domenica 27 gennaio 2013

NON C’È MAI SILENZIO. DURI MA SENZA MAI PERDERE LA PROPRIA TENEREZZA

di LUIGI SCARDIGLI

L’inferno nel giro di tre minuti – Un omaggio alla loro memoria

CASALGUIDI. Conoscendola, Elisabetta Salvatori, non è da escludere che nel proprio background ci sia anche lo studio degli scritti di Ernesto Guevara e tra questi, certamente, uno le sarà rimasto più impresso degli altri: bisogna essere duri, senza mai perdere la propria tenerezza.
Ve lo scrivo dopo averla vista, ieri sera, al teatro Francini di Casalguidi, nel suo Non c’è mai silenzio, una poetica denuncia sulla strage consumatasi lunedì 29 giugno 2009, alle 23:50, in via Ponchielli, quella stradina anonima che costeggia la parte superiore della stazione ferroviaria di Viareggio, quei binari che dividono a metà il pentagramma ideale che disegna il comune versiliese.

Quella notte, furono 32 le persone che persero la vita a causa del disastro ferroviario (annunciato) da uno dei treni-bomba in giro sulle rotaie del nostro paese, quelli che trasportano gas propano liquido (gpl) senza le più elementari norme di sicurezza.
Ma non è della denuncia, affatto rimandata, ma ribadita, eccome, dal monologo di Elisabetta Salvatori, viareggina forte e decisa, che voglio parlarvi; mi preme raccontare la sua grazia, la sua gentilezza, la sua eleganza, una miscela, galante ma precisa, di rabbia e denuncia, amore e violenza, tenerezza e giustizia.
Ha scelto di tracciare le sagome di ognuno dei 32 morti, Elisabetta, ma non nel momento del distacco, della fine e dunque, nell’automatica iscrizione alle tavole della memoria; lo ha fatto riannodando le loro vite, i loro sogni, le loro ambizioni.
Via Ponchielli non è strada percorsa da villeggianti, e non soltanto perché quella notte era il 29 giugno: neanche di luglio e di agosto, i vacanzieri viareggini passano per via Ponchielli. In quella stradina senza negozi, ci stavano giovani, vecchi e bambini che aspettavano, sereni e pieni di desideri, il tempo che restava loro: il fornaio che alle 23:50 si reca al lavoro approfittando della passerella che taglia in due i binari; una piccolissima comunità di extracomunitari che festeggia il ricongiungimento, a Viareggio, di alcuni loro cari; due anziani coniugi, sposati da 33 anni, che hanno preso in affitto, in via Ponchielli, un modesto appartamentino in attesa che terminino i lavori di ristrutturazione della casa che sono riusciti a comprarsi dopo anni e anni di sacrifici.
Nessun morto speciale, in via Ponchielli, a Viareggio, la notte del 29 giugno 2009 alle 23:50: trentadue ignari cittadini strappati alla vita dall’incuria e dalla responsabilità di alcuni che hanno deciso di sorvolare sui fondamenti della sicurezza, dall’amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato ad altri illustri signori, tutta gente che la notte del 29 giugno 2009 alle ore 23:50 non si trovava in via Ponchielli, dove a causa della rottura di un semiasse del primo vagone del treno merci che transitava a 100 km/h, anziché a 50 km/h, come avrebbe dovuto, il convoglio, deragliando, ha subito uno squarcio di mezzo metro nel mega serbatoio contenente gpl, che ha sprigionato, nel giro di 180 secondi, l’inferno.
Non se ne è dimenticato uno, dei 32 morti di quella notte, Elisabetta Salvatori, che ha raccontato, con una commovente tenerezza, la vita di ognuno di loro. A rendere ancor più tragicamente soave il ricordo e la denuncia, il violino e la chitarra di Matteo Ceramelli, che accompagna lo scricciolo viareggino in questa tournée che non ha la minima intenzione di risparmiare nulla e nessuno.
«Dovrei attualizzarla costantemente questa rappresentazione – ha detto Elisabetta Salvatori al termine della recita e soffocata dalla riconoscenza, artistica e politica, degli spettatori –. Riccardo, il ferroviere che denunciò immediatamente le gravi responsabilità dei vertici di Ferrovie dello Stato, e che per questo fu licenziato, proprio due giorni fa non ha apposto la propria firma sul documento, già firmato da Moretti (Ad di Fs), per il suo reintegro a pieno titolo in azienda indorato da un assegno di 20.000 euro a titolo riparatorio: vuole andare avanti, Riccardo, perché dietro quella sciagura è provvidenzialmente nata un’associazione che raccoglie la solidarietà di tutte le famiglie che piangono e non smetteranno mai di piangere la morte di un loro caro; ma non solo di via Ponchielli, ma anche della Moby Prince di Livorno e di tante altre sciagure, tutte italiane e tutte figlie di un delittuoso disegno capitalista: quello del risparmio e del maggior guadagno che nasce da tagli, indiscriminati e criminali, sulla sicurezza».
Oggi è anche la giornata della Memoria e perché nessuno dimentichi, i campi di concentramento e via Ponchielli, è oltremodo indispensabile che silenzio, non ci sia mai.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Domenica 27 gennaio 2013 | 10:40 - © Quarrata/news]

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