venerdì 21 giugno 2013

LA NOSTRA CIVILTÀ DELLA VIOLENZA INGIUSTA: CHI DEVE ANDARE E CHI PUÒ INVECE RESTARE…


di LUIGI SCARDIGLI

ORA CHE anche il popolo brasiliano ha definitivamente ripudiato il calcio come sonnifero, il primato mondiale del torpore è tutto nostro: siamo gli ultimi.
Sì, perché nel bel mezzo della Confederation Cup e alla viglia dei Mondiali di calcio 2014, il popolo dei penta campeon du mundo si è definitivamente rotto di sapere che il loro Paese sa esportare soltanto calciatori, carnevale e donne dai lati B vertiginosi e che tutti quelli che non giocano a pallone, che non sfilano sui carri allegorici e le donne non statuarie, sono, ahiloro, costretti a vivere nella miseria e nella disperazione.
A Rio de Janeiro e dintorni, infatti, il popolo brasiliano è sceso nelle vie.

Al suo fianco i gendarmi, in tenuta anti sommossa, certo, ma che hanno capito che in piazza, stavolta, non c’erano gli ultrà, i vandali, i ninos de rua, ma un popolo intero che rivendica e reclama la propria dignità e che al posto dei verde-oro che incantano il mondo con le finte di Neymar e Fred, vorrebbero non veder aumentare il prezzo del biglietto dei trasporti, ad esempio.
Da noi invece, la protesta, è contro Cavani, el matador, il goleador che dopo aver esaltato la folla del San Paolo, ha fatto sapere di preferire di giocare nel Real Madrid anziché a Napoli, dalla prossima stagione e per questo, nelle vie della città, sono apparsi, puntuali e minacciosi, gli striscioni Cavani vattene.
I camorristi, invece, possono restare.

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[Venerdì 21 giugno 2013 | 8:07 - © Quarrata/news]

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