PISTOIA. Ecco un emblematico esempio di cosa può accadere alle poste di questa città a misura d’uomo.
Dovendo fare due telegrammi di 35 e 37 parole, stamattina – 28 settembre – sono entrato in una posta cittadina alle 12:26. Lo potete vedere dal cedolino. Il mio numero era il P040. Allo sportello 3 stavano servendo il P039.
Data l’ora e data la fretta del mezzogiorno, mi sono ritenuto fortunato.
Al contrario, dopo 30 minuti, stavano passando tutti i numeri della sigla A e E che erano arrivati anche nel frattempo e molto dopo di me.
Allo sportello 2 un’impiegata aveva perso una ventina di minuti a contare (tre volte, tre!) 2.600 euro che una cliente era venuta a ritirare; allo sportello 3 un’altra impiegata prima era stata nel retrobottega per una decina di minuti, poi si era messa a contare quattrini per dare euro alla collega dello sportello 2, poi aveva cominciato a servire le altre sigle A e E; allo sportello 4 o 5 (non ricordo bene) un impiegato, gentilissimo e flemmatico, aveva spicciato (con calma) una famiglia di albanesi alle prese con passaporti, firme e soldi – non so se versati o ritirati.
Finita questa fila, mi aspettavo che suonasse il fatidico P040 che avevo: e invece si ricomincia con la sigla E.
Si può, per due telegrammi, aspettare 30 minuti vedendo che tutte le sigle avanzano (anche quelle arrivate dopo di te) e tu non passi mai?
Prima ho chiesto, ad alta voce, perché da 30 minuti la P non passava più. A quel punto i due impiegati degli sportelli 3 e 4 hanno fatto finta di non sentire: sordomuti?
Allora ho alzato ancor più la voce.
Peggio che andar di notte: sembravano due sfingi mummificate ad occhi bassi, senza timpani né occhi, come dei Protei.
Esempio mirabile di produttività postale – grazie ai governi della privatizzazione! –, mentre mi guardavo intorno fra gli altri clienti, alcuni dei quali accennavano con il capo che avevo ragione, ho urlato che mai e poi mai mi è successo un fatto simile in poste di mezza Europa, comunitaria ed extracomunitaria , e non di città a misura d’uomo come Pistoia, robuccia da 90mila persone: Wiesbaden, Vienna, Budapest, Cracovia, Leopoli, Kiev. Al massimo in quelle poste ho atteso dai 3 ai 6 minuti circa. Non di più.
A questo punto le due sfingi hanno avuto il coraggio di chiedermi di non urlare: la direttrice stessa, dal suo ufficio, ha sentito la mia protesta e mi ha portato nella sua stanza, dove mi ha chiesto scusa per il disservizio.
Gli impiegati niente: ci fosse stato un pestaggio, una rapina, uno stupro, avrebbero fatto finta di non vedere e di non sentire. Bell’esempio di serietà e di disponibilità verso il cliente. Senza contare che ogni giorno ci sono centinaia di proteste sui servizi postali da ogni parte.
Concludo: entrato alle 12:26, il mio primo telegramma è stato spedito alle 13:00, il secondo alle 13:13.
Sono uscito dalle poste alle 13:15.
50 minuti di tormento perché le poste hanno un programma elettronico di servizio dei clienti che fa semplicemente venire la nausea, che non funziona, che non distribuisce un bel niente: ed è chiaro da questi fatti.
Per questo disservizio ho pagato 13,50 €, cioè 26 mila delle vecchie lire e 50 minuti di rottura e di presa in giro.
Il 25 agosto scorso ho spedito una Raccomandata 1 da Pistoia a Margine Coperta: il plico doveva giungere la mattina seguente. È arrivata dopo 4-5 giorni – non ricordo più, ma ho ancora la ricevuta.
Viva i governi delle privatizzazioni. E viva l’Italia – per chi ci crede.
e.b. blogger
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[Mercoledì 28 settembre 2011 – © Quarrata/news 2011]
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