sabato 18 febbraio 2012

TERZANI: L’INGANNO CONTINUA


di Antonio Nardi (*)

In un articolo precedente (vedi) mi sono dichiarato decisamente contrario all’intitolazione dell’auditorium della Biblioteca S. Giorgio a Tiziano Terzani.
Ho scritto che non avrei più messo piede in quella sala. Lo confermo. Penso, e con me molti altri, che Tiziano Terzani sia stato un cattivo maestro.
Alcuni lettori mi hanno chiesto un supplemento di spiegazione. Ho già scritto che Terzani vedeva e stravedeva per Pol Pot, il dittatore comunista cambogiano che negli anni ’70 sterminò due milioni di persone, 2 cambogiani su 7, mentre in Italia giornalisti non ottenebrati dall’ideologia (Livio Caputo perse la direzione di “Epoca”) mostravano i massacri e si meritavano il niet dei vari comitati di redazione e del Comitato Centrale del PCI (il mite Berlinguer, Napolitano, Bassolino, D’Alema, Cossutta).

Terzani scriveva reportage. Era molto scrittore e poco giornalista. Non vide o non volle vedere l’origine dei massacri, a differenza di un vero giornalista, l’americano Sydney Schanberg, giustamente premio Pulitzer, che aprì gli occhi all’Occidente.
Nel 1985 Terzani, con un articolo su la Repubblica, ammise di essersi sbagliato. Un lettore gli scrisse raccontandogli quanto il suo personale giudizio su Pol Pot fosse stato condizionato dalle sue corrispondenze. L’inganno c’era stato e la buona fede era andata in pezzi.
Immaginate un chirurgo che sbaglia un intervento e il paziente muore. Si accerta che il chirurgo è stato negligente. Il chirurgo chiede scusa ma qualcuno lo chiama comunque a risarcire.
Un giornalista se la cava con molto meno. Chiede scusa, se la chiede, e basta. Il chirurgo ha sbagliato ma era certamente in buona fede. Lo stesso può dirsi di un giornalista che per anni invia corrispondenze costruite sull’opinione, sull’ideologia, non sui fatti?
Terzani era un antiamericano viscerale e lo è rimasto. Fino alla fine (e io rispetto il suo calvario) ha vomitato da guru sul capitalismo yankee. Eppure, quando stava bene si recava in Tibet; quando aveva bisogno di cure, volava negli Stati Uniti, dove il perverso capitalismo metteva a disposizione sua, di Agnelli, di Oriana Fallaci, ospedali di prim’ordine.
Terzani era uno specialista nel demonizzare il capitalismo, senza ammetterne le enormi potenzialità liberatorie. Se ne serviva, e basta. Altro momento oscuro della sua carriera è stato quello del terrorismo.
Terzani, con altri intellettuali di spicco, fra i quali il mite Bobbio, l’irricevibile Bocca e l’imprendibile Umberto Eco, firmò un delirante manifesto contro il commissario di Pubblica Sicurezza Calabresi: il commissario qualche mese dopo venne assassinato.
Altri giornalisti, come Walter Tobagi, non a caso socialista, capirono subito la pericolosità del terrorismo di sinistra. Furono isolati nelle redazioni, guardati con sospetto. Tobagi, giornalista del Corriere della Sera come Terzani, fu fatto secco dalla Brigata XXVIII marzo, nel 1980.
Ma a Terzani, non a lui, è stato dedicato l’auditorium.
Dopo tanti sbagli, Terzani avrebbe dovuto praticare la remissione, andare in Tibet, se proprio si sentiva portato, e raccogliersi in se stesso. Invece, si è fatto predicatore. Ha girato le piazze, ha girato le università. È stato, ed è, applaudito. Per cosa? Per alcune genericità sulla vita, sul capitalismo porco e selvaggio, sulle gonfie società occidentali.
L’Italia ha il talento di osannare i cattivi maestri: Terzani, Bocca, che scrisse bene delle Brigate Rosse e male degli ebrei, Norberto Bobbio, che si inchinò al Duce con una lettera vile e impaurita, Alessandro Galante Garrone, che discettò sulle leggi razziali in riviste coeve e iniziò in quel clima la sua bella carriera.
Di questi si ripubblicano i libri. A questi si dedicano auditorium. Con questi tanti giovani vanno idealmente a braccetto.
L’inganno continua.
Contenti voi!

Ritengo fondamentale e doveroso ribattere questo intervento di Antonio Nardi per la logica ineccepibile sulla quale si basa e per le verità che ripropone a tutti noi: in un momento in cui sembra che tutto debba tornare a un assurdo mistificato punto di partenza – come se la resurrezione del dopoguerra, così faticosa e così sofferta, non fosse mai esistita.
e.b.

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[Sabato 18 febbraio 2012 – © Quarrata/news 2011]

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