di LUIGI SCARDIGLI
Lorenzo Del Pero |
Una voglia indimenticata ed
indimenticabile di vivere – Continui richiami al passato, segnali di passione e
studio
PISTOIA. A forza di ascoltare, fino all’esaurimento, Fabrizio De
André e Jimi Hendrix, Bob Dylan e Giorgio Gaber, ed avendo aspirato musica
negli anni suoi più floridi, dai Doors alla new age e sulla base di una
struttura musicale e vocale degne di essere definite tali e dunque riconosciute
come originali, si fa presto a lasciarsi contaminare fino all’esasperazione.
A questo poi, aggiungiamoci anche – ed è inevitabile – le
gocce di dolore e di sudore delle quali trasuda l’intera registrazione, e l’equazione
si svolge da sé, fino a dare il quadro, approssimativo, sì, ma abbastanza
fedele, del Cd che uscirà tra giorni di Lorenzo Del Pero, Cd omonimo, come non
avrebbe potuto avere altro titolo, del resto.
Certo, la profonda e datata reciproca conoscenza che non ci
ha mai legato abbastanza potrebbe facilmente essere un limite a questa mia
dissertazione sulla sua opera che ho l’onere e l’onore di recensire. Ma lo
faccio con tutta la felicità, la presunzione e l’entusiasmo che mi lega
indissolubilmente a questo mestiere iniziando con il dire che l’album Lorenzo
Del Pero è una gran cosa: sottilissimo, soffertissimo, schivo agli applausi a
scena aperta, distante da ritrovi oceanici, preferibilmente appartato, intimo,
confessionale, seppur i decibel del suo diaframma hanno la potenza di scuotere
torpori.
Ad assecondare questa sua libera autoflagellazione, con
alcune chance di resurrezione che vanno coltivate, altrimenti si depotenziano
fino al loro svilimento, musicisti in grado di percepire, oltre al groove,
anche e soprattutto lo stato d’animo portante dell’intero lavoro: Davide Malito
Lenti alla batteria, Carlo Romagnoli al basso, Carlos Perez alle percussioni,
Alice Chiari al violoncello, David Fisicaro al contrabbasso e con la
partecipazione, in una delle dieci tracce, la prima, quella che scopre
immediatamente l’umore dell’intera registrazione (Saltimbanchi), di Maurizio
Geri alla chitarra.
I testi, la voce e l’arrangiamento, sono suoi, naturalmente,
di Lorenzo Del Pero, coadiuvato, nella messa a punto del lavoro, da Daniele
Landi, che è anche, con Simone Ferrini, il produttore di questa incisione,
partorita nel settembre dell’anno scorso; fotografo del cofanetto, Giacomo Fé.
Veniamo al disco, ora. Io l’ho ascoltato e riascoltato in
macchina, viaggiando e cercando di farmi suggerire la direzione giusta; senza
trovarla. Anzi, ad ogni bivio sono stato colto dallo stupore, prima che dalla
sorpresa, di non saper quale direzione prendere, anche al cospetto di incroci
che fino all’ascolto di Lorenzo Del Pero potevo affrontare con una benda sugli
occhi. No, non è affatto facile, sentire Del Pero, anche se la musicalità è
oggettivamente fiera e anche i testi paiono meno cruenti e omicidi di quel che
realmente sono in virtù della dolcezza con la quale vengono offerti, rimati,
ritmati e confezionati.
Ascoltare il Cd di Lorenzo Del Pero è come ascoltare Lorenzo
Del Pero; oh sì, certo, seduti ad un tavolo di un’osteria fuori porta, ma anche
in un pub tra le mura, occorre seguire il suo filo in religioso e scrupoloso
silenzio, onde evitare di perdersi tra i suoi sguardi a volte beffardamente
cupi; quando canta è bene tenersi lontano dagli amplificatori, invece,
altrimenti le urla agonizzanti di una morte incombente ma che pare allontanarsi
con sistematica frequenza potrebbero stordirvi. È ricco di fraseggi, il lavoro,
di continui richiami al passato, segnali inequivocabili di passione e studio,
contaminazione e rielaborazione, personalità e senso delle cose, più che della
misura.
C’è la voglia indimenticata ed indimenticabile di vivere,
nelle odi di Lorenzo, il terrore di morire, a stento, tra l’altro, la
riconoscenza di chi ha avuto la forza ed il coraggio di aspettare e vederlo
risorgere. Un crooner con un diaframma in si bemolle, un Leonard Cohen con l’ugola
di Alberto Fortis, un Lorenzo Del Pero che somiglia, maledettamente, se stesso
e che ora dovrà affrontare la lunga e faticosa opera di presentazione di un Cd
la cui gestazione ha già avuto, in ogni senso, del miracoloso.
Il primo quadro, Cezanne, riuscì a venderlo il giorno del
suo 56esimo compleanno: i sogni, qualche volta, si avverano!
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Giovedì 10 gennaio 2013 - © Quarrata/news 2013]
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