di FELICE DE MATTEIS
SAN MARCELLO-MONTAGNA. C’è un qualcosa di sottilmente inquietante nel corsivo che La
Nazione, a firma di Davide Costa, ci ha offerto oggi sulla vicenda ex
Comunità Montana nelle figure dei due dirigenti di vertice Rosa Apolito e
Roberto Fedeli per i quali entro il 31 luglio 2013, si sarebbe dovuta emettere
la decisione relativa al ricorso presso il Giudice del Lavoro, presentato dai
medesimi, avverso il loro licenziamento.
BASSI PROFILI
E GRANDI DISASTRI
DA QUANTO abbiamo
letto su Pistoia in questi ultimi due anni – e lo abbiamo letto su giornali
stimatissimi anche da parte delle sinistre, quali la Repubblica e il Corriere
– una cosa è emersa con solare evidenza: che i tutor della legalità locale
hanno mantenuto, forse, profili di attenzione bassi (per loro stessa ammissione)
o fin troppo bassi: tanto che molti eventi si sono lasciati dissolvere come
le bollicine effervescenti di una bottiglia di acqua minerale lasciata
stappata, di cui non c’è bevuta più sgradevole.
Come
a Montecatini non si moriva mai (era la battuta normale nella redazione della
Nazione quando vi lavoravo anch’io negli anni 70), così a Pistoia non
è mai successo niente che abbia visto coinvolti politici e amministratori
pubblici, mentre nel 75% delle altre Province d’Italia ne sono successe di
tutti i colori. E vi sembra possibile?
Bel paese, codesto,
esclama quel demente di Calandrino in Boccaccio, quando Bruno e Buffalmacco
gli danno a intendere che esiste il paese di Bengodi.
Bel paese è
questa virtuosa Pistoia, in cui spariscono milioni, ma il responsabile, alla
fine è uno solo, più due – in aggiunta come il papero della novella
boccacciana – ma con responsabilità che però hanno solo connotazioni di
illecito amministrativo.
Ha
ragione De Matteis quando scrive che se il Capo è Capo, deve sapere per forza
ed essere comunque correo!
E
se ciò vale solo per il Berlusca, beh, siamo davvero in un Paese di Bengodi
per qualcuno, di gogna per altri, di merda per tutti i cittadini espropriati
attraverso le tasse (granducali e statali) e gli sperperi e i ladrocinii pubblici
più o meno ignorati e fatti sbollire.
Nemmeno
un revisore dei conti si è accorto di nulla? E se così è, chi li ha diplomati
e laureati questi eccelsi somari che hanno riscosso per una loro conclamata e
dimostrata incapacità professionale? Almeno rendano alla Montagna quel che
alla montagna hanno tolto.
E
dunque ci pensi bene la giustizia, se non vuole che la gente creda che, alla
fine, è davvero Silvio che ha ragione!
e.b.
[Questo
intervento è pubblicato come espressione di libera critica ex art. 21 Cost.]
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Non viene posto il lecito dubbio che
mentre per appurare l’autodenuncia del sig. “G.S.” e il suo ammanco sono
occorsi alla Magistratura ben 26 mesi, arrivando alla sua incriminazione “anche”
per peculato, nel caso dei due dirigenti si dà quasi l’impressione di voler
sollecitare la Magistratura del Lavoro a porre termine al giudizio e chiudere
definitivamente la questione iniziata con il ricorso il 12 luglio 2012 e il cui
esito era previsto per il 31/7/2013, cioè dopo dodici mesi.
Due pesi e due misure? Perché tanta
fretta? Le responsabilità del “G.S.” e quelle dell’Apolito e Fedeli sono, a
nostro avviso, ben distinte e diverse; tutti se ne rendono conto, ma il voler
ridurre il tutto, da una parte, ad una autodenuncia edulcorata da tutti i
benefit possibili che la legge prevede (nessuna custodia cautelare, beni
restituiti, nessun pericolo di inquinamento prove [!] etc.) e, dall’altra, ad un
eventuale licenziamento, non chiuderebbe la questione, anzi, la ingigantirebbe.
Non si comprendono infatti:
– la lungaggine delle indagini penali e il
relativo rinvio a giudizio di una sola persona;
– il crucifige, seppur
amministrativamente legittimo, di due persone sulle quali fare ricadere tutta
la sciagurata e perversa gestione della ex Comunità Montana;
– “la messa è finita, andate in pace” o, meglio,
“chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato”. Troppo comodo per chi, come noi,
ha seguito la vicenda e anticipato gli eventi e le probabili soluzioni.
Non siamo assolutamente soddisfatti,
con buona pace dell’editorialista de La Nazione, che la storia debba
finire con un giudizio di sola responsabilità amministrativa.
La politica se ne esce pulita e intonsa
e “personaggi” che hanno preso dimora nella ex Comunità Montana per anni ed
anni, ininterrottamente, assieme ai revisori dei conti che hanno certificato i
bilanci negli anni, la dovrebbero fare franca?
Se vale il principio, dottamente
espresso dalla Suprema Corte di Cassazione (che ridondanza di nome!) secondo
cui il Capo essendo capo, anche se non sapeva, proprio perché Capo, è colpevole
comunque, perché questo principio non deve valere per quei politici che in Comunità
Montana hanno svernato?
E se ci si è avvalsi dell’illuminato
concetto del principio del “concorso esterno in associazione mafiosa”, perché
non applicare, allora, lo stesso concetto di “associazione a” per i politici di
lungo corso che, ricoprendo ruoli di massima responsabilità nel disciolto ente,
niente hanno mai visto, sentito e peggio ancora messo in atto per salvaguardare
la integrità patrimoniale dei beni pubblici loro affidati e la sicurezza al
lavoro dei dipendenti?
Parliamoci chiaro: una giustizia
siffatta è roba da quarto mondo e lo stesso finale dell’editoriale de La
Nazione la dice lunga sul metodo di indagine quando, scoprendo l’acqua
calda, domanda: «E di chi è la colpa del mancato controllo nei confronti
dell’ex economo della Comunità Montana?».
Addirittura le condanne di Gualtierotti
e di Giandonati appaiono come granelli di sabbia nel vasto mare della
incapacità politico/gestionale profusa negli anni dai soliti politici di lungo
corso i quali potranno anche farla franca davanti alla magistratura penale ed
amministrativa (che come sappiamo è organo terzo dello Stato Repubblicano, incorruttibile,
insensibile alle lusinghe della politica e via discorrendo), ma non davanti
alla pubblica opinione che ha chiaramente compreso come dalla mala politica sia
disceso a grappolo il degrado della Montagna, inesorabile nel tempo e nei suoi
frutti con l’Ospedale Lorenzo Pacini, ultima gemma di sì preziosa corona
(funebre).
Auguri a Gualtierotti per il suo ricorso
e soprattutto a Fedeli e Apolito per non divenire, loro soli, i capri espiatori
di una vicenda vergognosa e non riducibile a semplice incuria o incapacità
amministrativa.
Poiché, altra balla, bisogna avere
fiducia nella Giustizia, restiamo fiduciosi in attesa.
E come vorremmo essere contraddetti e
fare pubblicamente ammenda del nostro cattivo pensare!
[Questo intervento è pubblicato come
espressione di libera critica ex art. 21 Cost.]
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[Domenica 18 agosto 2013 | 19:10 - © Quarrata/news]
E intanto, anche per pressoché totale insipienza di un ceto politico oltretutto sempre meno votato (a San Marcello l'attuale sindaco "governa - si fa per dire - con neppure il 30 per cento dei voti), la Montagna Pistoiese muore.
RispondiEliminadevo correggere : - il 19,7% degli aventi diritto!
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