PISTOIA. Prima di tutto vi invito a rileggere attentamente il mio intervento
dal titolo Le foibe? Sono al seggio 11 (vedi), nel quale esprimo
con sufficiente chiarezza, secondo il mio solito standard, la mia personale posizione
in proposito.
In secondo luogo, però, devo aggiungere
– dopo l’intervento del Tirreno di stamattina – qualche altra
considerazione a corollario di tutta la vicenda: e lo faccio perché, al
contrario dell’anima pistoiese d.o.c., io non amo assolutamente la non-chiarezza
e l’ambiguità.
Durante le primarie sono stato assalito
e accusato da alcuni/e democratici/che sostenitori/trici di Bertinelli, che intendevano
colpire la mia malevolenza palese nei confronti di Samuele: non era “politicamente
corretto”, secondo il loro punto di vista da maestri/ne da Libro Cuore,
che io dichiarassi apertamente che non avevo stima di Samuele; avrei dovuto, al
contrario, amarlo, rispettarlo e servirlo com’è norma e regola nei migliori
matrimoni, finché morte non ci separa. E perché? Perché si fa così e basta –
visto che era in lista per il Pd? No, grazie: preferivo Bartoli, se non si
fosse capito.
Uno di questi democratici ineccepibili sostenitori
di Bertinelli (maschio e/o femmina non fa differenza), rigorosamente anonimo
(perché il Pd progressista arriva anche a questo a Pistoia) si permise perfino
di dirmi – come per tirarmi uno sputo in faccia con un disprezzo pieno di
compassione – che lui “non stimava me”: il che mi fece letteralmente scompisciare
dalle risate, con una risposta (almeno mentale) che, negli anni 90, sarebbe
stata da comunisti di Cuore, l’inserto famoso dell’Unità: e
chi se ne frega!
Bertinelli non poteva essere sfiorato,
perché era tabù, sanctus, intoccabile: in quanto unto dal PD(io). Ma non
lo era anche Bartoli, sia pure a bocca storta o, come si dice in latino, obtorto
collo?
Non ho dato séguito a questi sciocchi interventi
partigiani, ma ero sicuro che – prima o poi – i nodi, come si dice, sarebbero
tornati al pettine. Ed eccoci qua.
Tiziano Carradori esce con una serie di
osservazioni a/contro Bertinelli che, stavolta, non sono dette da me, «sporco reassionario filocapitalista» che osa dire in pubblico, e scriverlo pure, di non stimare Samuele:
viene detto da uno che milita e naviga da un’intera vita nella sinistra
P(istoiese) D(ominante).
Mi limiterò, perciò, a estrapolare un
paio di passaggi-chiave dal testo “irrispettoso” pubblicato dal Tirreno:
«Abbiamo assistito al tentativo negazionista da parte del Pd vittorioso, per
bocca del suo segretario comunale, e all’assordante silenzio del vincitore,
Samuele Bertinelli, che dall’accaduto ha tratto un innegabile, anche se non
determinante vantaggio»; «Tacere non è un bel segnale né lascia presagire nulla
di buono per i prossimi cinque anni. Il mio sindaco ideale parla chiaro,
rifiuta certe pratiche, afferma che condizionamenti indebiti prima e omertà
dopo non hanno giustificazioni. A nessun livello. Chi si proclama portatore di
metodi nuovi e promette un nuovo corso politico, non può toppare alla prima
occasione. Questione di stile, oltre che di metodo. Ad oggi abbiamo invece
metodi vecchi, scorrettezze, scarsa trasparenza, omertà: un quadro sconfortante» (vedi anche).
E ora, signori elettori anonimi e
anonimi sostenitori di Bertinelli, nella vostra celeste democrazia e nel vostro
legalitarismo ineccepibile dei nostri stivali, vorrei invitarvi a venire allo
scoperto – sempre che ne abbiate il civile coraggio – e a ri-pormi la stessa domanda che mi avete posto quando
volevate spararmi addosso come dei cecchini: perché io non stimi Bertinelli.
Non lo farete. Ma io ve lo dico anche
senza che me lo chiediate: non lo stimo perché, per la sete di potere e di
carriera, che mi sembra di vedere in lui da sempre, Bertinelli (e data la sua
contiguità con i metodi dell’ancien régime: Berti-nelli) non è capace di
seguire gli ideali propugnati e dichiarati in tv dal suo patrono Sant’Enrico Rossi
da Firenze, che – se non sbaglio – ha esternato pubblicamente che «il nuovo politico di oggi, se vede sporcizia, sale le
scale delle Procure della Repubblica senza perdere tempo».
Non lo fa, però, Sant’Enrico, come sostiene
Giampaolo Pagliai: e non lo fa neppure Bertinelli, dato il suo assordante
silenzio sul seggio del Ponte alle Tavole; un Bertinelli che non fa nemmeno il
molto meno di dire pubblicamente ai suoi, sconfessandoli, che hanno sbagliato tutto
nell’organizzare gli inciuci (ormai ammessi anche dai garanti) e nel non
averli poi censurati con il semplice (ma immorale) dire che «il risultato delle primarie non sarebbe comunque cambiato».
Carradori – che è, purtroppo,
chiarissimo su questo – ora spiega al pubblico, e quindi anche ai legalitari sostenitori
di Bertinelli, con la propria voce e autorità, il perché io, se fossi cittadino
elettore di Pistoia, mai e poi mai voterei Samuele Bertinelli: perché per il
suo comportamento da homo novus, che dovrebbe segnare una frattura col
passato del ‘comunistico dinosauro morente di Pistoia’ – e uso parole di
Carradori stesso –, «Tacere non è un bel segnale né lascia presagire nulla di
buono per i prossimi cinque anni», e perché un sindaco che si rispetti, e debba
e voglia essere rispettato, non adotta «invece metodi vecchi, scorrettezze,
scarsa trasparenza, omertà: un quadro sconfortante».
E a questo punto i democratici
sostenitori anonimi di Bertinelli, se sono coerenti e progressisti veraci e
onesti intellettualmente, dicano a Carradori che non lo stimano come lo hanno
scritto a me nel fervore e nell’entusiasmo della “vittoria imbrogliata”.
E chi se ne frega, compagni!
Edoardo Bianchini
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[Domenica 12 febbraio 2012 – ©
Quarrata/news 2011]
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