martedì 28 gennaio 2014

INTERSINDACALE MEDICA: L’OSPEDALE SAN JACOPO E I SUOI ‘COLD CASE’ (= CASI IRRISOLTI)


Accuse durissime e una analisi spietata: grave disagio fra gli operatori sanitari e i medici – Personale a livelli critici Necessario potenziare Pescia e sviluppare il ruolo di San Marcello La Direzione aziendale non è stata in grado di fornire risposte adeguate né ai medici né ai cittadini In vista anche manifestazioni pubbliche eclatanti

PISTOIA. A cinque mesi dall’avvio delle attività nell’Ospedale San Jacopo, l’Intersindacale Medica della ASL 3 riscontra che la gran parte dei problemi che erano stati individuati nelle fasi precedenti ed immediatamente successive il trasferimento dal “Ceppo” restano irrisolti.
Inoltre, il modello organizzativo cosiddetto “per intensità di cure” messo alla prova nell’attività assistenziale ha mostrato debolezze di tale entità da metterne in dubbio l’applicabilità.

La somma di difetti di programmazione o più precisamente di una visione distorta, non necessariamente disinteressata, del ruolo degli ospedali nella rete dei nosocomi dell’Area Vasta Centro e di una modellizzazione quanto meno approssimativa hanno fatto sì che l’ospedale pistoiese si trovi attualmente in una condizione di grave disagio manifestato quotidianamente e con insistenza da parte degli operatori sanitari e dei medici in particolare.
A fare fronte ad una domanda di assistenza significativamente aumentata in termini di numero e di complessità deve rispondere un personale numericamente insufficiente organizzato secondo modalità che spesso generano confusione, all’interno di una struttura in termini di posti-letto uguale o minore.
Questo determina quotidianamente una collocazione dei pazienti spesso casuale e per forza di cose non corrispondente al livello di intensità corrispondente alle loro condizioni oltre alla necessità di aprire spazi come quelli della chirurgia a ciclo settimanale (“week surgery”) ovviamente destinati ad un altro impiego.
In una situazione critica come l’attuale è necessario agire su leve strategiche e strutturali. Fra queste ultime il potenziamento dell’ospedale di Pescia, un ulteriore sviluppo del ruolo della struttura di San Marcello e l’attuazione di piani operativi sul territorio. Per quanto attiene le leve strategiche gli elementi sui quale agire sono imprescindibilmente riportabili alla gestione delle risorse umane tramite la corretta applicazione delle norme contrattuali e l’implementazione di percorsi di sviluppo delle competenze.
Su entrambi i fronti, a partire dall’insediamento che auspicabilmente avrebbe dovuto porre rimedio agli effetti negativi prodotti dalle precedenti gestioni come noto implicate in valutazioni anche di tipo giudiziario, l’attuale Direzione aziendale non è stata in grado di fornire fino ad oggi risposte adeguate. Ha continuato ad agire secondo indirizzi finalizzati a logiche ragionieristiche di solo risparmio e non, come più volte proposto dall’Intersindacale Medica, attraverso la costruzione di un legame strettissimo fra i bisogni specifici di salute dei cittadini, descritti puntualmente dai dati di mortalità e di malattia che sono registrati e disponibili, e gli investimenti da effettuare. Ma fino ad ora da parte aziendale non è pervenuta alcuna risposta.
Per di più, per quanto riguarda la risorsa professionale medica, la Direzione sta procedendo secondo una confusa programmazione delle assunzioni messa a punto su criteri non noti (in un recente passato arrivando anche a prescindere dalla semplice informatizzazione), non sta agendo conformemente a quanto si sta delineando in sanità con il decreto 101 relativamente alla stabilizzazione dei precari, non ha ancora risolto la storica penalizzazione dei medici più giovani ai quali viene di fatto disconosciuto il peso della specificità professionale e di conseguenza la possibilità di sviluppo delle competenze.
Ad aggravare questo drammatico scenario che penalizza le forze professionali più fresche e che oramai riguarda la sola azienda pistoiese fra tutte le aziende sanitarie toscane, si aggiunge l’aggravante di un investimento risibile in formazione e l’applicazione di un ventaglio di regole che ne ostacolano in tutti i modi la fruizione.
Al contrario nei livelli più elevati del management aziendale si continuano a mantenere aggregazioni di multi-incarichi “fiduciari” a singoli dirigenti che dovrebbero essere in grado di gestire contemporaneamente strutture e funzioni estremamente impegnative anche afferenti ad aree diverse (dalla prevenzione allo staff della direzione aziendale, alla qualità, alla direzione sanitaria, alla promozione della salute ecc.) a dimostrazione o di uno straordinario eclettismo di qualcuno o dell’assoluta inutilità di alcuni incarichi stessi.
Di fatto questo profilo aziendale è risultato utile  a generare un altro paradosso: la corresponsione di livelli retributivi estremamente elevati ad un pugno di dirigenti che superano quelli degli stessi direttori della Direzione aziendale ai quali  essi dovrebbero rispondere. In più, a fronte della incapacità di innovare il ruolo dei primari, si è scelto di lasciare le strutture che fanno assistenza nell’ospedale con una percentuale elevatissima di incarichi precari ed a termine.
A fronte di tutto questo l’Intersindacale si riserva di fare ricorso a manifestazioni pubbliche anche eclatanti soprattutto a difesa dell’occupazione, del precariato e dei colleghi più giovani cogliendo l’occasione per evidenziare che livelli analoghi di malessere sono recentemente emersi anche intorno al nuovo ospedale di Prato.
La divisione che è stata inserita e consolidata fra le componenti gestionali ed i clinici è sicuramente uno degli elementi di debolezza dell’aziendalizzazione ed una delle cause che ha fatto scivolare il Sistema Sanitario Toscano al sesto posto nel Rapporto 2013 dell’Università Bocconi (Rapporto OASI 2013) dopo Emilia R., Friuli V.G., Veneto, Umbria e Lombardia.

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[Martedì 28 gennaio 2014 | 21:31 - © Quarrata/news]

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