L’azienda della sanità pistoiese
sarebbe sottodimensionata da tempo e, per conseguenza, penalizzata più di altre
dai parametri della spending review
PISTOIA. Sarebbe come dire… Grosso guaio a Chinatown. In
fondo è stato questo titolo di film che ci frullava in mente, stamattina,
quando l’Intersindacale Medica ci ha parlato dei guai della sanità pistoiese:
quei guai che possono toccare a tutti noi da un istante all’altro, quando, da civili
qualsiasi, ci straformiamo, in maniera inattesa, in pazienti. E soprattutto
pazienti dell’Asl 3.
Tutti intorno al tavolo all’interno
della saletta dell’unità Operativa di malattie infettive, il quadro che ci è
stato delineato dal dottor Corrado Catalani (Cgil Fp Medici) lascia un po’ (e forse
anche di più) desolati.
Ad una analisi attenta dei dati – anche
in termini comparatistici – con le realtà di Firenze (Basf), di Prato (Asl 4) e
di Empoli (Asl 11), la situazione di Pistoia balza subito agli occhi come una
delle più penalizzate sotto ogni profilo. L’area pistoiese è, da sempre, una
delle più sottostimate: ha presentato sempre un andamento di contenimenti dei
costi in termini di professionisti e personale, e oggi che la spending review
impone un taglio dell’1,4%, andando ad incidere su una situazione già
fortemente penalizzata da cinte tirate da tempo immemorabile, si finisce col
generare un danno di proporzioni più vaste che altrove: un taglio che,
ovviamente, rovina addosso all’utenza, in odor di essere sacrificata molto di
più di molte altre utenze della nostra Regione.
Certo – ha sottolineato il dottor
Catalani – non è colpa dell’attuale Direzione aziendale, ma sicuramente il
vertice dell’Asl 3 deve cambiare mentalità e approccio ai problemi, aprendosi,
in primo luogo, ad un dialogo fitto e complesso con i professionisti che
lavorano all’interno dell’azienda stessa.
In effetti, se andiamo a vedere e a
valutare attentamente la prima tabella che mette a raffronto la situazione di
Pistoia con quelle di Firenze, di Prato e di Empoli, balza immediatamente agli
occhi il fatto che, dal punto di vista economico-retributivo, i medici dell’Asl
3 sono più o meno un fanalino di coda.
«È bene chiarire – ha sottolineato Catalani – che stamattina
non siamo qui a parlare alla stampa per avanzare richieste di natura meramente
economica. È vero che non è un aspetto, anch’esso, meno importante e, alla
fine, anche qualificante: ma il vero nodo di tutta la questione sta nel fatto
che fra le due aree dell’azienda (la Direzione e i medici) non ci sono le dovute
e auspicabili osmosi e comunicazione che permetterebbero una vera ed efficace
razionalizzazione dei servizi, pur se va detto che i “risparmi” delle direzioni
passate, hanno, in qualche modo, ristretto notevolmente il campo d’azione di
gran parte degli interventi possibili a favore di tutti, dai professionisti, ai
dipendenti, agli utenti finali del servizio».
Dalle parole dei medici e dal quadro
che è uscito fuori, si acquisisce la coscienza di una sanità molto ‘pericolante’
e, in séguito, anche, proprio per questo, “pericolosa”.
Ritorniamo per un istante sui numeri: a
fronte dei 59 medici che quest’anno lasceranno l’Asl 3 per pensionamenti, solo
20 ne saranno riassunti. E la differenza? Il lavoro dei 39 non reintegrati, da
chi sarà svolto? È chiaro che qualsiasi soluzione ipotizzabile (contratti
professionali?) oltreché mortificante per chi la accetta, presenterà anche più
alti margini di rischio per i pazienti. Si pensi – ad esempio – alla quota-età
dei medici: i sessantenni costretti più volte a turni di notte non hanno,
obiettivamente, la stessa capacità di recupero dei giovani medici, con tutte le
conseguenze del caso.
Ma l’aspetto più preoccupante,
crediamo, sta nel fatto che in Toscana, la grande e indiscutibile patria del
pensiero politico-sanitario, ogni Asl ha contratti e trattamenti economici
diversi e distanti, secondo un principio, di “uguaglianza” e di rispetto della dignità
medico-professionale, assolutamente degno di miglior causa.
E dinanzi a un quadro così scombinato e
– per Pistoia – frustrante, stiamo per andare incontro (con il passaggio dal
vecchio al nuovo regime) ad una serie di inghippi che ben presto potrebbero
mostrare tutta la loro pericolosa potenzialità.
Ad esempio guarda medica e medici di
famiglia si fondono in un’unica area d’intervento, ma non si sa bene se e come esistano
le strutture in cui opereranno; né esiste uno studio o un progetto di orario di
servizio ed è tutto estremamente teorico e non ancora accertato o accertabile
se non strada facendo e quindi con il concreto pericolo di consistenti o
ripetuti default.
Fra tagli e diseconomie (i pazienti
pistoiesi che scelgono Careggi e Pisa o altre realtà per curarsi, alla fine
costando circa 40 milioni l’anno all’Asl 3), carenze di posti letto o – come la
dialisi – troppi posti letto e poco personale, il paziente pistoiese è quello,
al momento, che è fra i più disagiati della Toscana, costretto com’è a
galleggiare e sopravvivere in mezzo a mille difficoltà, restrizioni e disservizi.
In conclusione, o la Direzione dell’Asl
3 apre – come si diceva – al dialogo con i suoi medici per studiare e giungere
ad un punto di equilibrio fra esigenze dei medici ed esigenze dei pazienti, oppure
sarà inevitabile che, in mezzo alle difficoltà, alle frustrazioni, ai
disservizi, ai problemi, si coaguli uno stato di tensioni suscettibile di
sfociare in forme di protesta più o meno aspre.
Questo in sintesi il discorso proposto
dall’Intersindacale al tavolo attorno al quale sedevano Ignazio Ingrassia
(Fesmed), Fabiano Santoni (Fassid), Sergio Suppressa (Anao Assomed), Fabio Cricelli (Aaroi-Emac), Luca Pastacaldi (Cisl Medici), Corrado Catalani e Maria
Benvenuti (Cgil Fp Medici).
Q/n
[Nelle immagini il documento dell’Intersindacale
consegnato alla stampa]
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Mercoledì 15 maggio 2013 | 21:15 - © Quarrata/news]
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