martedì 14 febbraio 2012

DIODI. E IL CIRCUITO DEVE PUR FUNZIONARE


di Luigi Scardigli

Quando Fleming, nel 1904, scoprì il diodo, non aveva lontanamente messo in conto che oltre un secolo dopo, quattro ragazzi armati di arsura, decidessero di intitolare così – con il nome del componente elettrico attivo a permettere il flusso di corrente unidirezionalmente – il loro primo documentario. Che sarà proiettato venerdì prossimo, 17 febbraio, al Teatro Puccini di Firenze (Cascine) alle ore 21 (ingresso 7 euro). I quattro sono Domenico Scarpino, Fulvia Alidori, Saverio Tommasi e Giulia Maraviglia e sono figli di una generazione che non ha smesso di pensare che un altro mondo sia ancora possibile. Già, ma come?

«Credo che attraverso il racconto della gente – mi dice in un’intervista surreale, fatta su facebook (incredibile!), Giulia Maraviglia, 28enne, laureata in Sociologia, ricercatrice Universitaria ed estratta non certo a caso dal quartetto registico (papà Valerio e mamma Patrizia vivono e lavorano a Pistoia: lui insegna, lei fa parte del teatro Manzoni) – si ottengano due grandi elementi: la storia che si tramanda e le impressioni, le emozioni con le quali si decide di farla arrivare al destinatario che con il tempo si farà a sua volta carico e mittenza di nuove esperienze».
Forse è solo una giornalista mancata, Giulia Maraviglia, ma la cinepresa e la telecamera, sorretta in mano, guidata e non sofferta, sono un grande sogno che si trascina dall’adolescenza. Diodi in effetti, è proprio questo: due donne e due uomini, tutti partigiani, che hanno combattuto per qualcosa che si è poi realizzato, scoprendo però che non era quello che si aspettavano.
«Abbiamo sentito il dovere forte, insopprimibile, di capire dove fossimo e perché ci fossimo arrivati: abbiamo ritenuto opportuno confidare nel racconto dei nostri nonni, partigiani, certo, ma prima di tutto nonni e attraverso la loro storia siamo forse riusciti a capire un po’ meglio la nostra».
«Sono letteralmente rapita dalle foto e dai documentari degli altri; il mio tempo libero lo trascorro, quasi unicamente, ad informarmi di queste cose: non è solo la bellezza del lavoro ultimato a sorprendermi, ma anche e soprattutto il lavoro meticoloso e certosino con il quale si arriva al compimento di un’idea concepita molto tempo prima. Lavorare con i miei tre amici è stato tanto bello e interessante, quanto faticoso, ma essere arrivati alla fine del lavoro è stata una grande soddisfazione. Che ci auguriamo tutti sia solo la prima di una lunga serie. Con questo documentario avremmo la pretesa di girare l’Italia presentandolo davvero con un mix di cinema, storia, giornalismo e sociologia, un filo narrante sul quale restano sospesi, in attesa di mutazioni e contaminazioni, colori, odori, sensazioni, umori, mutazioni ambientali con le quali il prodotto si ricreerà altrove e sprigionerà altre necessità, altri confronti, altri documentari».
L’idea di provare a battere altre strade, al momento, non sembra lontanamente coinvolgerla, né tanto meno solleticarla.
«Sono al debutto, non ho ancora la minima idea di quale possa essere la risposta del pubblico. Certo, crediamo in questo lavoro al di là di ogni ragionevole apprezzamento, ma si chiama Diodi e se la nostra carica elettrica non arriva a destinazione, qualcosa, nel circuito, non deve aver funzionato al meglio».

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Martedì 14 febbraio 2012 – © Quarrata/news 2011]

Nessun commento:

Posta un commento

MODERAZIONE DEI COMMENTI

Per evitare l’inserimento di spam e improprie intromissioni, siamo costretti, da oggi 14 febbraio 2013, a introdurre la moderazione dei commenti.
Siamo dispiaciuti per i nostri lettori, ma tutto ciò che scriveranno sarà pubblicato solo dopo una verifica che escluda qualsiasi implicazione di carattere offensivo e penale nei loro interventi.
Grazie.