lunedì 26 dicembre 2011

«CARO EDOARDO». ANTONIO NARDI MI SCRIVE



Questa volta gli scrivo.
Scrivo a Ed, l’amico e professore Edoardo Bianchini, un intellettuale di prim’ordine.
Nonostante il Natale e le camminate fuori porta, ma anche intra moenia, con il cane, mi sono fiondato nel suo lungo editoriale sui candidati alle primarie per sindaco di Pistoia.

Guarda, Ed, non entro nel merito. Dico solo che questi quattro candidati sono riusciti a muovere le acque della politica in modo credibile.
Quanto ai contenuti, tutti vogliono il bene di Pistoia ma, forse, in maniera un po’ enfatica.
Come ho detto al professor Bartoli, facendo quattro chiacchiere al bar, Pistoia è pur sempre Pistoia e non è qui che si decide la guerra alla Libia o le vie del petrolio e della seta.
Tu sei più giovane di me perché pensi che in questo paese il costume possa cambiare e che ne valga la pena.
Sicuramente ne varrebbe la pena, ma quanto a cambiare io non lo ritengo possibile. Ne abbiamo parlato. Ti ho fatto l’esempio dell’estrazione truccata. Ti sei meravigliato anche te.
Come si fa fra venti numeri a fare uscire quello che ci interessa senza lasciare tracce?
Una ignota mente geniale ha trovato il modo: la sera prima si mette quel numero in frigorifero.
Ti sei stupito, come io mi sono stupito quando me lo hanno raccontato.
In un paese in cui si escogitano questi espedienti si possono raggiungere alte mete conoscitive ma, sicuramente, non si va molto avanti nella qualità dei comportamenti.
Io non penso che l’Italia possa cambiare.
Ho sbozzato la figura di un maestro elementare di nome Dino Vailati. Nel 1942 ha trentanove anni. Ha fatto la guerra di Etiopia ed è stato malamente ferito in Grecia, a Monastir. È stato decorato per meriti in battaglia. Lo riformano e torna a fare il maestro. Si preoccupa solo di disinnescare la magniloquenza dell’autorità costituita. E lo fa nell’unico modo che ritiene praticabile, cioè insegnando cose fededegne e utili. Si rifugia, come si diceva una volta, nel privato, ma lo fa in modo attivo e, alla lunga, produttivo.
Un altro fatto che mi spinge a disperare circa il cambiamento italiano è la scelta come maestri di persone che maestri non sono.
Abbiamo messo sul piedistallo intellettuali che hanno parteggiato per lividi dispensatori di morte, dalle Brigate Rosse a Pol Pot, a Mao.
Io non credo che si possa cambiare. Spero solo che la liberal democrazia resista e che sia garantito quel minimo spazio di libertà che ci fa sopravvivere.
In questo ho più speranze, perché questo tipo di democrazia è utile a tutti.
Tu citi Seneca con cognizione di causa.
A me resta un po’ sulle scatole: è sempre così simmetrico, così definitivo.
È facile dirlo, ma sperare quando si è disperati non è da tutti, come è da pochi accettare la disperazione quando si è gagliardamente speranzosi.
La vita è fatta più che altro di capocciate.  Allo stordimento non può porre rimedio nemmeno Seneca.
Meglio la serena e tutt’altro che acrobatica saggezza di Manzoni.
Per Natale mi hanno regalato la tablette, che è il dispositivo portatile fatto per leggere libri in digitale.
Oltre all’ultimo romanzo di Grisham vi ho trovato i Promessi Sposi, che ho preso a rileggere.
Ho qui il tuo profilo del Manzoni, pubblicato da Mursia, con giudizi calzanti e tante informazioni.
Mi ha colpito la tua descrizione del conte di Carmagnola. «Solo e sventurato, in carcere, il conte comprende la vanità delle passioni umane; si rende conto che dall’ira e dalla vendetta niente di buono può scaturire, e si appresta ad affrontare il proprio destino rinnovato e rasserenato da una fede che prima non conosceva» (p. 91).
Hai capito cosa voglio dire?
Voglio dire che è umano e a suo modo eroico disilludersi.
Tuo, Antonio

Caro Antonio,
grazie del tuo pensiero natalizio. Ormai è una vita o quasi che ci conosciamo e che parliamo, parliamo, a volte perfettamente d’accordo e, su questo, in pieno disaccordo.
Il bello è questo: incontrarsi anche sul piano del disaccordo.
Tu ti affanni a farmi crescere. Io non voglio crescere e, pur essendo laico rispetto a te, mi sento più portato al dettato evangelico di Mat., 18, 3: «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli».
Io forse non mi convertirò mai – almeno alla Chiesa dei prelati e dei Papi –, ma sono bambino e mi piace restarlo, almeno perché i disincantati non credano che gli altri sono tutti e solo degli idioti che si bevono le parole dei falsi profeti.
Non sposterò un sasso, ma potrò sempre dire – nella libertà che mi compete in quanto essere umano, anche se tutti cercano di impedirmelo: istituzioni in prima linea – quello che penso in faccia a tutti quelli che voglio. E senza essere ricattato né ricattabile.
Non ho mai piegato la testa, non mi sono mai fatto corrompere, non ho sistemato mio figlio in Ansaldo-Breda perché avevo il potere nelle mie mani: né, per questo favore, ho venduto i morti dell’amianto e del mesotelioma.
Non sono mai stato né corrotto né corruttore, né ho mai difeso, in tribunale, imputati a cui – come qualcuno ha detto di recente – “non si può dire di no come il medico non può negarsi al bandito che arriva in pronto soccorso con una palla di piombo nello stomaco” (ma il medico, per esempio, salva la vita e non il “culo sociale”  dell’imputato: e l’avvocato, se è davvero etico, può sempre fare come il medico e optare per l’obiezione di coscienza – presto, Antonio, capirai quello che dico, te lo prometto).
A me è toccato solo essere troncato, picchiato, lapidato, sbeffeggiato, coperto di sputi dal potere costituito: di questo, però, mi faccio forza perché nessun potere mi piega e, vivendo una sola volta, lo ritengo un  privilegio, questo, non una illusione.
Seneca? Sì, potrà farti rabbia quanto vuoi: ma muori come lui, se ne hai il coraggio. Lì è la sua forza: e non gli puoi dire nulla. E quando dice che lui le parole le prova nei fatti, non fa come i nostri governanti che fuggono dalle loro responsabilità, come i nostri amministratori che non te ne raccontano una intera, come la nostra giustizia che è pilotata in una maniera vergognosa, come i nostri amici della dottrina sociale che vivono come dei prìncipi nei lussi e nei piaceri, mentre invitano noi  ad essere etici e caritatevoli.
Non voglio disilludermi, Antonio. Sarebbe tardi, perché sono vecchio e io preferisco morire così.
Se non altro per far capire ai potenti che vedo lucidamente tutte le loro mistificazioni perché non sono cretino come credono. Ma soprattutto perché, quando mi faccio la barba, le rare volte che me la faccio, e sono dinanzi allo specchio, non mi coglierà mai il voltastomaco che potrebbe spingermi a sputarmi in faccia.
Grazie per la tua attenzione, la tua stima e il tuo affetto. E continua a leggere il mio libro sul Manzoni.
È fatto bene.
Tuo Edoardo 

NARDI AGGIUNGE. «TUO, ANTONIO»

Caro Ed, non voglio farla lunga.
Nella tua bella risposta ci sono le ragioni sia della mia inerzia sia della tua operosità.
Io mi sono messo in un cantuccio, tu sei in campo aperto e combatti.
Non sei vecchio, sei giovane.
Quanto a Seneca, credimi, non mi fa rabbia. È monumentale e mi mette soggezione.
Si è ucciso con spirito eroico. Volevo scriverlo, poi mi è passato.
Anche tu hai la tua forza e non è da poco.
Non credere che i tuoi avversari ti affrontino a cuor leggero!
I filologi, quelli seri come te, sono temibili perché abituati alla verità e alla “lectio difficilior”.
E sanno cosa riuscì a fare Epaminonda a Leuttra.
Tuo, Antonio.
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[Lunedì 26 dicembre 2011 – © Quarrata/news 2011]

2 commenti:

  1. . . . se posso dire una piccola cosa, senza avere alcuna presunzione, vorrei dire riportando le Sue parole:

    ... Io forse non mi convertirò mai – almeno alla Chiesa dei prelati e dei Papi –, ma sono bambino e mi piace restarlo, almeno perché i disincantati non credano che gli altri sono tutti e solo degli idioti che si bevono le parole dei falsi profeti....

    la Chiesa (e Lei giustamente l'ha scritta con la C maiuscola), la Chiesa è quella realtà così profonda e bella che appartiene veramente a Dio.
    Noi uomini, io per primo, sbagliamo molto, a volte continuiamo a sbagliare pur sapendolo . . . ma Dio è qulcosa di veramente più grande, Dio è colui che tende sempre la sua mano . .

    ecco perché credo, sono cattolico; e chiedo scusa se posso sbagliare, ma ho imparato a vedere Dio anche attraverso i ministri della chiesa, che a volte sbagliano anche loro.

    Se le mie parole la offendono, o sono inopportune, Le chiedo perdono e cancelli pure quello che Le ho scritto.
    Ma Dio è la forza interiore di ogni creatura che lo cerca. Ma se la creatura non cerca Dio, Lui stesso la cerca attraverso le prove della vita, e noi riconosciamo sempre quando si avvicina a noi, basta saper cogliere l'attimo, e tutto un mondo nuovo si aprirà.

    Le faccio gli Auguri di Buone Feste, estese alla Sua famiglia, augurandole sempre buon lavoro sincero e leale come sta facendo.

    cordialmente
    gabriele casotto

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  2. «… se posso dire una piccola cosa»

    Caro Gabriele,
    non solo lei può dire una cosa: può dirne anche di più. E come crede e come vuole.
    Se c’è una cosa a cui non pongo limiti, è la libertà di espressione e di pensiero, che considero l’unico bene che ci resta – almeno finché tanti ‘democratici’ ce lo consentiranno ancora, fatto che vedo ogni giorno sempre più problematico.
    Dica e pensi liberamente. Creda liberamente. Preghi quanto vuole: a me non dispiacciono gli uomini che sanno pregare. Sono convinto che chi crede abbia un appiglio in più per resistere agli attacchi cinici dei «senza Dio» e dei «senz’anima». Ed è per questo che ai miei ragazzi – e sono stati tanti: fra loro, purtroppo, anche gran parte dei politici di oggi, con tutte le loro assurde e inammissibili e illogiche contraddizioni – ho sempre rimproverato di essere com’erano (laici e non-credenti) più per ignoranza che per avveduto e ragionato percorso: un frutto, questo, di tanti professori di religione che non hanno insegnato la scrittura, ma solo la più vuota ed esteriore morale cattolica.
    Quindi, caro Gabriele, in questo blog, che presto potrebbe germogliare in qualcosa d’altro, si senta a casa sua: una terra di libertà di coscienza e di espressione che accoglie, senza chiedere tessere né «credo», a tutti coloro che si chiamano uomini perché, con la loro sofferenza quotidiana, ma anche con qualche briciola di gioia, possono essere davvero uomini in tutti i sensi.
    Grazie per l’attenzione che dedica ai post e a presto.
    Auguri a lei e ai suoi cari.

    Edoardo Bianchini

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