sabato 26 gennaio 2013

WORDSTAR(S), UN PAGLIAI LONTANO DAL SUO ‘CANOVACCIO’


di LUIGI SCARDIGLI

PISTOIA. Non sarò stato il solo a rimanere piacevolmente meravigliato da cotanto camaleontismo. Perché Ugo Pagliai è, chimicamente, elegante e riuscire ad indossare i panni, sdruciti e scomposti, di Samuel Beckett, non era poi così semplice.
Per non parlare di quelli della moglie, Paola Gassman – nella vita e su questo set –, defunta (solo in scena), indossati in un armadio e in un frigorifero, duettando con l’amante del marito (Paola Di Meglio, romana di Trastevere), anch’essa già morta ma ancora presente, come un retaggio costante del passato, che è la pianta, graziosa, di un abat-jour .

Vitaliano Trevisan, che ha scritto la commedia, affidandone le sorti alla regìa di Giuseppe Marini, che si è sua volta fidato delle scene, asimmetriche e importanti, costruite da Antonio Panzuto, che ha delegato a Gianluca Falaschi l’onere dei costumi, a Marco Podda quello delle musiche e a Pasquale Mari le luci, ha vinto una scommessona, perché vedere i coniugi Pagliai alle prese con due personalizzazioni alticce, surreali, senza perdere la regalità di decenni di recitazione, non era cosa semplicissima.
Esperimento teatrale esemplare, che mi ha convinto strada facendo. Certo, Ugo Pagliai ha il torto di essere elegante anche con uno straccio addosso e sulla via del declino e sua moglie, Paola Gassman, di essere austera anche quando racconta fiabe ai nipotini, ma questa parentesi, Wordstar(s), che si ripeterà stasera e domenica pomeriggio al Manzoni come secondo appuntamento del 2013, è veramente una piacevolissima nota lontano, parecchio lontano, dal canovaccio al quale Pagliai aveva addomesticato migliaia e migliaia di appassionati del suo teatro.
Nel primo tempo infatti, quello riservato alle presentazioni e ai vari ruoli semantici, Pagliai è rimasto adorabilmente affezionato al proprio ruolo, sontuoso e catartico, non riuscendo a liberarsi del tutto da quella nobilità che lo perseguita, sembrando più un impudente millantatore alla caccia di una pensione di invalidità che un uomo distrutto da se stesso.
Durante l’intervallo, il coach deve aver strigliato a dovere i protagonisti, perché al ritorno sul palcoscenico, intento a richiamare e imboccare i piccioni, Samuel Pagliai Beckett è finalmente diventando quell’uomo borderline incapace di gestire la propria vita e le proprie pulsioni.
Al termine, con l’immancabile corollario di colpi di tosse in sala – e dire che una ditta ristoratrice, per reclamizzarsi, prima della rappresentazione, ha gentilmente distribuito dépliant e caramellino – il boato di applausi, con qualche irresistibile bravo urlato all’indirizzo di un pistoiese, Ugo Pagliai, che è riuscito a farsi strada nel mondo, impervio, della cultura, senza passare mai dalle entrate secondarie.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 26 gennaio 2013 | 16:24 - © Quarrata/news]

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