PISTOIA. Un nostro lettore, Tommaso Amati, ci aveva inviato una nota
su San Bartolomeo e le sue acque ranose, qui
visibile.
Emiliano Nappini, con un commento del 13
giugno, 2013 – 02:01, scriveva: «Mi
dispiace dover far presente all’autore di questo articolo che San Bartolomeo “in
Pantano” non c’entra niente col riferimento al quale il 90% dei pistoiesi pensa
tutte le volte… Non si chiama così perché lì c’è forte presenza di acqua ma per
ben precisi motivi storici riferiti ad una antica porta presente nella prima
cerchia muraria, ossia, appunto, Porta “Pandana”.
Questo è un errore che i pistoiesi,
poco informati e poco amanti della propria città, sempre commettono».
Amati riprende oggi il punto (e
l’appunto) con le vivaci righe che seguono:
Vede,
caro Nappini, il limite maggiore della gente di oggi è l’ eccessiva
precipitosità, come la sua superficiale e apparentemente pignola affermazione
dimostra.
L’antica
attestazione del toponimo cui lei si riferisce, precisamente “Porta Pandana”,
la porta che immetteva all’itinerario appenninico verso Bononia, rimanda all’etimo -pad
(deformato in -pand nel periodo
tardo imperiale romano e alto-medievale), che connota luoghi e corsi d’acqua
limacciosi e, per l’appunto, impaludati.
Se
pensa, Nappini, alla Padania per
antonomasia, quella del fiume Po (Padus),
anche senza essere un filologo del periodo tardo imperiale troverà
perfettamente ineccepibili le considerazioni di cui sopra.
Se
lei fosse appassionato storia pistoiese, inoltre, potrebbe farsi alfiere di
argomentazioni che iniziassero a spazzare quella vulgata errata per cui
Pistoia deriva da Pistoria e dai
mugnai.
Se
non lo sapesse il nome della nostra città non deriva dalla presenza romana: l’iscrizione
su di un sepolcro di Perugia AULE
THORMENA PISTO GN (natus), un
personaggio etrusco del II secolo a.C., dimostra che la città era abitata da
famiglie autoctone poi romanizzate! Oppure appartiene al 90 per cento che
crede, in maniera errata, che Pistoia sia nata come colonia romana?
In
ogni caso il senso della segnalazione non era di natura glossematica o
filologica: vada dal Carnicelli a vedere il giardino, o si affacci da via dei
Baroni, e capirà il mio riferimento. Non viene mai annaffiato, il giardino, e l’erba
cresce tutto l’anno, addirittura nel punto più basso c’è sempre una pozza
(sembra un pantano a volte!): lì, a meno di un metro, c’è l’acqua che scorre
copiosa anche sotto l’orto di san Bartolomeo.
Questi
sono gli elementi costitutivi e da conoscere di questa città.
Coltivi
comunque la sua perspicacia e affini le sue riflessioni: vedrà che, col tempo,
potrà anche togliersi delle soddisfazioni!
Tommaso Amati
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Venerdì 14 giugno 2013 | 09:31 - © Quarrata/news]
Bene. Prendo dunque atto che sopra un terreno paludoso e limaccioso i pistoiesi decisero in maniera del tutto improvvida di costruirvi una grossa chiesa, quale è San Bartolomeo.
RispondiEliminaBenissimo..
Quegli scellerati di pistoiesi...!
La ringrazio tuttavia per la risposta, della quale mi sono reso conto solamente adesso.
RispondiEliminaLe faccio notare, però, che anche dal sito ufficiale della Parrocchia, si riporta questo:
"La denominazione "in Pantano" fa pensare alla zona paludosa su cui sorse il complesso abbaziale. Tuttavia è maggiormente verosimile che tale denominazione derivi da un’antica porta cittadina, Porta Pandana, che si apriva sulla pianura circostante."
http://www.parrocchiasanbartolomeo.it/la_storia.html
...informazione che peraltro non ho rilevato da lì, ma bensì da altri studi compiuti su altri volumi.
Magari tutti sbagliano, ci mancherebbe. O tutti sono caduti su un banale errore di codifica dal volgare al linguaggio moderno. Fatto sta che non c'è grandissima chiarezza in merito, caro Sig.Amati.
Quanto all'etimologia di "Pistoia", anche lì, lei sa benissimo che non c'è chiarezza né esatta definizione. E appare un po' difficile dover ascrivere tale toponomastica ad una iscrizione etrusca ritrovata a Perugia...doverla definire forzata è dir poco!
Fatto sta che i ritrovamenti, questi fatti sul nostro territorio e non certo a così tanti km. di distanza, dimostrano oramai da tempo ed in maniera inequivocabile che un piccolo stanziamento nel nostro territorio vi fosse già in epoca preromana (etruschi o liguri che fossero tali piccoli nuclei stanziali).
Sperando di incontrarla, perché no, anche di persona nella nostra città, per poter con lei scambiare qualche parola in merito alla nostra storia locale, la saluto con cordialità e, le assicuro, senza alcun rancore o remora.
Emiliano Nappini
Riprendo solamente adesso ora questa discussione dopo diverso tempo solo per precisare che "Porta Pandana" era nient'altro una delle porte del Colle Campidoglio che aveva una funzione particolare e ben precisa rispetto alle altre: quella di dover rimanere "sempre aperta" ("quod semper pateret" - Prof. Marcattili - docente di Archeologia all'Università di Perugia).
RispondiEliminaNon capisco onestamente, quindi, dove possa aver rilevato quanto esposto sopra il Sig. Amati, ossia:
"L’antica attestazione del toponimo cui lei si riferisce, precisamente “Porta Pandana”, la porta che immetteva all’itinerario appenninico verso Bononia, rimanda all’etimo -pad (deformato in -pand nel periodo tardo imperiale romano e alto-medievale), che connota luoghi e corsi d’acqua limacciosi e, per l’appunto, impaludati.
Se pensa, Nappini, alla Padania per antonomasia, quella del fiume Po (Padus), anche senza essere un filologo del periodo tardo imperiale troverà perfettamente ineccepibili le considerazioni di cui sopra."
ma essendo io fortemente interessato all'argomento, sarò grato allo stesso Amati se vorrà indicarmi un buon testo scientifico in maniera archeologica che possa evidenziare quanto da lui sopra esplicato.
Grazie.
(corr.) materia* archeologica.
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