domenica 17 febbraio 2013

FANTASMI. SBOCCONCELLANDO PIRANDELLO E BECKETT


di LUIGI SCARDIGLI

Ma lo spettacolo era troppo concentrato e talvolta ermetico e di non facile afferrabilità

PISTOIA. Non sempre si può assistere ad uno spettacolo teatrale con il desiderio di soddisfare il sano e rispettabilissimo principio del divertimento, dello svago. Alcune volte – e ieri sera è stata una di queste – occorre munirsi di massima attenzione e non concedersi distrazioni, nemmeno emotive: bisogna stare concentrati sul pezzo e ripercorrere, obbligatoriamente, le nostre conoscenze storico-letterarie e capire di cosa stiano parlando quei tre sul palco.

I tre Fantasmi infatti, che oggi pomeriggio alle 16, si presenteranno sul palcoscenico del Manzoni per la seconda e ultima replica, si sono surrealmente sbizzarriti, sbocconcellando Pirandello e Beckett e lasciando, spesso, attoniti, gli spettatori, estasiati dalla leggerezza della recitazione, ma non sempre coordinati con la loro metrica, soprattutto durante il monologo di Margherita Smedile, che si è intromessa tra le folli, ironiche ma intuibili conversazioni tra Totò e Vicè (Enzo Vetrano e Stefano Randisi, che hanno anche firmato la regìa), sospesi tra la vita e la morte, tra l’inutilità e la scomodità della morte e l’ingegnosa resurrezione, Gianni e Pinotto vietato ai minori.
E che lo spettacolo non ricalcasse gli abituali copioni molti l’hanno capito durante il popolamento della sala, nella quale si sono aggirati, curiosi e impauriti, due folli figuri, che dopo aver stordito i presenti, hanno preso la via del palco per andare ad incominciare. Uno spettacolo breve, ironico, difficilissimo, reso ancor meno deglutibile dall’impostazione linguistica e sintattica di Franco Scaldati, che ha curato le conversazioni borderline di Stanlio e Ollio alle prese con la metempsicosi.
L’atto, unico, si svolge al di qua e al di là di binari che trasportano sogni e paure, non vagoni, nonostante spesso si oda il rumore del treno; un’ombra inquietante rilancia in sala le figure bislunghe dei protagonisti, con un gioco d’ombre che deformano, paurosamente, le dimensioni dei protagonisti, rendendoli ora troppo grandi per esser veri, ora troppo piccoli per essere credibili. Un pezzo di ferrovia tagliata dal tempo e dalle stazioni, restata incolume ad un bombardamento bellico o soltanto alla guerra che ognuno di noi si porta dietro, dentro.
Insomma, a me, la visione di ieri sera, non è bastata: occorrerebbe tornare alla carica e vederli di nuovo all’opera; non foss’altro per annusare la loro discrezione scenica, il loro tatto, la loro incruenta esplosività, ma principalmente per cercare di capire qualcosa in più del molto, troppo, che ieri sera, onestamente, mi è sicuramente sfuggito.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Domenica 17 febbraio 2013 | 10:05 - © Quarrata/news]

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