mercoledì 15 maggio 2013

ASL3, UN BEL PASTICCIO SECONDO L’INTERSINDACALE MEDICA


L’azienda della sanità pistoiese sarebbe sottodimensionata da tempo e, per conseguenza, penalizzata più di altre dai parametri della spending review

PISTOIA. Sarebbe come dire… Grosso guaio a Chinatown. In fondo è stato questo titolo di film che ci frullava in mente, stamattina, quando l’Intersindacale Medica ci ha parlato dei guai della sanità pistoiese: quei guai che possono toccare a tutti noi da un istante all’altro, quando, da civili qualsiasi, ci straformiamo, in maniera inattesa, in pazienti. E soprattutto pazienti dell’Asl 3.

Tutti intorno al tavolo all’interno della saletta dell’unità Operativa di malattie infettive, il quadro che ci è stato delineato dal dottor Corrado Catalani (Cgil Fp Medici) lascia un po’ (e forse anche di più) desolati.
Ad una analisi attenta dei dati – anche in termini comparatistici – con le realtà di Firenze (Basf), di Prato (Asl 4) e di Empoli (Asl 11), la situazione di Pistoia balza subito agli occhi come una delle più penalizzate sotto ogni profilo. L’area pistoiese è, da sempre, una delle più sottostimate: ha presentato sempre un andamento di contenimenti dei costi in termini di professionisti e personale, e oggi che la spending review impone un taglio dell’1,4%, andando ad incidere su una situazione già fortemente penalizzata da cinte tirate da tempo immemorabile, si finisce col generare un danno di proporzioni più vaste che altrove: un taglio che, ovviamente, rovina addosso all’utenza, in odor di essere sacrificata molto di più di molte altre utenze della nostra Regione.
Certo – ha sottolineato il dottor Catalani – non è colpa dell’attuale Direzione aziendale, ma sicuramente il vertice dell’Asl 3 deve cambiare mentalità e approccio ai problemi, aprendosi, in primo luogo, ad un dialogo fitto e complesso con i professionisti che lavorano all’interno dell’azienda stessa.
In effetti, se andiamo a vedere e a valutare attentamente la prima tabella che mette a raffronto la situazione di Pistoia con quelle di Firenze, di Prato e di Empoli, balza immediatamente agli occhi il fatto che, dal punto di vista economico-retributivo, i medici dell’Asl 3 sono più o meno un fanalino di coda.
«È bene chiarire – ha sottolineato Catalani – che stamattina non siamo qui a parlare alla stampa per avanzare richieste di natura meramente economica. È vero che non è un aspetto, anch’esso, meno importante e, alla fine, anche qualificante: ma il vero nodo di tutta la questione sta nel fatto che fra le due aree dell’azienda (la Direzione e i medici) non ci sono le dovute e auspicabili osmosi e comunicazione che permetterebbero una vera ed efficace razionalizzazione dei servizi, pur se va detto che i “risparmi” delle direzioni passate, hanno, in qualche modo, ristretto notevolmente il campo d’azione di gran parte degli interventi possibili a favore di tutti, dai professionisti, ai dipendenti, agli utenti finali del servizio».
Dalle parole dei medici e dal quadro che è uscito fuori, si acquisisce la coscienza di una sanità molto ‘pericolante’ e, in séguito, anche, proprio per questo, “pericolosa”.
Ritorniamo per un istante sui numeri: a fronte dei 59 medici che quest’anno lasceranno l’Asl 3 per pensionamenti, solo 20 ne saranno riassunti. E la differenza? Il lavoro dei 39 non reintegrati, da chi sarà svolto? È chiaro che qualsiasi soluzione ipotizzabile (contratti professionali?) oltreché mortificante per chi la accetta, presenterà anche più alti margini di rischio per i pazienti. Si pensi – ad esempio – alla quota-età dei medici: i sessantenni costretti più volte a turni di notte non hanno, obiettivamente, la stessa capacità di recupero dei giovani medici, con tutte le conseguenze del caso.
Ma l’aspetto più preoccupante, crediamo, sta nel fatto che in Toscana, la grande e indiscutibile patria del pensiero politico-sanitario, ogni Asl ha contratti e trattamenti economici diversi e distanti, secondo un principio, di “uguaglianza” e di rispetto della dignità medico-professionale, assolutamente degno di miglior causa.
E dinanzi a un quadro così scombinato e – per Pistoia – frustrante, stiamo per andare incontro (con il passaggio dal vecchio al nuovo regime) ad una serie di inghippi che ben presto potrebbero mostrare tutta la loro pericolosa potenzialità.
Ad esempio guarda medica e medici di famiglia si fondono in un’unica area d’intervento, ma non si sa bene se e come esistano le strutture in cui opereranno; né esiste uno studio o un progetto di orario di servizio ed è tutto estremamente teorico e non ancora accertato o accertabile se non strada facendo e quindi con il concreto pericolo di consistenti o ripetuti default.
Fra tagli e diseconomie (i pazienti pistoiesi che scelgono Careggi e Pisa o altre realtà per curarsi, alla fine costando circa 40 milioni l’anno all’Asl 3), carenze di posti letto o – come la dialisi – troppi posti letto e poco personale, il paziente pistoiese è quello, al momento, che è fra i più disagiati della Toscana, costretto com’è a galleggiare e sopravvivere in mezzo a mille difficoltà, restrizioni e disservizi.
In conclusione, o la Direzione dell’Asl 3 apre – come si diceva – al dialogo con i suoi medici per studiare e giungere ad un punto di equilibrio fra esigenze dei medici ed esigenze dei pazienti, oppure sarà inevitabile che, in mezzo alle difficoltà, alle frustrazioni, ai disservizi, ai problemi, si coaguli uno stato di tensioni suscettibile di sfociare in forme di protesta più o meno aspre.
Questo in sintesi il discorso proposto dall’Intersindacale al tavolo attorno al quale sedevano Ignazio Ingrassia (Fesmed), Fabiano Santoni (Fassid), Sergio Suppressa (Anao Assomed), Fabio Cricelli (Aaroi-Emac), Luca Pastacaldi (Cisl Medici), Corrado Catalani e Maria Benvenuti (Cgil Fp Medici).
Q/n
[Nelle immagini il documento dell’Intersindacale consegnato alla stampa]

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Mercoledì 15 maggio 2013 | 21:15 - © Quarrata/news]

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