domenica 10 novembre 2013

BATTISTA, O DELLA COMICITÀ NATURALE


di LUIGI SCARDIGLI

Romano, il comico è una rivelazione dell’ultima generazione Lo ha ribadito ieri sera al Verdi a Firenze

FIRENZE. Il copione, Maurizio Battista, ha iniziato a scriverlo in tempi non sospetti, da bambino, praticamente. Quando dopo essere stato bocciato per la terza volta in prima media, la madre, che con il padre gestiva un bar a San Giovanni, quartiere semicentrale della capitale, lo iscrisse ad una scuola privata.
«N’ero stato bbono a esse promosso ’na vorta all’anno – racconta Maurizio Batista durante il suo esilarante spettacolo, due ore e mezzo di nulla, di tutto, ma pieni di risate – che mi’ madre me fece pijà er diploma in un anno solo, tre in uno: se c’aggiungete altre tre piotte (piotta, centomila lire – n.d.r.), disse er direttore de ’sta scola, je damo pure ’a patente, ar  regazzo»!

Questo è Maurizio Battista, un perfetto autodidatta, ma non nel senso migliore che l’arte possa suggerirvi, ma in quello naturale. Roma, del resto, è un cantiere sempre aperto di provocazioni, suggerimenti, allusioni, soluzioni. Maurizio Battista ha saputo recepirne una quantità industriale che custodisce gelosamente ma confusamente dentro una valigiona, un vecchio baule in legno, dove ripone ritagli di giornale, appunti, fotografie stampate di cognomi improponibili affisse sui citofoni degli enormi condomini romani. La scenografia dei suoi spettacoli, ieri sera al Verdi di Firenze, in via Ghibellina, così come sui palcoscenici di tutto il mondo (romani se ne trovano ovunque e ovunque si ride dello slang metropolitano), è questa.
Una serata unica, è il titolo della rappresentazione che oggi pomeriggio, alle ore 16, chiuderà il trittico teatrale iniziato venerdì sera. Una serata unica che potrebbe indurre lo spettatore a pensare che l’autore si sovrastimi un po’ troppo e che invece è la nuda fotografia dell’evolversi scenico: venerdì, lo spettacolo, è durato 1 ora e 40 minuti; ieri sera due ore e mezzo, oggi pomeriggio, chissà.
Ha girato il mondo, Maurizio Battista, da quando la comicità si è accorta di lui, ma il suo mondo è esattamente dove è nato, quel piccolo microcosmo formato dai pochi metri che separano il bancone del bar dalla porta d’ingresso del locale.
«Ho imparato a fare il barista osservando mio padre all’opera – dice poco prima di andare in scena, in un’intervista decisamente anomala e soprattutto improbabile – e ho imparato a fare il comico osservando tutti quelli che entravano nel bar. Certo, ho i miei maestri, che ho anche conosciuto: Alberto Sordi, Aldo Fabrizi e anche divinità ancora vive, come Gigi Proietti, ma io non ho studiato l’arte della scena; ho osservato tutto e tutti, con curiosità e coinvolgimento e lo racconto alla mia gente, che sono il mio pubblico, che sono i miei clienti. Non c’è alcuna differenza tra chi chiede un caffè e chi paga il biglietto per vedermi a teatro: anzi, la differenza sta nel prezzo; con 90 centesimi andate via contenti, qui, per dirvi soddisfatti, avete sborsato 35 euro, mica noccioline!».
Il teatro Verdi di via Ghibellina è pieno. Strano. A Firenze, i romani e soprattutto il romano, non è visto un granché bene. Ma Maurizio Battista è un comico trasversale, giunto al successo in modo genuino, un passa parola costante, nato nel bar di San Giovanni e passato per i teatrini del sottobosco capitolino, fino alle grandi platee nazionali ed internazionali. Il suo segreto, la sua fortuna ed è la cosa che lo lascia intatto da contaminazioni inutili, devianti, è quello di essere rimasto al bar, dietro il bancone, a sorridere ai suoi clienti.
Ha raccontato gli episodi, ormai straconosciuti dal suo numerosissimo pubblico, del carrello della spesa, della tragicità del sabato pomeriggio della visita obbligatoria al Supermercato, dei viaggi, inutili, nelle grandi capitali europee; ha ribadito la sua incrollabile fede giallorossa, che per un romano è un’altra cosa sulla quale si può ridere, ma non scherzare; ha parlato dei suoi due figli, un poliziotto, 32enne e un’impiegata, 26enne, figli di questa generazione che Maurizio Battista stenta a capire, ma che non riesce nemmeno a decifrare, consolandosi, sistematicamente, con la genuinità dei suoi ricordi, la bellezza del suo passato. Due figli che lo seguono con calore, senza risparmiargli critiche feroci, anche se via sms, sul telefonino, ma a distanza: il padre non è un comico che possa inserire i suoi pargoli nel mondo dorato dello spettacolo; il padre gira l’Italia raccontando quello che era e quello che è diventato, senza dimenticare nulla e soprattutto nessuno.
L’effetto divertimento naturale ha suggerito anche ai rodati sistemi televisivi e cinematografici di prenderlo nella dovuta considerazione: presto sarà su Raiuno, come inviato senza autorizzazione nel mondo; anche sul grande schermo, vedremo prestissimo Maurizio Battista all’opera, in una pellicola di grande nostalgia.
La memoria e il passato sono un pezzo insostituibile del materiale scenografico degli spettacoli di Maurizio Battista, ma sono anche e soprattutto un pegno, non sdebitabile: è un orfano da parecchi anni e ai suoi genitori, quando può, racconta come gli sia andata. Anche ieri sera, lo spettacolo, un’irriverente carrellata di stereotipi e luoghi comuni che intasano le nostre comunicazioni, è finito con un piccola poesia che Maurizio ha dedicato a sua madre e a tutte le mamme che non sono riuscite a vedere i propri figli sistemati. Quando l’ha finita di leggere, dopo due ore e mezzo di risate ed applausi a scena aperta, gli si sono inumiditi gli occhi: gli succede tutte le volte che prova a raccontare la sua vita alla madre. Anche quando è a teatro, naturalmente.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Domenica 10 novembre 2013 | 12:15 - © Quarrata/news]

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