giovedì 7 novembre 2013

MATTINATA DA TRIBUNALE: PRESIDIO PER NON DIMENTICARE BEATRICE BALLERINI E UN PIPPO BAUDO SERENO CHE DOVEVA RISPONDERE PER UNA BATTUTA SULLE DONNE DELL’EST A MONTECATINI

Il presidio di ‘Liberetutte’

di LUIGI SCARDIGLI

Manifestazione organizzata dal centro ‘Liberetutte’ per testimoniare solidarietà e coraggio al processo per l’omicidio di Beatrice Ballerini – Il presentatore siculo: «Sono sereno. È stata solo una frase innocente che non voleva alludere a nulla»

PISTOIA. Massimo Parlanti, l’omicida reo confesso di sua moglie Beatrice Ballerini, è arrivato a bordo del cellulare della polizia penitenziaria con oltre mezz’ora di ritardo sull’orario previsto per l’udienza. Hanno forse voluto evitare, le autorità, che l’unico imputato del processo in sede dibattimentale venisse, seppur per pochi istanti, a contatto con i familiari della vittima e con tutte le persone che stamani, in piazza del Duomo, hanno voluto testimoniare la loro solidarietà ai parenti della donna brutalmente uccisa, e la loro ferma volontà di non dimenticare.

Ma alle donne del centro antiviolenza Liberetutte, presenti in modo massiccio in piazza del Duomo dinanzi all’ingresso del Tribunale, a partire dalle 10, non interessava incrociare lo sguardo dell’assassino.
«I processi sui casi di violenza femminile – tengono a sottolineare alcune rappresentanti di Liberetutte – sono orami un fatto quasi esclusivamente mediatico, che si esaurisce con lo scemarsi dell’emozione. Siamo qui, oltre che per dare il nostro sostegno morale ed affettivo ai familiari di Beatrice, soprattutto perché vogliamo che i processi per violenza sulle donne non vengano depauperati della loro crudele bestialità, né derubricati in sede processuale, e che la pena agli imputati, quasi sempre uomini, non goda di attenuanti dettate da una lettura distorta e demagogica dei rapporti umani».
L'arrivo di Massimo Parlanti
C’è il fratello, di Beatrice Ballerini, a sostenere uno dei lenzuoli affissi sull’intonaco del muro del Tribunale sui quali si chiede giustizia, e ci sono tante, tantissime donne: qualcuna ha gli occhi inumiditi dal pianto, altre dalla rabbia. Nel più totale silenzio. Nessuna ha voglia di parlare, nessuna vuole che questa dimostrazione venga in alcun modo distorta, folklorizzata.
Il cellulare che porta Massimo Parlanti dalla casa circondariale di Santa Caterina in Brana tarda ad arrivare; l’udienza, la seconda udienza, che fa seguito alla prima nella quale l’imputato ha confessato l’assassinio, è fissata alle 11. Le donne sono lì da un’ora. Aspettano, ma senza impazienza. Vogliono che si sappia che questa spirale brutale e perversa non cada nel dimenticatoio e che una donna uccisa non sia soltanto la vittima di un raptus o di una lite sfociata in male: è la sottocultura maschista che vogliono che sia una volta per tutte annientata, e che i mariti, i compagni e gli ex di turno carnefici paghino il dazio che spetta loro.
Pippo Baudo. Dal fondo della piazza, proprio prima delle 11, arriva un elegante signore con impermeabile marrone chiaro: è Pippo Baudo. Coincidenze dibattimentali hanno voluto che il giorno della seconda udienza del processo Ballerini coincidesse con la querelle giudiziaria che vede il noto presentatore accusato di diffamazione dall’ex Sindaco di Montecatini, Ettore Severi, in relazione ad una battuta che avrebbe pronunciato, a dire del primo cittadino termale, infelice e denigratoria sulla massiccia presenza delle donne dell’Est nella cittadina di Valdinievole.
Giunge Pippo Baudo
«Sono oltremodo sereno – ha esordito Pippo Baudo ai giornalisti che l’hanno pacificamente assalito –. La frase attorno alla quale si è scatenato questo putiferio era una innocentissima battuta che ho fatto senza il minimo tentativo di allusioni. Montecatini è una delle mie seconde città natali, dove ho condotto decine e decine di spettacoli. Mi sembra che si sia voluto esagerare».
Fotografi e giornalisti, còlto il secondo piccione con una fava, tornano a piantonare la piazza, in attesa di Massimo Parlanti: si sono posti strategicamente all’angolo di via degli Orafi, temendo che l’imputato accompagnato da agenti di custodia raggiungesse il Tribunale non dal portone di piazza del Duomo, ma da quello laterale.
Le donne riarrotolano le lenzuola dove avevano disegnato la loro paura, la rabbia e il coraggio; anche i curiosi, nonostante la temperatura primaverile, decidono di allontanarsi.
Poi il cellulare blu arriva. Una piccola manovra in retromarcia ed ecco che arriva l’imputato. Si guarda intorno per vedere chi c’è: le donne se ne sono andate, quasi tutte.
Loro aspettavano la giustizia, non lui.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Giovedì 7 novembre 2013 | 15:34 - © Quarrata/news]

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