di LUIGI SCARDIGLI
Prima rappresentazione di Priscilla, la regina del deserto,
al Verdi di Firenze
FIRENZE. Le più sofisticate dittature, tipo la democrazia, quando
percepiscono, nitidamente, che i propri sudditi siano allo stremo della
sopportazione, si adoperano ad organizzare eventi di alta distrazione. E
siccome, noi sudditi di questa democrazia, nello stremo navighiamo ormai da
troppi anni, vi consigliamo vivamente, proprio per staccare la spina dal
grigiore dell’insicurezza ed inserirla alla presa della speranza delle illusioni,
di andare a vedere Priscilla, la regina
del deserto, sul palcoscenico del teatro Verdi di Firenze in via Ghibellina
fino al prossimo 24 novembre.
È vero, è sin troppo politicamente
corretta, la rappresentazione, una trasposizione teatrale figlia di una
plurisegnalata pellicola cinematografica, con un lieto fine parecchio improbabile
e una serie di coincidenze difficilmente verificabili. Ma ve lo abbiamo detto:
questa è la palestra dei sogni e Priscilla
ne è una dimostrazione lampante, evidente. Ma anche esemplare, scendendo nei
dettagli dello spettacolo, perché scenografie tanto plurime, semoventi e
composte, immerse in un’orgia di colori e affidate ad un corpo di ballerini-cantanti
con propensioni spudorate alla recita di pregevole talento, siamo onesti, il
mix si fa autoritario, stratosferico e il risultato, inevitabile, è un totale
gradimento, scandito da ritmici applausi tributati sistematicamente al termine
di ogni sketch, interpretazione canora, balletto mozzafiato su trampoli vertiginosi.
La storia, cinematografica, di Priscilla risale al 1994, quando Stephan
Elliott si mise all’anima di mettere su un vecchio torpedone riverniciato di
rosa Bernadette, Mitzi e Felicia, una trans e due drag queen, un trio con
trascorsi e sogni di spettacolo che partono, da Sidney, alla volta di Alice
Springs, per raggiungere la ex moglie di Tick,
che dirige l’Hotel Casino Lasseters e che esige che loro figlio conosca suo
padre.
Colpi di scena, sottile ironia, spesso farcita da un frasario da drag e
una valanga di buoni sentimenti sono il corollario ad una trasposizione
teatrale maestosa, un musical portentoso, sulle note di alcuni memorabili song
degli anni 80, da Madonna ai Village People, da Cindy Lauper agli Abba, Gloria
Gaynor e altre indelebili stelle del firmamento della discomusic, cantati, dal
vivo, da uno stuolo di recitatori professionisti impeccabili, un nugolo di
professionisti ineccepibilmente preparati, con ore di palestra per tenere a
bada gli addominali e rafforzare, fino all’invidia, i muscoli dei glutei e
stagioni intere trascorse ad addomesticare voci e movenze alle basi musicali.
Meravigliosamente inutile, questo Priscilla, da un’angolatura speculare, è
una vera e propria gemma dello spettacolo: sfruttato fino all’esaurimento per
riequilibrare le anime smarrite e spezzate degli statunitensi dall’attacco alle
Torri Gemelle, spaccia per risolto un problema che invece, a venti anni dal
battesimo della pellicola, lascia ancora tutto delittuosamente sospeso. I
colori mortificati dal nero e la consapevolezza morale e sessuale di un mondo
in continua crescita, quello delle trans, che si ritrovano, almeno dalle nostre
parti, a Torre del lago, nel locale di Regina,
una veterana della strada; il locale, naturalmente, è il Priscilla.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Giovedì 14 novembre 2013 | 08:57 - © Quarrata/news]
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