di Luigi Scardigli
Vista l’età (47 anni) non è da escludere che alla base della sua street art pullulino retaggi tardo adolescenziali, fine anni ‘70, quando si urlava vietato vietare.
Clet Abraham infatti, ha voluto proseguire la linea giovanile della contestazione contestualizzandola un po’ e trasformando la segnaletica stradale in vere e proprie opere d’arte, con un retrogusto, dichiarato, non tanto per l’insofferenza, quanto per la responsabilità.
Per capire di cosa si tratti sarà però opportuno che sabato pomeriggio, a partire dalle ore 18 (la mostra resterà allestita fino al prossimo 21 ottobre), gli interessati si rechino presso la libreria «Lo Spazio», in via dell’Ospizio e osservino, con attenzione, ma anche superficialmente – che è la stessa cosa –, quello che si è messo in testa, trasformandolo in provocazione artistica, il quasi cinquantenne bretone naturalizzato italiano.
Avete presente il cartello che segnala un tratto di strada senza sbocco, senza via d’uscita, un T composta da un asse verticale bianco, limitato, nella sua parte superiore, da una barra rossa orizzontale? Bene, Clet Abraham l’ha trasformato in un crocifisso, sul quale è sacrificato Gesù.
E il cartello divieto d’accesso, quello circolare rosso con una fascia orizzontale bianca al centro? Lavori in corso, con un operaio che abbraccia la propria soma da lavoro.
E tanti altri ancora, con i quali l’irrazionale transalpino tappezza le strade dei centri storici, motivando le sue trasformazioni con principi difficilmente attaccabili o non condivisibili.
«Una profusione inverosimile di cartellonistica – afferma Clet Abraham, così come diramato dal suo ufficio stampa (quello che leggete qui lo leggerete, tale e quale, anche altrove) – elemento pittorico di un’estetica spesso fuori luogo e aggressiva, quanto povera di contenuto: via, alt, largo, spazio, avanti! Non nego l’utilità di una parte della segnaletica, però so che la vera sicurezza non dipende certo da un cartello, ma dalla prudenza e dalla responsabilità di ciascuno. E invece, spesso, una buona parte dei cartelli stradali vengono collocati non tanto perché indispensabili di per sé, ma piuttosto per tutelarsi da eventuali rimproveri legali, in una dilagante cultura della de-responsabilità».
Bisogna che Clet si ingegni anche per ironizzare sugli autovelox: se non per l’arte, almeno per i malcapitati multati, che non hanno alcuna voglia di ridere, altrimenti!
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Venerdì 23 settembre 2011 – © Quarrata/news 2011]
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