di LORENZO CRISTOFANI
Sulla rivista “Storialocale” della
Fondazione Caripit è in progetto la
pubblicazione di uno studio sul mondo della prostituzione pistoiese
PISTOIA. Ascoltando alla radio le prime opinioni sul tema della
legalizzazione della prostituzione capita che il pensiero riconduca
inevitabilmente il tema alla dimensione locale, quando l’Italia tollerava e quando a
Pistoia quelle signore si trovavano in via Tomba.
Andiamo per gradi però. Il dado è stato
tratto in più occasioni: la Cassazione, stabilendo che la prostituzione è fonte
di reddito, soggetta quindi ad imposizione diretta, ha creato un precedente non
da poco (vedi qui).
Non solo: la senatrice Maria
Spilabotte, con l’idea di adeguare l’Italia al resto dell’Europa, dove
gli stati con la prostituzione fanno affari d’oro, ha lanciato la proposta di
riconoscere il meretricio come una normale professione, con tanto di partita Iva
e iscrizione alla Camera di Commercio provinciale.
Evitando in tal modo la
barbarie dello sfruttamento – da parte della
criminalità organizzata – cui sono sottoposte migliaia di donne nella più omertosa
indifferenza delle tante associazioni e movimenti che a parole si battono per i
diritti delle donne, contro lo sfruttamento e contro la loro emarginazione.
Infine, nel nostro Granducato Regionale,
l’eurodeputato Claudio
Morganti ha presentato in Cassazione un referendum per la riapertura
delle case chiuse. Qualcuno fa addirittura notare, provocatoriamente,
che con l’attuale voluta e ottenuta globalizzazione dei mercati, dove tutto è
una commodity (merce), addirittura
anche l’acqua bene comune nonostante la vittoria referendaria, non ci si debba
poi scandalizzare se anche l’amore viene mercificato.
Fatta questa premessa torniamo alla
riflessione iniziale, relativa alla nostra storia locale, in cui sicuramente la
prostituzione non ha mai nemmeno lontanamente segnato il carattere cittadino
come invece è accaduto per Genova, dove la città
vecchia cantata da De Andrè e accompagnata don Gallo si
identificava e si identifica con quell’umanità varia che pullula tra il porto
vecchio e via del Campo.
In via Tomba i casini erano quattro,
tre stabili: “dalla Carla”, all’inizio, entrando da piazza Giovanni XXIII; “il
Sottomarino”, in mezzo, e “dalla Natalina”, prima dell’archetto che immette in
piazza San Lorenzo, varco attualmente chiuso da più di un anno per lavori di ristrutturazione
di un immobile.
Ancora oggi sono in molti a ricordare
quando, allora da ragazzi, accompagnavano i militari americani in via Tomba e
ottenevano come ricompensa le ambitissime sigarette e la rarissima cioccolata.
Erano i tempi in cui a Pistoia non c’erano grandi divertimenti: si andava al Modernissimo,
accanto al Lavarini – al doppio programma
spettacoloso – e, per l’appunto, ai casini.
I ragazzi usavano la scolorina per
falsificare la carta d’identità e appagare, sedicenni, forse più la curiosità e
l’ebbrezza quasi sacrilega del nuovo che la concupiscenza. Ci si tratteneva per
150 lire o con la doppia, 250 lire.
Bisogna dire che la prevenzione dalle malattie veneree, scolo, sifilide,
piattoni…, funzionava e tutelava lavoratrici e galantuomini: un modello di
igiene e sicurezza sul lavoro superiore di anni luce al nostro presente di retorica
e finzione.
Ogni quindici giorni le graziose cambiavano, alternandosi con le
princese di altre città, secondo la
legge della domanda e dell’offerta. Qualcuna era bella e si presentava adorna
di veli ma nessuna si intratteneva a conversare in salotto di fronte ad una
tazza di the come invece succedeva nei più eleganti casini delle grandi città. Dopo
la legge Merlin alcune si sono spostate in piazza San Lorenzo e nelle vie
limitrofe, altre hanno trovato ospitalità e forse redenzione nei conventi ma in
via Tomba le cose sono andate avanti molto, molto e molto tempo ancora…
In questo che è poco più di un vicolo,
manifestamente umido –l’umidità risale dalla falda che lì è bassa e ricchissima
– e incurvato all’estremità, la maggior parte degli edifici,
alcuni fatiscenti e fedelmente allusivi al genius
loci, altri in via di ristrutturazione, appartiene al Comune di Pistoia. Un
muro diversamente verticale e cinto sull’estremità di edera racchiude uno dei
più suggestivigiardini del centro storico.
Ma cosa è rimasto, nel vissuto, nella
memoria collettiva, di tutta quella galassia di relazioni e modi di vivere? La
domanda non è semplice dal momento in generale che la storia moderna e
contemporanea locale ha sofferto di un sostanziale deficit di ricerca e
indagine. Nel caso in questione, poi, appare oltremodo improbabile risalire a
testimonianze dirette capaci di offrire una versione orale del vissuto.
La fortuna è, una volta tanto, amica e
provvidenziale perché sulla rivista Storialocale è in progetto la
pubblicazione di uno studio sulla storia e il mondo della prostituzione
pistoiese. Storialocale
è un periodico finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio e nato come punto
d’arrivo – e proseguimento – del percorso culturale
degli studiosi, coordinati dal professor Petracchi, che hanno collaborato alla
stesura del quarto volume della storia di Pistoia.
La rivista, curata dallo stesso professor
Petracchi, ha dunque l’ambizione di contribuire all’educazione civica locale
rendendo così la comunità consapevole della propria provenienza affinché sappia
dove andare.
In ogni caso un salto in via Tomba,
così particolare e ancora sospesa nel tempo, è vivamente consigliato…
Link utile:
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Immagini di via Tomba (foto Quarrata/news).
[Domenica 25 agosto 2013 | 09:02 - © Quarrata/news]
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