di LUIGI SCARDIGLI
Dagli Inti-Illimani a Marlene Kuntz, fino alla inimitabile
Loredana Bertè
FIRENZE. Si inizia con la notte delle cover, martedì 27 agosto, per
arrivare all’epilogo del cartellone, giovedì 12 settembre, con l’esibizione dei
Gatti Mezzi in compagnia della
pianista Giulia Mazzoni. Nel mezzo, sempre sul palcoscenico dell’ObiHall, a
Firenze, nell’occasione platea musicale della Festa Democratica 2013, altri sei
concerti di considerevole interesse: i Marlene
Kuntz (venerdì 30 agosto), che saranno seguiti, il 3 settembre dai Whisky Trail, prologo, per il 5
settembre, dello spettacolo di Daniele Silvestri.
Mauro Ermano Giovanardi sarà
il personaggio che animerà il quinto appuntamento in scaletta (7 settembre),
mentre mercoledì 11 settembre, a 40 anni dal golpe cileno, il gruppo storico
degli Inti-Illimani, intonerà la
canzone dei ricordi e delle occasioni, tutte, sprecate.
Ma il motivo per cui mi preme
segnalarvi la rassegna musicale fiorentina è soprattutto dettato dalla
terzultima tappa del prestigioso cartellone, quella che coincide con l’esibizione
(domenica 8 settembre) di Loredana Bertè, 63 anni spesi seguendo solo e soltanto
un filo ideale: il suo. Una voce portentosa, sensualissima, musicale, adorata e
presa spesso e volentieri in prestito da personaggi di calibro superiore: Ivano
Fossati su tutti; un corpo – almeno in gioventù – che ha suscitato parecchie
fantasie, tanto che anche la rivista Playboy
decise di immortalarla senza velo alcuno; una stravaganza al limite del
ragionevole, un’eccentricità spesso imbarazzante e una dose di pura follia
mista a totale disincanto che l’hanno sistematicamente tenuta lontano e a
riparo dall’onda conformistica che sovente riporta a riva anche spiriti
parecchio audaci.
Lei è rimasta lì, vestita di nero,
spettinata e truccata fino all’inverosimile, appollaiata su quel trespolo che
nessun maroso è riuscito a sradicare continuando a cantare le sue canzoni,
vocalismi preziosi, reggae graffianti, jazid pregevoli, rock genuini, senza
sapere e curarsi mai di chi e quanti fossero in attesa del suo turno. Loredana
Bertè, nata tre anni prima nello stesso giorno e mese (20 settembre) della
sorella Mia Martini, ha preferito, pagando a caro prezzo, non rinunciare a se
stessa in nome di tutto quel che gira intorno: ha solo e soltanto cantato; come
musa ispiratrice di Andy Warhol e preziosa collaboratrice di Pino Daniele,
tributando a Luigi Tenco i più alti onori e portando in scena un giovanotto di
nome Enrico Ruggeri, duettando con Enrico Lavezzi ed Edoardo Bennato. C’è stato
il tempo dell’amore consumato, e che amore: una delle più folli anime dello
spettacolo, Loredana Bertè, sposa uno delle ultime reincarnazioni dei Bronzi di
Riace, lo scultoreo, taciturno, incommensurabile tennista svedese Bjorn Borg.
Matrimonio burrascoso, come tutta la sua vita, come tutta la sua musica.
Domenica 8 settembre, se l’entourage
delle Bertè me lo concederà, gradirò intervistarla: le chiederò, espressamente,
di intonare, sul palco – qualora il brano in questione non fosse in scaletta – Jazz, versione italiana, liberamente
inventata, più che tradotta, di Brazil,
un vago originale affidato a 4 tra le voci più belle del mondo, quelle dei Manhattan Transfer.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Giovedì 22 agosto 2013 | 11:59 - © Quarrata/news]
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