venerdì 10 febbraio 2012

MARIANGELA D’ABBRACCIO: «SONO UNA DONNA FELICE… SOPRATTUTTO FORTUNATA»


di Luigi Scardigli

È forse più bella ora di quanto il mondo le scodinzolava dietro. Oh certo, Mariangela D’Abbraccio, la sua figurona, la fa ancora, alla soglia dei cinquantanni, anche nel camerino di un teatro, il Manzoni di Pistoia, nella fattispecie, prima di andare in scena, in prima regionale, con La lampadina galleggiante (replica domani sera e domenica pomeriggio) con un maglione di lana scuro che la fascia il collo e un paio di pantaloni larghi che soprassiedono le forme procaci.


«Dipenderà dal fatto che non ho il senso del tempo – risponde l’attrice napoletana, intenta a pulire gli occhi a Camille, che l’ha seguita in tournée con Teresina e Titina, tre dei suoi 11 cani – e che accetto, sistematicamente, le sfide, soprattutto quelle professionali. Ma poi sto meglio ora di quando avevo venti anni, lo ammetto: ero sempre piena di acciacchi e di paure, ansie da mille prestazioni. Sono diventata una donna matura e consapevole, che è riuscita a metabolizzare vita pubblica e professionale con quella privata. Sono una donna felice: certo, soprattutto fortunata, vero, ma felice».

Già, un’attrice classica come te, da De Filippo a Pirandello, attraverso percorsi sicuri e rodati, che si cimenta in Woody Allen sostituendo tra l’altro proprio all’ultimo tuffo Giuliana De Sio, attorno alla quale era stato costruito il personaggio, non è da poco!

«Si, è vero. Pensa che questa storia è davvero on the road: ho incontrato il regista per strada che mi ha investito con questa avventura. Ho letto il copione e ho pensato che fosse una cosa che avrei potuto fare. Con le repliche, naturalmente, oltre ad entrare sempre più nei panni della protagonista, ho anche inevitabilmente personalizzato l’ambiente. Ma c’è una grande sintonia con tutto lo staff, è stato un piacevole contrattempo».

Sei figlia e nipote d’arte, tuo madre è un regista, i tuoi amici fanno solo e soltanto spettacoli: una predestinata; non avresti potuto fare null’altro.

«Quasi inevitabile, il mio cammino. Sono cresciuta respirando l’aria del palcoscenico: il nonno violinista al San Carlo di Napoli, la nonna, attrice, la mamma regista, insomma; sono stata piacevolmente perseguitata dalle scene e ho finito per innamorarmene. Però non ho aspettato le compagnie che venissero a suonarmi il campanello di casa: ho studiato e lavorato molto e ho raccolto tanti buoni e bei frutti».

Anche tua sorella Milly si è lasciata coinvolgere dalle luci della ribalta, scegliendo però una strada decisamente diversa dalla tua, per alcuni versi meno rischiosa, ma forse meno appagante.

«Gliel’ho detto mille volte, a mia sorella, talento vero, credimi – balla, canta e recita divinamente – di mollare l’ambiente del porno per mettersi a fare altre cose che le sarebbero riuscite e le riuscirebbero tuttora meravigliosamente, ma lei ha sempre preferito trasgredire le regole, viaggiando controvento: a me, invece, le regole, piace provare a cambiarle da dentro, ma rispettandole profondamente».

Non sei un’abitudinaria, vero?

«Non lo sono, stanne certo, anche sul palcoscenico: adoro i debutti, riuscire a dare una mano di vernice su una parete che in mille hanno già perfettamente adornato ma sulla quale, pensandoci bene, una margherita dipinta in un angolo in alto a sinistra non guasterebbe affatto. Anzi».

 E dopo?

«Non lo so, ma non è un atteggiamento, non lo so davvero. E potrai anche non crederci, ma non mi interessa».

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[Venerdì 10 febbraio 2012 – © Quarrata/news 2011]

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