito.
E la politica lo deve fare per prima: o se ne vada tutta a casa.
Prima del fare occorre l’impegno
del ri-fare: rifare dalle fondamenta la zucca degli italiani, la loro non-educazione
che, tra liberismo permissivista da scuola materna e sperimentalismi
psicologici alla Basaglia, hanno mandato a farsi fottere ogni regola di minimo
rispetto sociale e umano, quando tutti sanno che senza regole niente è
possibile, perché su di esse si basa la convivenza, accettata o coatta che sia
(cioè: democratica o totalitaria).
Non si può rischiare che domani alla
San Giorgio, come in ogni qualsiasi altro ufficio pubblico dove esponiamo la
nostra e la bandiera dell’Unione, la gente vada a prendere il sole con il cane,
l’infradito, la sdraio, l’ombrellone, la birra e il panino con il lampredotto
perché… tanto che vuoi che sia!
E magari un bel rutto improvviso che
rimbomba nella penombra.
[Questo intervento è pubblicato come
espressione di libera critica ex art. 21 Cost.]
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[Sabato 3 agosto 2013 | 11:46 - © Quarrata/news]
Non solo condivido e sottoscrivo ma aggiungo, in qualità di insegnante, che è proprio la scuola a doversi far carico di rimettere le regole, perché la minima decenza si impara da piccini o mai più. Ai genitori che brontolano e appoggiano le intemperanze dei figli, non siamo in tempo a insegnare più nulla.
RispondiEliminaIo credo che il tempo sia scaduto,dott. Bianchini.Lei ha insegnato come chi Le scrive,e quindi la colpa è anche nostra. Se non altro quella di avere consentito ad incompetenti travestiti da professori con le loro lauree politche e voti garantiti a priori nei loro falsi esami, di istruire una generazione di acefali che non sanno di essere tali. Questo è il dramma. Affidiamoci alla Cultura od a quello che ne resta . In Egitto hanno fatto ricorso ad un Nobel per la Pace, noi dobbiamo accontentarci da Dario Fo.Non so che dire. Mi scusi.
RispondiEliminaSe mi permette, mia no.
EliminaSarà stata di politici, presidi beneficati dai politici e ispettori infedeli.
Io non ho mai avuto le mani in pasta in operazioni di quel genere, in immissioni in ruolo di emeriti coglioni incompetenti e/o gente che non ha mai lavorato, ma sempre riscosso.
Non mi sento, quindi, assolutamente di dover dire che la colpa è “anche” mia.
Dove non c'è regola non ci possono stare i frati, diceva mia nonna. Sembra roba di secoli fa!
RispondiEliminaNella frammentazione dell'oggi, con l'io che è diventato "ego" sproporzionato, l'affermazione di sé può lasciare spazio al noi? La pretesa di una "felicità" ora e subito, la ricerca dell'emozione nell'immediatezza può riservare l'ebbrezza dell'attesa di qualcosa di meglio per un domani?
La scuola ha una grande importanza e, per le nuove generazioni, la formazione, quella che introduce alla cultura e supera l'effimero, che dà forma ad una comunità, è garanzia di futuro.
E' speranza: quella che manca oggi.
Con tre figli, con oltre venti anni di "frequentazione" in ogni ordine e grado, statale e non statale mi domando: della scuola (e non solo) si è parlato quasi esclusivamente in termini di scarse risorse economiche, di rivendicazioni sindacali e di inadeguatezza degli edifici. Senza negare queste difficoltà, è utopia pensare ad una scuola che si fa palestra di vita e dove si potrà parlare anche in termini di educazione, di formazione della persona e non solo di "istruzione"?
Renata Fabbri
Che dire ancora davanti ad un articolo come questo? Belissimo e drammatico allo stesso tempo. Ma purtroppo, se tante delle persone a cui potrebbe essere rivolto (politici, educatori, ecc) si sono ormai bevuti il cervello in questa Italia in disfacimento morale, rischia di essere quantomeno un ammonimento che passa inosservato come tanti.
RispondiEliminaDa appassionato di calcio concludo con un paragone non calzante, magari, ma che mi viene spontaneo: se Bianchini invece che un giornalista fosse un giocatore, paragonando il suo articolo ad una partita, lo definirei "uno di quei giocatori che da soli valgono il prezzo del biglietto".
Piero Giovannelli
Caro Giovannelli,
Eliminase lo ricorda “Fahrenheit 451”, il film del 1966 diretto da François Truffaut?
Noi che ancora vediamo e sentiamo, siamo esattamente come i libri-uomo che, in quella tragica pellicola (1966!), preannunziavano il “Medioevo prossimo venturo” (Roberto Vacca). Che ormai è qui, fra di noi.
Ciò non toglie che non dobbiamo mantenere la memoria del libro che abbiamo imparato a mente per salvarlo, mentre l’opera su carta è stata gettata alle fiamme.
La storia, che non insegna nulla, fa però vedere senza incertezze che esistono i corsi e i ricorsi.
Dopo il Medioevo tornerà un Umanesimo e poi un Rinascimento.
Non importa che noi ci siamo o no. L’essenziale è che esistano persone che si sgomentano della barbarie e consegnano i loro pensieri – semplici, umili, ma veri – a coloro che dovranno far rinascere un fiore dal deserto…
Grazie delle sue belle parole!
Edoardo Bianchini