domenica 18 agosto 2013

COMUNITÀ MONTANA. MA OLTRE AL REO CONFESSO NON TOCCHERÀ MICA SOLO AD APOLITO E FEDELI?


di FELICE DE MATTEIS

SAN MARCELLO-MONTAGNA. C’è un qualcosa di sottilmente inquietante nel corsivo che La Nazione, a firma di Davide Costa, ci ha offerto oggi sulla vicenda ex Comunità Montana nelle figure dei due dirigenti di vertice Rosa Apolito e Roberto Fedeli per i quali entro il 31 luglio 2013, si sarebbe dovuta emettere la decisione relativa al ricorso presso il Giudice del Lavoro, presentato dai medesimi, avverso il loro licenziamento.

BASSI PROFILI
E GRANDI DISASTRI

DA QUANTO abbiamo letto su Pistoia in questi ultimi due anni – e lo abbiamo letto su giornali stimatissimi anche da parte delle sinistre, quali la Repubblica e il Corriere – una cosa è emersa con solare evidenza: che i tutor della legalità locale hanno mantenuto, forse, profili di attenzione bassi (per loro stessa ammissione) o fin troppo bassi: tanto che molti eventi si sono lasciati dissolvere come le bollicine effervescenti di una bottiglia di acqua minerale lasciata stappata, di cui non c’è bevuta più sgradevole.
Come a Montecatini non si moriva mai (era la battuta normale nella redazione della Nazione quando vi lavoravo anch’io negli anni 70), così a Pistoia non è mai successo niente che abbia visto coinvolti politici e amministratori pubblici, mentre nel 75% delle altre Province d’Italia ne sono successe di tutti i colori. E vi sembra possibile?
Bel paese, codesto, esclama quel demente di Calandrino in Boccaccio, quando Bruno e Buffalmacco gli danno a intendere che esiste il paese di Bengodi.
Bel paese è questa virtuosa Pistoia, in cui spariscono milioni, ma il responsabile, alla fine è uno solo, più due – in aggiunta come il papero della novella boccacciana – ma con responsabilità che però hanno solo connotazioni di illecito amministrativo.
Ha ragione De Matteis quando scrive che se il Capo è Capo, deve sapere per forza ed essere comunque correo!
E se ciò vale solo per il Berlusca, beh, siamo davvero in un Paese di Bengodi per qualcuno, di gogna per altri, di merda per tutti i cittadini espropriati attraverso le tasse (granducali e statali) e gli sperperi e i ladrocinii pubblici più o meno ignorati e fatti sbollire.
Nemmeno un revisore dei conti si è accorto di nulla? E se così è, chi li ha diplomati e laureati questi eccelsi somari che hanno riscosso per una loro conclamata e dimostrata incapacità professionale? Almeno rendano alla Montagna quel che alla montagna hanno tolto.
E dunque ci pensi bene la giustizia, se non vuole che la gente creda che, alla fine, è davvero Silvio che ha ragione!
e.b.

[Questo intervento è pubblicato come espressione di libera critica ex art. 21 Cost.]
Non viene posto il lecito dubbio che mentre per appurare l’autodenuncia del sig. “G.S.” e il suo ammanco sono occorsi alla Magistratura ben 26 mesi, arrivando alla sua incriminazione “anche” per peculato, nel caso dei due dirigenti si dà quasi l’impressione di voler sollecitare la Magistratura del Lavoro a porre termine al giudizio e chiudere definitivamente la questione iniziata con il ricorso il 12 luglio 2012 e il cui esito era previsto per il 31/7/2013, cioè dopo dodici mesi.
Due pesi e due misure? Perché tanta fretta? Le responsabilità del “G.S.” e quelle dell’Apolito e Fedeli sono, a nostro avviso, ben distinte e diverse; tutti se ne rendono conto, ma il voler ridurre il tutto, da una parte, ad una autodenuncia edulcorata da tutti i benefit possibili che la legge prevede (nessuna custodia cautelare, beni restituiti, nessun pericolo di inquinamento prove [!] etc.) e, dall’altra, ad un eventuale licenziamento, non chiuderebbe la questione, anzi, la ingigantirebbe.
Non si comprendono infatti:

– la lungaggine delle indagini penali e il relativo rinvio a giudizio di una sola persona;
– il crucifige, seppur amministrativamente legittimo, di due persone sulle quali fare ricadere tutta la sciagurata e perversa gestione della ex Comunità Montana;
– “la messa è finita, andate in pace” o, meglio, “chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato”. Troppo comodo per chi, come noi, ha seguito la vicenda e anticipato gli eventi e le probabili soluzioni.

Non siamo assolutamente soddisfatti, con buona pace dell’editorialista de La Nazione, che la storia debba finire con un giudizio di sola responsabilità amministrativa.
La politica se ne esce pulita e intonsa e “personaggi” che hanno preso dimora nella ex Comunità Montana per anni ed anni, ininterrottamente, assieme ai revisori dei conti che hanno certificato i bilanci negli anni, la dovrebbero fare franca?
Se vale il principio, dottamente espresso dalla Suprema Corte di Cassazione (che ridondanza di nome!) secondo cui il Capo essendo capo, anche se non sapeva, proprio perché Capo, è colpevole comunque, perché questo principio non deve valere per quei politici che in Comunità Montana hanno svernato?
E se ci si è avvalsi dell’illuminato concetto del principio del “concorso esterno in associazione mafiosa”, perché non applicare, allora, lo stesso concetto di “associazione a” per i politici di lungo corso che, ricoprendo ruoli di massima responsabilità nel disciolto ente, niente hanno mai visto, sentito e peggio ancora messo in atto per salvaguardare la integrità patrimoniale dei beni pubblici loro affidati e la sicurezza al lavoro dei dipendenti?
Parliamoci chiaro: una giustizia siffatta è roba da quarto mondo e lo stesso finale dell’editoriale de La Nazione la dice lunga sul metodo di indagine quando, scoprendo l’acqua calda, domanda: «E di chi è la colpa del mancato controllo nei confronti dell’ex economo della Comunità Montana?».
Addirittura le condanne di Gualtierotti e di Giandonati appaiono come granelli di sabbia nel vasto mare della incapacità politico/gestionale profusa negli anni dai soliti politici di lungo corso i quali potranno anche farla franca davanti alla magistratura penale ed amministrativa (che come sappiamo è organo terzo dello Stato Repubblicano, incorruttibile, insensibile alle lusinghe della politica e via discorrendo), ma non davanti alla pubblica opinione che ha chiaramente compreso come dalla mala politica sia disceso a grappolo il degrado della Montagna, inesorabile nel tempo e nei suoi frutti con l’Ospedale Lorenzo Pacini, ultima gemma di sì preziosa corona (funebre).
Auguri a Gualtierotti per il suo ricorso e soprattutto a Fedeli e Apolito per non divenire, loro soli, i capri espiatori di una vicenda vergognosa e non riducibile a semplice incuria o incapacità amministrativa.
Poiché, altra balla, bisogna avere fiducia nella Giustizia, restiamo fiduciosi in attesa.
E come vorremmo essere contraddetti e fare pubblicamente ammenda del nostro cattivo pensare!

[Questo intervento è pubblicato come espressione di libera critica ex art. 21 Cost.]

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[Domenica 18 agosto 2013 | 19:10 - © Quarrata/news]

2 commenti:

  1. E intanto, anche per pressoché totale insipienza di un ceto politico oltretutto sempre meno votato (a San Marcello l'attuale sindaco "governa - si fa per dire - con neppure il 30 per cento dei voti), la Montagna Pistoiese muore.

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  2. devo correggere : - il 19,7% degli aventi diritto!
















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