venerdì 18 gennaio 2013

TORNATORE E LA SUA ‘MIGLIORE OFFERTA’

di LUIGI SCARDIGLI

PISTOIA. Ci sono due verità, non scritte, ma difficilmente opinabili, nella vita: l’onnipotenza dell’amore e la fragilità, che diventa dabbenaggine, fino alla stoltizia, degli uomini. Questo lo sa benissimo anche Giuseppe Tornatore, tanto che ha deciso di dedicare, attorno a questo binomio, la sua ultima pellicola, La migliore offerta, in programmazione, questi giorni, al multisala Lux di Pistoia. Andatelo a vedere, perché merita, con un Geoffrey Rush nei panni di Virgil Oldman, uno stimatissimo battitore d’aste che improvvisamente perde la testa per una fantomatica ereditiera che decide di consegnargli la stima e la vendita di un’infinità di capolavori custoditi nell’abitazione dei genitori morti, nel giro di pochi giorni, l’anno precedente.

Un giallo psicologico degno della miglior cinematografia europea, questo di Tornatore, impreziosito da una fotografia rapsodica e da un’interpretazione collettiva decisamente eccellente.
Claire Ibetson (Sylvia Hoecks), la finta ereditiera, è solo un’abilissima truffatrice, che riesce ad intrigare, fino allo spasmo, l’anziano battitore, fino a quel momento rapito solo e soltanto dalla bellezza delle donne ritratte sulle tele delle quali si è impossessato anche con l’aiuto di un vecchio amico complice, Billy Whistler, un simpatico Donald Sutherland.
Claire – una falsa agorafobica che scuoterà le stabili ingessate e psicopatiche certezze dell’anziano battitore, avviato alla professione dai sadici castighi ai quali era sottoposto, in adolescenza, dalle suore presso le quali studiava – si avvale, in questo ingegnoso raggiro psicologico, della complicità del giovane Robert (Jim Sturgess).
Il tratto più significativo della pellicola, comunque, resta quello dipinto attorno alla violenta e inaspettata improvvisa trasformazione dell’anziano battitore che rinnega e ritratta tutte le sue cerimonie che lo hanno fino a quel momento contraddistinto al cospetto di un amore che presume vero, quello di una bellissima giovane donna che saprà concedersi con parsimoniosa e speculare avarizia quel tanto che basta per mandare fuori giri la vittima-corteggiatore.
Una profonda e commovente tenerezza che si esalta e chiude il cerchio, fino alla sua sublimazione, con la scoperta, da parte del protagonista, del raggiro sofferto e inferto proprio da quella ristrettissima cerchia di persone che potevano avere contatti e contaminare la sua riservatissima sfera personale e che raggiunge la stratosfera cinematografica al suo epilogo, quando l’anziano battitore, prima di impazzire e finire i suoi giorni in una casa di cura, decide di andare a vivere a Praga, in una casa che si affaccia sulla piazza dell’Orologio, dove Claire gli ha accennato, durante le piccole e claustrofobiche confessioni, essere stata in compagnia dell’unico fidanzato avuto prima del manifestarsi della malattia, un amore stroncato da una disgrazia avvenuta all’uscita del ristorante Night and Day, quando una macchina investì ed uccise il suo unico amore.
È lì, in quel ristorante, che Virgil Oldamn spende i suoi ultimi giorni di lucidità, aspettando seduto ad un tavolo apparecchiato per due la sua Claire, l’illusione di un amore necessario. Indispensabile.

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[Venerdì 18 gennaio 2013 | 17:42 - © Quarrata/news]

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