sabato 28 dicembre 2013

WARHOL, GENIALITÀ IN COMMERCIO


di LUIGI SCARDIGLI

A Palazzo Blu, a Pisa, mostra del padre della pop art

PISA. Non se ne sarebbe potuto fare a meno, della sua stravaganza, della sua genialità.
E questo, Andy Warhol, lo capì presto, tanto che appena fu in grado di liberarsi da spettri e persecuzioni, si mise ad inventare pubblicità. Certo, lo faceva inconsapevolmente, in nome di un’arte alternativa, fuori da qualsiasi schema, almeno quelli fino allora noti e piacque così tanto, ai produttori della felicità, che presto se lo contesero. Anticipò tutti, Warhol e lo fece con una scaltrezza ed un’eleganza tali che nessuno si è mai permesso il lusso di additarlo come un inimitabile venditore di fumo.

Non a caso, all’inizio del percorso guidato della mostra di alcuni suoi frammenti artistici, aperta al pubblico a Palazzo Blu, sui Lungarno pisani, c’è una scheda biografica, segnata da alcune date cardine, anni compresi tra la forbice del 1929, quando nacque, fino a quella del 1988, quando morì; momenti essenziali della sua carriera che andò a braccetto con gli avvenimenti mondiali: la politica, il gossip, le guerre, la musica, le dive, la liberalizzazione dello spirito, tutto, ma proprio tutto, formato spot.
No, non si vendette mai al miglior offerente: furono loro, i capitani delle multinazionali, che finse di combattere, a cercarlo con il lanternino, assicurandogli massima libertà espositiva. I ritratti? Ne bastava uno, tutti gli altri, identici, venivano verniciati, così come le fotografie, anche quelle fatte alla macchinetta delle fototessere; le cuciva tra loro, perfettamente uguali, fotocopie di fotocopie con la garanzia del colore, lasciando bene in vista il filo con il quale, con tanto di ago, effettuava i collage. Con lo stesso filo di lana intrecciava percorsi che diventavano quadri, con le fotografie e gli autoritratti, a bizzeffe, anticipò il foto shop, anche se provocatoriamente al contrario, così come con la telecamera: fissa su un personaggio, famosissimo, ci mancherebbe altro; a fare tutto il resto ci penseranno i critici, che qualcosa dovranno pur fare!
Un Adriano Celentano che parla veramente americano, un Giulio Andreotti vestito hippie, Andy Warhol riuscì a calamitare un’intera generazione, diventando un inestimabile punto di riferimento non solo per i suoi naturali compagni di viaggio, da Nico a Jagger, dalla Taylor alla Monroe, passando per Lou Reed, ma anche per Nixon e la Casa Bianca, con uno sguardo da spettatore divertito dello scandalo Watergate, del fallimento bellicoso del Vietnam e l’insopprimibile scalata al vertice di Mao.
Tutti in formato poster, fedelmente riprodotti, da decenni, su t-shirt, pagine di pubblicità, scatolette di alimenti commestibili, per uomini e animali; tutti colorati – perché sono i colori a decretare gli umori e le angolazioni: la vita è sempre la stessa – un performer straordinario che è stato un maestro per tutta la generazione postuma, ad iniziare da una delle sue più grandi simultanee, la serba Marina Abramovic.
Una mostra che va vista (resterà aperta fino agli inizi del prossimo febbraio), con un prezzo del biglietto decisamente ragionevole (10 euro), anche sul sito si parla di ingresso gratuito.

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Sabato 28 dicembre 2013 | 10:57 - © Quarrata/news]

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